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Sabato, 27 Aprile 2024
L'accordo / Albania

Meloni sui migranti non è sola: dall'Austria alla Germania chi vuole esternalizzare le frontiere

Il modello è quello del Regno Unito, anche se il piano di Londra non è mai partito. Il rischio è di violare le leggi internazionali

A inizio ottobre, nel corso del suo viaggio a Londra, Giorgia Meloni spese parole d'elogio per le misure anti-immigrazione del premier britannico Rishi Sunak, tra cui il controverso accordo con il Ruanda per l'esternalizzazione delle procedure d'asilo. Il protocollo tra il Regno Unito e il Paese africano non è mai partito, poiché bloccato dal ricorso di alcuni migranti. Ma un mese dopo l'incontro con Sunak, la premier italiana ha deciso comunque di siglare un patto simile con l'Albania. Per la segretaria del Pd Elly Schlein, l'intesa con Tirana potrebbe violare le leggi internazionali in materia. Ma Meloni non è l'unica leader dell'Unione europea a voler seguire il "modello inglese". A dirla tutta, è in buona compagnia: dall'Austria (governata da centrodestra e verdi) ai capi di governi di centrosinistra come la Danimarca e, soprattutto, la Germania.

A sposare per prima la linea di Londra è stata Copenaghen: nell'aprile scorso, la premier socialdemocratica Mette Frederiksen annunciò di stare lavorando a un accordo con il Ruanda. Il modello era in tutto e per tutto quello britannico: soldi danesi al Paese africano che in cambio si sarebbe fatto carico dei richiedenti asilo spediti da Copenaghen. Il pugno duro di Frederiksen pagò a livello di consensi: qualche mese dopo, nell'ottobre 2022, il suo partito vinse le elezioni e lei fu riconfermata a capo del governo. È passato un anno dal voto, ma dell'accordo con il Ruanda non vi è stata più traccia.

Più di recente, è stata l'Austria a rispolverare il sogno di esternalizzare le sue frontiere. Il termine "esternalizzare" si riferisce al fatto che un Paese decide di appaltare a un Paese terzo la detenzione di una parte dei suoi migranti illegali e lo svolgimento delle procedure d'asilo. Cosa succede dopo il via libera o meno all'asilo, ossia dove finiscono i rifugiati riconosciuti come tali e quelli che invece tale diritto non lo hanno ottenuto, è questione poco chiara. Il Regno Unito sostiene che possono restare in Ruanda in entrambi i casi. Secondo la Corte d'appello britannica, che ha sospeso la misura su ricorso di alcuni richiedenti asilo, l'accordo viola la Convenzione europea sui diritti dell'uomo, poiché i richiedenti asilo inviati in Ruanda potrebbero essere costretti a tornare nel Paese da cui erano originariamente fuggiti, venendo esposti al rischio di tortura. Un altro problema con l'esternalizzazione delle frontiere è la violazione della Convenzione di Ginevra sui rifugiati.

L'Austria ha assicurato che il suo piano non creerebbe lo stesso vulnus giuridico, ma non ha specificato come. Anche in Germania, pezzi del governo vogliono fare lo stesso. I liberaldemocratici, terza gamba di una maggioranza composta anche da socialdemocratici e verdi, sostengono che l'esternalizzazione delle frontiere fa parte dell'accordo di governo e chiedono che adesso vi sia dato seguito. Il cancelliere Olaf Scholz ha fatto sapere di non essere contrario all'idea. 

Meloni, dunque, non è sola nell'Ue. Ma l'Ue, intesa come Commissione europea, che ne pensa? "I processi esterni di gestione delle domande di asilo generano interrogativi fondamentali sia sull’accesso alla procedura d’asilo che sull’effettivo accesso alla protezione in linea con gli standard del diritto internazionale", aveva fatto sapere la portavoce della Commissione Anitta Hipper in merito al piano (mai attuato) della Danimarca con il Ruanda. Una posizione ribadita in questi giorni. Sul caso specifico del patto con l'Albania, Bruxelles ha fatto sapere di essere stata informata dall'Italia prima della firma, e che adesso attende i dettagli per potersi pronunciare.

"Siamo in contatto con le autorità italiane, dobbiamo vedere i dettagli e abbiamo chiesto all'Italia informazioni più dettagliate", ha detto Hipper. "In termini di legge sull'asilo dell'Ue, le richieste vanno fatte sui territori degli Stati membri, che siano al confine o in acque territoriali. C'è un ulteriore elemento che dice anche che agli Stati membri non è preclusa anche l'adozione di misure, a norma del diritto nazionale, per consentire che vengano presentate domande di asilo in Paesi terzi. Tuttavia questo dev'essere fatto senza alcun pregiudizio per la richiesta d'asilo in Ue", ha aggiunto. In sostanza, se le richieste sono fatte in Albania, la responsabilità sull'asilo e su eventuali rimpatri ricade sempre sull'Italia. La Commissione ha anche sottolineato che il piano italiano sembra diverso da quello del Regno Unito con il Ruanda. In cosa di preciso differiscono, Bruxelles non l'ha chiarito, ma il riferimento potrebbe essere alla violazione delle leggi internazionali di cui è accusato il modello britannico. 

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