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Sabato, 27 Aprile 2024
Lo stallo

Dopo il petrolio, ora Orban difende il patriarca Kirill. E blocca di nuovo le sanzioni Ue

Nuovo veto di Budapest al sesto pacchetto di misure punitive contro la Russia. Che rischia di mandare all'aria l'embargo

Non gli basta aver ottenuto l'esenzione dell'Ungheria dall'embargo al petrolio russo: adesso il premier Viktor Orban rilancia e chiede di togliere il capo della Chiesa ortodossa russa, il patriarca Kirill, dalla lista delle personalità sanzionate dall'Ue. Bloccando di fatto nuovamente il sesto pacchetto di sanzioni. 

Il nuovo veto

Il nuovo veto ungherese è emerso all'indomani del vertice tra i leader dei 27, che a fatica avevano raggiunto un compromesso sullo stop alle importazioni di greggio dalla Russia, escludendo quelle che arrivano con l'oleodotto Druzhba, unica fonte di rifornimento diretto di greggio per Budapest. L'esenzione, salutata giustamente come un successo politico da Orban, sembrava aver posto fine a settimane di trattative estenuanti a Bruxelles sul sesto pacchetto di sanzioni proposto dalla Commissione europea a inizio maggio.

Ma prima di diventare legge, il testo deve essere limato nei dettagli tecnici dagli ambasciatori degli Stati membri. Ed è qui che è arrivato il colpo di scena: l'ambasciatore ungherese si è opposto alla proposta di sanzionare il capo della Chiesa ortodossa russa, alleato di lunga data di Putin, che con i suoi sermoni ha appoggiato l'invasione in Ucraina equiparandola a una sorta di "guerra santa". Con la nuova opposizione di Bruxelles, il rischio è di bloccare l'intero pacchetto di sanzioni, e dunque anche l'embargo sul petrolio. Una conseguenza, questa, che sembra essere la vera ragione della mossa inattesa di Orban.  

Il ruolo di Kirill

Da quando è scoppiato il conflitto, il capo della Chiesa ortodossa russa, che conta circa 110 milioni di seguaci in tutto il mondo, soprattutto in Russia, e da cui dipende anche la Chiesa di Kiev, ha aumentato i suoi sermoni a sostegno dell'offensiva del Cremlino in Ucraina: in uno di questi ha benedetto la guerra, citando il gay pride (che da alcuni anni viene celebrato senza scontri e con l’appoggio delle istituzioni a Kiev) come una valida ragione per l'invasione russa. E anche la Pasqua ortodossa, che in molti speravano potesse essere un'occasione per avvicinare almeno fedeli russi e ucraini, è stata l'occasione per Kirill di rilanciare l'immagine di Putin.

Del resto, il sostegno di Kirill al presidente russo è stato incrollabile fin da quando è salito alla carica più sacra del Paese nel 2009. Nel 2012 Kirill ha descritto l'avvento del leader del Cremlino come un "miracolo di Dio" che ha posto fine alle turbolenze economiche degli anni '90 in seguito alla disintegrazione dell'Unione sovietica. "Tu, Vladimir Vladimirovich, hai svolto personalmente un ruolo enorme nel correggere questo indirizzo storto della nostra Storia", ha detto usando il patronimico del presidente.

Il legame con Putin

Qualcuno sostiene che il patriarca abbia collaborato in passato con il Kgb, tra le cui fila Putin ha lanciato la propria carriera. Di sicuro, entrambi provengono dall'ex capitale imperiale russa, San Pietroburgo. È qui che il futuro patriarca ha iniziato il suo percorso religioso, sulle orme del nonno, un prete esiliato per tre decenni nei campi di lavoro stalinisti. A differenza del nonno, però, Kirill, nato nel 1946, è rapidamente salito nei ranghi della Chiesa, diventando capo delle relazioni esterne e ottenendo un suo programma televisivo incentrato sulle idee religiose. Dal pulpito televisivo, Kirill avanzò le sue idee, più politiche che religiose, delineando un piano ambizioso per rivedere l'immagine della Chiesa ortodossa in Russia, rimasta stagnante durante l'ateismo imposto sotto l'Unione sovietica, e per ampliarne la presenza nelle istituzioni statali, come le scuole e l'esercito.

Divenuto patriarca, ha trasformato questa visione in realtà, anche grazie al legame sempre più stretto con Putin: la retorica del potere dell'ultimo zar si è progressivamente arricchita di riferimenti religiosi, ricambiata dal sostegno ideologico della Chiesa di Mosca. Quando nel 2020 la Costituzione russa è stata modificata per consentire a Putin di restare in carica potenzialmente fino al 2036, nel testo è comparso un riferimento a Dio. 

In parallelo, Kirill è diventato la guida spirituale del crescente conservatorismo russo, denunciando l'idea del matrimonio tra persone dello stesso sesso e dichiarando l'omosessualità un peccato. La sua Chiesa ha accolto con favore anche le iniziative contro le minoranze religiose in Russia. Quando i legislatori hanno bandito i Testimoni di Geova nel 2017, un portavoce della Chiesa li ha descritti come una "setta totalitaria" che voleva "distruggere la psiche delle persone, distruggere le famiglie".

Chi è Kirill, il patriarca amico di Putin

 

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