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Sabato, 27 Aprile 2024
Energia

Il nucleare è tornato di moda: "Necessario per salvare il Pianeta"

L'Europa lavora a una "alleanza dei mini-reattori". Alla Cop28 di Dubai la Francia ha fatte asse con gli Stati Uniti per rilanciare l'atomo

Nella corsa globale alla decarbonizzazione dell’energia, dopo decenni in cui sembrava sparita dal dibattito pubblico, torna in auge l’energia nucleare. Alla Conferenza Onu sul clima una nuova alleanza internazionale riporta l’atomo al centro della transizione verde, per sganciare i Paesi dalle fonti fossili entro la metà del secolo. Anche in Europa soffiano i venti nuovi del nucleare, con la Francia che punta a guidare la rivoluzione energetica ed industriale. Roma, per ora, rimane alla finestra.

La nuova internazionale nucleare

Sono bastati 12 anni dal disastro di Fukushima, nel marzo 2011, perché rinascesse l’interesse intorno all’energia atomica. Di quello che accadde a Chernobyl nel 1986, nell’allora Ucraina sovietica, il ricordo è ancora più sbiadito. Sembra essersi ormai conclusa la fase storica in cui i leader e le opinioni pubbliche di mezzo mondo, dal Giappone alla Germania passando per il Belgio, la Svizzera e l’Italia, reagirono all’incidente della centrale nipponica interrompendo o limitando fortemente i propri programmi di sviluppo nucleare. E così, al consesso internazionale in corso negli Emirati Arabi, ecco che il nucleare torna a fare capolino nei tavoli in cui si parla di decarbonizzare l’economia mondiale.

Sabato a Dubai si è delineato un fronte internazionale, guidato da Stati Uniti, Francia e Regno Unito, che si propone di triplicare le capacità nucleari a livello globale entro il 2050. La dichiarazione congiunta siglata da 22 Paesi (tra cui 11 Stati membri dell’Ue, l’Ucraina, i padroni di casa emiratini e lo stesso Giappone) riconosce il ruolo chiave dell’energia atomica nel raggiungimento di emissioni globali nette di gas serra pari a zero entro il 2050 e nel mantenimento dell’obiettivo di 1,5 gradi, come previsto dagli accordi di Parigi di 8 anni fa. Nel documento si invitano direttamente le istituzioni finanziarie internazionali a incoraggiare l’inclusione di progetti legati al nucleare nelle politiche della cosiddetta finanza verde, com’è avvenuto in Europa con la tassonomia voluta dalla Commissione von der Leyen. L’energia nucleare è energia pulita e si rivelerà imprescindibile per centrare i target del “net zero” entro la metà del secolo: questo, in buona sostanza, il leitmotiv dei promotori dell’iniziativa, come per altro riportato dall’Agenzia internazionale per l’energia.

L’alleanza europea (e lo sponsor francese)

In prima linea in questa battaglia troviamo il presidente francese Emmanuel Macron, che si è fatto ormai da tempo alfiere della new wave del nucleare in Europa. In effetti, gli sforzi del capo dell’Eliseo vanno da sempre in questa direzione: fu proprio Parigi a insistere, l’anno scorso, perché il Berlaymont includesse l’atomo nella lista Ue delle fonti sostenibili. E non è un mistero che il leader transalpino miri a fare della Francia (che vanta di gran lunga la maggiore capacità atomica dei Ventisette) la punta di diamante della rinascita nucleare continentale, dopo che la Germania si è avviata sulla strada della chiusura delle centrali (e della contestuale riapertura delle miniere di carbone, con grande scorno degli ambientalisti). Lo scorso 28 novembre il commissario al Mercato interno Thierry Breton ha annunciato a Parigi la nascita di una nuova “alleanza europea” per il nucleare, che dovrebbe prendere le mosse già dai primi mesi del prossimo anno.

La parola d’ordine di questa nuova fase, nonché il perno intorno a cui ruoterà la nascitura alleanza industriale continentale, è l’acronimo “Smr” (dall’inglese small modular reactors), che designa dei piccoli reattori da 300 mega Watt ideati per essere modulari, cioè intercambiabili e “agili”. L’alleanza Smr riunirà sotto uno stesso tetto gli operatori industriali già esistenti, le organizzazioni di ricerca, le amministrazioni statali, i regolatori pubblici e le associazioni della società civile per accelerare l’avanzamento del comparto nucleare europeo. La commissaria Ue all’Energia, Kadri Simson, aveva già stimato che per ammodernare il parco nucleare attuale e dotare l’Europa di un numero sufficiente di questi mini-reattori serviranno investimenti per circa 350-450 miliardi di euro. Secondo la commissaria, il dibattito sul tema è cambiato rispetto al passato e si articola su tre punti principali: la sicurezza dell’approvvigionamento energetico, il raggiungimento degli obiettivi climatici e l’autonomia strategica dell’Europa, da acquisire tramite una ritrovata leadership tecnologica.

Ancora una volta, dietro questa strategia industriale si riconosce lo zampino di Parigi, che da oltre un anno fa pressione sull’esecutivo comunitario e si è spesa diplomaticamente come strenua promotrice dell’alleanza. Attualmente, la Francia produce circa il 70% dell’energia elettrica dal nucleare. Ma riuscirà monsieur le Président a portare a casa i risultati sperati? Al netto delle difficoltà tecniche (inclusi i costi monstre e i tempi che si dilatano sempre più per la costruzione degli impianti), il progetto di Macron dipende anche da incognite più politiche. Affinché il progetto vada in porto sarà ad esempio necessario l’appoggio del Parlamento europeo, che però è tutt’altro che scontato. Se l’aula di Strasburgo dovesse mettersi di traverso, infatti, diventerebbe molto più difficile per la Commissione portare avanti l’iniziativa, e se ne riparlerebbe una volta entrato in carica il nuovo collegio nell’autunno 2024.

Roma prende tempo

Al momento, il nostro Paese si limita ad osservare questi sviluppi, senza toccare palla. Del resto, gli italiani hanno già detto “No” al nucleare per due volte, nel 1987 e nel 2011, sull’onda emotiva dei disastri di Chernobyl e Fukushima. Ma, complici anche le vicende europee accennate poc’anzi, il dibattito si è riacceso già da qualche tempo ed era stato uno dei temi della campagna elettorale dell’anno scorso. Non è certo una novità che il centro-destra sia favorevole alla ripresa di una politica nucleare in Italia (12 anni fa era stato proprio Berlusconi a riprovarci). Da Dubai, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha sottolineato che “la grande sfida sarà la fusione nucleare e credo che l’Italia debba avere la capacità di pensare in grande”, ma non ha sottoscritto la dichiarazione congiunta per impegnare Roma in questo processo internazionale.

Poco tempo fa il ministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Matteo Salvini, aveva provocatoriamente rilanciato l’idea di installare una centrale a Milano entro il 2032, appoggiato dal governatore leghista Attilio Fontana. E mentre le opposizioni di centro-sinistra, dal Pd ai Verdi, criticavano l’uscita del vicepremier, un’apertura era arrivata invece dal leader di Azione Carlo Calenda, per il quale l’Italia ha bisogno di una strategia nucleare se vuole liberarsi dei combustibili fossili. La partita, per ora, è dunque rimandata.

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