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Sabato, 27 Aprile 2024
Il caso / Ucraina

Perché sull'Ucraina Meloni ha rivelato il segreto di Pulcinella

A colloquio telefonico con un finto politico, la premier ha parlato di "stanchezza" degli alleati nel sostegno a Kiev contro Mosca. Ma a Bruxelles non è la sola a pensarlo

Ha fatto li giro del mondo lo scherzo telefonico di un duo comico russo a Giorgia Meloni. Convinta di parlare con un alto funzionario dell'Unione africana, la premier ha parlato dell'Ucraina, sostenendo che in Europa c'è "molta stanchezza" e che "siamo vicini al momento in cui tutti capiranno che abbiamo bisogno di una via d’uscita" dal conflitto. Dichiarazioni che, al netto dello scherzo o di potenziali interessi pro-Russia del duo comico, non aggiungono molto a quello che già a Bruxelles si dice da tempo. Anche fuori dalle chiuse stanze diplomatiche.

La controffensiva

Le ragioni della "stanchezza" sono almeno tre: la controffensiva, il conflitto in Medio Oriente, e le conseguenze economiche della guerra in Ucraina. Come ha detto la stessa Meloni nella conversazione telefonica con il presunto politico africano, la controffensiva di Kiev "non sta forse andando come ci si aspettava". Buona parte degli esperti concorda sul fatto che a 5 mesi dal lancio dell'operazione, l'Ucraina non ha raggiunto i risultati sperati, e davanti ci sono ancora poche settimane prima che l'inverno blocchi i combattimenti. Se l'obiettivo era di tagliare in due il sistema difensivo di Mosca nel sud-est del Paese per rompere il ponte terrestre che collega la Russia alla Crimea, attraverso il quale passano i rifornimenti di uomini e mezzi russi, allora la strada è ancora lunga: secondo quanto riporta il quotidiano francese Le Monde, in centocinquanta giorni, Kiev avrebbe riconquistato circa 400 chilometri quadrati di territorio, mentre "i russi occupano ancora poco più del 17% dell’Ucraina, ovvero più di 100mila chilometri quadrati".

Se l'obiettivo era invece depotenziare l'esercito russo tanto nel numero di soldati, quanto nell'arsenale, sembra che, nonostante le notevoli perdite umane e gli elevati sforzi economici, la 'resilienza' di Mosca sia ancora sufficiente per resistere agli assalti di Kiev nei territori occupati. Si prenda per esempio le munizioni: alcune stime prevedono che gli stabilimenti russi consegneranno 2 milioni di proiettili all'esercito stanziato in Ucraina l'anno prossimo, senza contare i rifornimenti che arrivano da Corea del Nord e altri alleati. L'Ue aveva promesso a Kiev la consegna di 1 milione di proiettili entro il marzo 2024, ma a oggi ne sono arrivati appena 300mila: non che manchino i soldi, il problema (pare) è la lentezza produttiva dell'industria bellica europea.

Follow the money

A proposito di soldi, invece, una grave carenza di fondi sembra prospettarsi all'orizzonte: il presidente degli Stati Uniti Joe Biden non è riuscito ancora a vincere le resistenze del Congresso per l'invio di nuovi aiuti all'Ucraina. Lo scoppio del conflitto tra Israele e Hamas, con il corollario di una potenziale destabilizzazione dell'intera regione, potrebbe indebolire ancora di più la posizione di chi negli Usa non vuole ridurre il sostegno a Kiev. L'ultima proposta del capo della Casa bianca è di stanziare 106 miliardi di dollari per entrambi i fronti, quello ucraino e quello mediorientale. Secondo alcuni analisti finanziari, la proposta potrebbe avere il via libera del Congresso, ma la quota destinata a Kiev potrebbe essere inferiore (e non di poco) ai 60 miliardi di dollari promessi prima dell'attacco di Hamas.  

Anche dall'Ue non arrivano buoni segnali: Ungheria e Slovacchia stanno cercando di bloccare la richiesta della Commissione europea di aumentare il proprio bilancio di 50 miliardi di euro da qui al 2027 per sostenere l'Ucraina. Che il premier ungherese Viktor Orban e il neo leader di Bratislava Robert Fico fossero nemici giurati del sostegno Ue a Kiev non è certo una novità. Il problema è che anche Paesi filo-ucraini (ma frugali quando si tratta di soldi dei contribuenti pubblici) hanno sollevato più di una perplessità sulla richiesta di Bruxelles.

Frenata sull'adesione

Discorso simile per le prospettive di adesione all'Ue dell'Ucraina: l'eventuale ingresso creerebbe una sorta di tsunami negli equilibri di bilancio europei, con Kiev che si accaparrerebbe buona parte dei fondi comunitari dell'agricoltura, per esempio. Si è già visto negli scorsi mesi che quando si tratta di tutelare i propri agricoltori, Paesi come la Polonia, considerato il più fedele alleato di Kiev nell'Ue, sono pronti a venir meno al loro sostegno. E non è un caso che rispetto a qualche mese fa, a Bruxelles, il fronte di chi vuole mettere un freno alla corsa dell'Ucraina verso il blocco è sempre più ampio.   

Cosa cambia per l'Europa con l'ingresso dell'Ucraina

Ecco perché la "stanchezza" verso la guerra tra Kiev e Mosca di cui ha parlato Meloni con il finto politico africano è come il segreto di Pulcinella. "Tutti capiscono che il conflitto potrebbe continuare per molti anni se non cerchiamo di trovare una via d’uscita. Il problema è quale sia la soluzione accettabile per entrambi senza aprire nuovi conflitti", ha detto la premier. Parole che avrebbero potuto dire, se non tutti, di sicuro una buona parte dei leader degli altri 26 Stati Ue.  

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