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Venerdì, 29 Marzo 2024
Diritti umani / Polonia

I tribunali polacchi mettono al bando le "zone Lgbt-free"

La più alta Corte amministrativa ha stabilito che i luoghi cosiddetti "liberi dalla ’ideologia gender’ ledono la dignità e la vita privata delle persone omosessuali"

Le cosiddette "zone Lgbt-free" della Polonia dovranno essere abolite. Lo ha stabilito la più alta Corte amministrativa della nazione, secondo queste zone “ledono la dignità e la vita privata delle persone omosessuali”. I diritti di queste minoranze sono diventati negli ultimi anni un campo di battaglia nel Paese con decine di Comuni che avevano deciso di definirsi luoghi “liberi dall'ideologia gender”. In queste zone, alle persone Lgbt+ era vietato baciarsi o tenersi per mano negli spazi pubblici, e nelle scuole vigeva il divieto di parlare di omosessualità e di altre minoranze sessuali. “Indipendentemente dalle intenzioni dei consiglieri, l'effetto sociale della risoluzione è una violazione della dignità, dell'onore e del buon nome, nonché della vita privata di un determinato gruppo di residenti”, ha affermato il giudice Malgorzata Masternak-Kubiak.

La vicenda delle zone "lgbt free" è iniziata nel 2019, quando cinque province polacche si erano dichiarate inospitali nei confronti degli omosessuali e contrarie alla “ideologia gender” e alla sua diffusione nella società. In tutto poi, come riporta Notes from Poland, erano state circa 100 autorità della nazione, dalle grandi province alle piccole contee e Comuni, ad aver adottato risoluzioni contro gli omosessuali. La maggior parte dichiarava opposizione all'"ideologia Lgbt", altre istituivano i cosiddetti "statuti di famiglia" che rifiutano il matrimonio tra persone dello stesso sesso e “proteggono i bambini dalla corruzione morale".

La mossa aveva portato la Polonia in rotta di collisione con l'Unione europea, che lo scorso luglio aveva avviato una procedura di infrazione nei confronti di Varsavia e dell'Ungheria, entrambi accusati di violazione dei diritti fondamentali delle persone Lgbt+. A settembre Bruxelles aveva deciso di congelare alcuni fondi comunitari alle province “lgbt free” dichiarando che i soldi sarebbero stati bloccati fino a quando le amministrazioni non avrebbero fatto un passo indietro. I fondi in questione erano parte di React-Eu (Recovery Assistance for Cohesion and the Territories of Europe), un pacchetto di fondi di coesione aggiuntivi nell'ambito del quale alla Polonia sono stati stanziati complessivamente oltre 1,5 miliardi di euro. In seguito alle minacce dell’esecutivo comunitario, il Consiglio di Swietokrzyskie, provincia di 1,2 milioni di abitanti nel sud est del Paese, che si era dichiarata ostile agli omosessuali aveva deciso di ritrattare le sue posizioni.

Gli altri Comuni però avevano deciso di non cambiare idea.  L'allora commissario per i Diritti umani della Polonia, Adam Bodnar , aveva impugnato una serie di risoluzioni in tribunale, sostenendo che queste violassero i diritti delle persone Lgbt+. Una serie di sentenze di primo grado avevano accolto le sue argomentazioni e annullato le risoluzioni. Quattro comuni avevano deciso di impugnare a loro volta le sentenze davanti alla Corte Suprema Amministrativa, tribunale di ultima istanza. Gli appelli sono stati respinti: le "zone libere da Lgbt" devono essere abolite nei comuni incriminati, non è più possibile rinnovare il ricorso.

La questione delle "zone libere dall’ideologia gender" presentava un grande pericolo in termini di finanziamenti europei per la nazione. Proprio la scorsa settimana, l’esecutivo europeo ha incluso una clausola nel suo accordo di partenariato con la Polonia che renderebbe impossibile alle comunità “Lgbt-free" di ricevere fondi fino al 2027.

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