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Venerdì, 26 Aprile 2024
Il dietrofront / Polonia

La zona 'Lgbt free' ora è 'anti-discriminazioni'. Grazie alle pressioni (economiche) dell'Ue

Le città polacche che avevano adottato risoluzioni contro la cosiddetta "ideologia gender" hanno fatto dietrofront quando Bruxelles ha minacciato il taglio dei fondi. E c'è chi si è spinto oltre

Con le buone maniere si ottiene tutto, recita un famoso adagio. Ma a volte con le cattive si ottiene di più e più in fretta. È il caso delle cosiddette zone 'Lgbt free' polacche che adesso sono sparite e alcune, grazie alle pressioni e alle minacce dell'Unione europea, sono addirittura diventate 'zone anti discriminazione'. Un bel cambiamento radicale.

La vicenda delle zone "Lgbt free" è iniziata nel 2019, quando cinque province polacche si erano dichiarate inospitali nei confronti degli omosessuali e contrarie alla “ideologia gender” e alla sua diffusione nella società. In tutto poi, erano state circa 100 autorità della nazione, dalle grandi province alle piccole contee e Comuni, ad aver adottato risoluzioni contro gli omosessuali. La maggior parte dichiarava opposizione alla "ideologia Lgbt", altre istituivano i cosiddetti "statuti di famiglia" che rifiutano il matrimonio tra persone dello stesso sesso allo scopo di proteggere "i bambini dalla corruzione morale".

La cosa scatenò una forte polemica internazionale e la protesta della Commissione europea che denunciava il gesto discriminatorio. Dopo diversi mesi di pressioni Bruxelles passò dalle parole ai fatti e minacciò di sospendere tutti i fondi Ue destinati a quelle città, cosa che aveva fatto anche la Norvegia. La cosa bastò per riportare gran parte di quei Comuni a più miti consigli, e così le dichiarazioni furono ritirate, processo che fu poi completato quando anche la più alta Corte amministrativa della nazione ha stabilito lo scorso anno che i luoghi cosiddetti "liberi dalla 'ideologia gender' ledono la dignità e la vita privata delle persone omosessuali".

Ma c'è chi è andato anche oltre. Come riporta Notes from Poland, la città di Świdnik, centro di 40mila abitanti nell'est della Polonia, aveva adottato nel marzo 2019 una risoluzione in cui si impegnava a "fermare l'ideologia Lgbt" e a combattere "l'omopropaganda". Il testo era stato approvato grazie ai voti dei consiglieri del partito al governo nella nazione, l'estrema destra di Diritto e Giustizia (PiS). Di conseguenza, nel 2021 il Comune ha perso 40 milioni di zloty (circa 8 milioni di euro) di fondi dalla Norvegia, dopo che il governo di Oslo aveva dichiarato che non avrebbe permesso di concedere sovvenzioni a luoghi in Polonia che avevano approvato risoluzioni discriminatorie. A quel punto il consiglio comunale modificò la risoluzione per eliminare la menzione esplicita di "ideologia Lgbt". Ma visto che i fondi Ue per la città erano ancora a rischio, alla fine di dicembre 2022 il consiglio ha approvato all'unanimità una nuova dichiarazione "sulla protezione dei diritti e delle libertà fondamentali".

Il documento dichiara che "la dignità di ogni essere umano è un valore inalienabile soggetto a speciale protezione". Esprime "l'opposizione a tutte le forme di discriminazione basate sul sesso, la razza, l'origine etnica, la nazionalità, la religione, la confessione, il credo, la disabilità, l'età o l'orientamento sessuale". "Pecunia non olet, il denaro non puzza, come dicevano gli antichi romani", ha commentato Mariusz Wilk, capo del blocco di opposizione in Consiglio, citato da Onet. "Senza i fondi europei, il bilancio di Świdnik sarà a rischio. A mio parere, questa è l'unica ragione per cui questo cambiamento ha prevalso".

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