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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Linea dura di Bruxelles contro le zone 'Lgbt free' in Polonia: "Stop ai fondi Ue"

Cinque province del Paese si sono dichiarate "libere dall'ideologia gender", ora rischiano di perdere milioni di euro del pacchetto di sostegno per la crisi del coronavirus

La Commissione europea ha deciso di usare la linea dura contro le città della Polonia che si sono definite “Lgbt free”. Bruxelles ha deciso di congelare i fondi comunitari che spetterebbero ale istituzioni locali fino a quando non faranno un passo indietro e rinunceranno a definirsi luoghi “liberi dall'ideologia gender”.

Discriminazioni

La situazione per la comunità Lgbt+ in Polonia non è tra le più semplici purtroppo, e le cose stanno peggiorando ancora dopo la rielezione del presidente Andrzej Duda, che in campagna elettorale aveva firmato una “carta della famiglia” nella quale si impegnava a opporsi a matrimoni tra persone dello stesso sesso e per loro anche alle adozioni. Ma oltre a questo la carta si spingeva oltre arrivando a promettere un divieto di “propagazione dell’ideologia gender nei luoghi pubblici” affermando che questa debba essere considerata come “l’ideologia del diavolo”. Provvedimenti simili sono in vigore in Russia e in Ungheria dove appunto è vietata quella che viene considerata “propaganda” gay, con il divieto di parlare ai minorenni di temi legati all’amore omosessuale. Nel mese di maggio la Polonia è stata classificata dal “Rainbow Europe” ranking come il peggior Paese in Europa in cui vivere per le persone lgbt+. Come riporta il giornale indipendente Notes from Poland, secondo un sondaggio Ipsos gli uomini del Paese sotto i 40 anni considerano il movimento lgbt+ e la “ideologia di genere” come la più grande minaccia per la nazione.

Zon "Lgbt free"

La vicenda delle zone “lgbt free” è iniziata nel 2019, quando cinque province polacche si sono dichiarate inospitali nei confronti della comunità e contrarie alla “ideologia gender”. Nel mese di luglio la Commissione europea ha avviato una procedura di infrazione nei confronti non solo della Polonia ma anche dell'Ungheria, accusate di violazione dei diritti fondamentali delle persone lgbt+. Questa settimana invece, le città polacche hanno anche ricevuto una lettera dalla Commissione nella quale si comunica che i loro fondi comunitari verranno congelati e che rischiano dunque di perdere milioni di euro. Nella sua lettera Bruxelles afferma che dichiarare un luogo inospitale per le persone Lgbt+ “è contrario all’articolo 2 del trattato dell’Ue” che afferma che l’Unione è fondata “sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell'uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze”.

I fondi a rischio

I fondi che saranno congelati sono quelli stanziati per aiutare i Paesi a superare la crisi dovuta alla pandemia di coronavirus, nello specifico i fondi fanno parte di REACT-EU (Recovery Assistance for Cohesion and the Territories of Europe), un pacchetto di fondi di coesione aggiuntivi nell'ambito del quale alla Polonia sono stati stanziati complessivamente oltre 1,5 miliardi di euro. Malgrado le ingenti perdite economiche che le province polacche rischiano di subire, alcune di loro rimangono però ferme sulle loro posizioni. È il caso di Lubelskie e Małopolska, pronte a perdere milioni di euro di fondi europei pur di rimanere ferme sulla questione. Per quanto riguarda le altre province, tra cui quella di Varsavia, i governi locali riflettono ancora alle decisioni da prendere. Nel Paese si stanno moltiplicando negli ultimi anni i gruppi che tentano di frenare le politiche conservatrici e omofobiche, tra i tanti il “movimento delle nonne”, movimento fondato da donne che combatterono contro il regime comunista e che ora scendono di nuovo in piazza a rivendicare le libertà di vivere la propria sessualità in maniera aperta.

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