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Venerdì, 26 Aprile 2024
La missione anti-trafficanti

Lo strano caso di Sophia, l'operazione Ue bloccata da Salvini e che Meloni vuole rilanciare

La premier chiede di riattivare la missione contro i trafficanti di esseri umani. Che fu affossata dalla Lega perché accusata di portare i migranti in Italia

Parlare di "blocco navale" andava bene in campagna elettorale, ma come spiegato da autorevoli esponenti di Fratelli d'Italia, si trattava di una "scorciatoia semantica", una semplificazione per dire 'altro'. Questo 'altro' lo ha ribadito oggi la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, nel suo discorso per la fiducia alla Camera: "E' nostra intenzione recuperare la proposta originaria della missione navale Sophia dell'Unione europea che nella terza fase prevista, e mai attuata, prevedeva proprio il blocco delle partenze dei barconi dal nord Africa. Intendiamo proporlo in sede europea e attuarlo in accordo con le autorità del Nord Africa, accompagnato dalla creazione sui territori africani di hotspot, gestiti da organizzazioni internazionali, dove poter vagliare le richieste di asilo e distinguere chi ha diritto ad essere accolto in Europa da chi quel diritto non ce l'ha".

Le divergenze tra Meloni e Salvini

In altre parole, Meloni vuole tornare alla missione Sophia, l'operazione targata Ue che prevedeva il controllo dei flussi migratori da parte di navi militari tra Nord Africa ed Europa e che è stata sospesa di fatto nel 2018, per poi essere definitivamente soppressa e sostituita da una nuova missione, Irini, limitata al solo controllo dell'embargo di armi alla Libia. Lo stop a Sophia era stato voluto dall'allora ministro degli Interni, Matteo Salvini. Il leader leghista aveva rivendicato la soppressione della missione come una vittoria politica, dato che Sophia era stata accusata di favorire gli sbarchi di migranti in Italia, anziché contrastarli. Meloni, al contrario, si è detta sempre favorevole, sostenendo che il mandato dell'operazione prevedeva una terza fase, mai attuata, che assomiglia da vicino al suo sogno di un blocco navale.

Il pull factor

A quanto pare, dopo le divergenze durate fino al 2020, oggi la premier ha convinto Salvini di essere stato in errore. Ma smentisce anche buona parte della retorica della destra italiana, che per anni ha visto in Sophia una sorta di complotto dei poteri forti per alimentare l'invasione di migranti in Italia, equiparando le navi militari a quelle delle ong, accusate entrambe di 'pull factor', ossia di costituire un fattore di attrazione per i trafficanti di esseri umani. Il concetto era semplice: se i clandestini sanno che c'è una nave pronta a salvarli e portarli in Italia, allora partiranno in massa. Un concetto derivato da un passaggio di un report di Frontex, l'agenzia Ue di guardia costiera, che si limitava a ipotizzare il pull factor, senza però affermarlo con certezza. Negli anni, diverse ricerche hanno dimostrato la mancanza di prove di questa teoria, mentre Frontex si trova al centro di furiose polemiche per aver chiuso un occhio sui respingimenti illegali di migranti e per una gestione quantomeno ballerina dei suoi bilanci e dei fondi pubblici.

Anche Meloni, evidentemente, pensa che il 'pull factor', almeno quello derivante dalla presenza di navi militari dei Paesi Ue nel Mediterraneo, non esista, o non sia così rilevante. Del resto, senza le navi militari dell'Ue in mare per le attività di ricerca e soccorso, non è che le cose siano migliorate sotto il profilo dei flussi illegali di migranti dal Nord Africa. Dopo la pandemia, gli sbarchi continuano ad aumentare: tra gennaio e settembre di quest'anno, lungo la rotta del Mediterraneo centrale (Libia e Tunisia) sono arrivate in Europa 65.572 persone, con un aumento del 42% rispetto al 2021. La riattivazione di Sophia potrà invertire la tendenza? 

Cosa prevede Sophia

Per capirlo, bisogna fare un passo indietro. L'operazione, con base in Italia e con un comandante italiano fin dall'inizio, era nata nel 2015 a fronte della grave crisi migratoria che stava affrontando, quasi da solo, il nostro Paese. La missione, come ricorda l'Ispi, "non è nata con il mandato specifico di soccorrere i migranti in mare, ma di contrastare il contrabbando e la tratta". Le attività previste per Sophia erano divise in tre fasi operative fondamentali, come scrive Open.online: "la prima puntava a organizzare le forze e raccogliere informazioni sui trafficanti". La seconda "prevedeva i veri e propri 'sequestri e dirottamenti di imbarcazioni sospettate di essere usate per la tratta di esseri umani', intervenendo anche in acque libiche dopo aver ricevuto il via libero sia da parte delle autorità libiche che dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite". La terza fase voleva "neutralizzare le imbarcazioni e le strutture logistiche" sfruttate dai trafficanti, sia in mare che in terra. e la quarta prevedeva il ritiro delle forze e la conclusione delle attività. Nel corso degli anni, a questi obiettivi fondamentali ne sono stati affiancati altri, come l’addestramento della guardia costiera libica.

I numeri dell'operazione

Ora, il contrasto ai trafficanti, diviso soprattutto nelle fasi 2 e 3, qualche risultato lo ha portato: negli anni, l'operazione Sophia ha permesso di arrestare 143 persone e di disabilitare oltre 550 imbarcazioni, che in pratica sono state rese inutilizzabili per i trafficanti. Inoltre, il Consiglio Ue sottolinea come un successo l'addestramento di 477 guardie libiche. Di contro, come ricorda ancora l'Ispi, la fase 1, quella di pattugliamento, si scontra con il diritto internazionale (e umanitario), che "impone che le persone a bordo di barche in pericolo siano sempre soccorse e portate in un luogo sicuro". Con Sophia, sono state soccorse 44.916 persone. Uno dei primi salvataggi ha dato il nome all'operazione: una fregata tedesca soccorse, tra gli altri, una donna incinta, che riuscì a partorire proprio su quell'imbarcazione: la bambina si chiamava Sophia.

Il nodo da risolvere

Ora, durante l'operazione Sophia gli sbarchi di migranti sulle coste italiane sono stati circa 360mila. E tra il 2015 e il 2018 sono passati da 153mila a 23mila. Considerato che le navi militari della missione Ue ne hanno soccorso poco meno di 45mila, è evidente che le critiche a Sophia sono state forse eccessive. Semmai, il problema, grande, è un altro: se riparte la missione, dove verranno fatti sbarcare gli eventuali migranti soccorsi? La Libia può essere considerato un porto sicuro?

È il nodo che, evidentemente, vuole risolvere Meloni. Va detto che su questo nell'Unione europea troverà le porte aperte, se non apertissime. Da anni, l'Europa, con gli accordi con la guardia costiera libica, ha di fatto autorizzato tali forze a intercettare e riportare nelle famigerate carceri di Tripoli le persone che intendono partire alla volta del Vecchio Continente. Non è un "blocco navale" vero e proprio, ma si avvicina all'idea di Meloni. C'è poi l'altro aspetto: "la creazione sui territori africani di hotspot, gestiti da organizzazioni internazionali, dove poter vagliare le richieste di asilo e distinguere chi ha diritto ad essere accolto in Europa da chi quel diritto non ce l'ha". 

Non ce ne voglia la neo premier, ma l'idea non è nuova. È quanto ha proposto la Commissione europea per esempio nel 2020 con il "Nuovo patto sulla migrazione e l'asilo", che prevede di "sviluppare partenariati operativi per la lotta contro il traffico di migranti". Sono passati due anni esatti da allora, ma di questi partenariati non vi è traccia. Il Parlamento europeo ha proposto persino di sospendere gli aiuti allo sviluppo a chi non collabora, ma niente.

Il fallimento degli accordi con i Paesi terzi

Nell'attesa di novità da Bruxelles, alcuni governi hanno deciso di fare da soli: la Danimarca, per esempio, ha cercato accordi con il Ruanda per rimandare lì i migranti giunti illegalmente a Copenaghen, ma come per il Regno Unito, l'operazione finora è stata un flop. Ci ha provato anche l'Olanda, stipulando accordi con i Paesi d'origine dei richiedenti asilo: L'Aja ha tenuto a precisare di aver fatto accordi solo con Stati considerati "sicuri", ma nonostante questo i rimpatri hanno dato scarsi risultati, come riporta Nos. Senza contare l'effetto "ricatto" che potrebbe innescare questo tipo di accordi: si pensi al patto con la Turchia, che riceve soldi dall'Ue per accogliere i richiedenti asilo siriani, e che, quando ha bisogno di regolare qualche conto con Bruxelles, riapre le porte dei flussi verso la Grecia. 

Il nuovo Patto Ue che non conviene all'Italia

La "terza fase" di Sophia rischia di scontrarsi con questi problemi, tanto più se l'obiettivo degli accordi è la Libia. La Germania ha annunciato da poco il ritiro dall'operazione Irini, quella che ha sostituito Sophia, per via di quello che Berlino definisce un comportamento "inaccettabile" della guardia costiera libica nei confronti dei migranti. Di contro, riattivando l'operazione, Meloni darebbe alle ong umanitarie impegnate nel Mediterraneo un inatteso supporto alle loro richieste: in estate, infatti, Medici senza frontiere, Sos Méditerranée e Sea-Watch hanno lanciato un appello ai governi affinché rimettano in servizio le loro navi per le operazioni di ricerca e soccorso. Come accadeva, per l'appunto, ai tempi di Sophia.

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