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Venerdì, 26 Aprile 2024
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“Ci rispedivano il vino perché 'infetto', ora confidiamo nella ripresa”

Mauro Facchin della cantina 'Ca del Colle di Vo’ Euganeo ricorda "l'amara sorpresa" delle bottiglie respinte per paura del contagio. Poi la boccata d'ossigeno grazie alle consegne a casa e alla riapertura estiva, subito interrotta dalla seconda ondata. Il futuro preoccupa, "ma non manca l'entusiasmo"

“Un’amara sorpresa, dimostrazione dell’ignoranza in buona fede delle persone, che all’inizio della pandemia non capivano come si diffonde il virus”. A parlare è Mauro Facchin, titolare dell’azienda vinicola Ca’ del Colle di Vo’ Euganeo, che un anno fa si è visto restituire le bottiglie spedite a un cliente “per paura che il vino fosse infetto” e quindi capace di trasmettere il Covid-19. Il piccolo centro di Vo’, poco più di tremila anime a poco meno di 30 chilometri da Padova, finì all’improvviso sulle prime pagine di tutti i giornali lo scorso 21 febbraio quando - in contemporanea con il ‘paziente 1’ di Codogno - vennero accertati i primi casi di coronavirus in Italia proprio nel comune veneto. Di qui l’iniziale paura dei clienti della cantina, alla quale sono seguiti i primi lockdown applicati su scala europea che hanno costretto allo stop molte imprese del territorio. Un clima di incertezza che ha convinto Facchin a mettere su un canale di distribuzione del vino che potesse rimpiazzare, almeno in parte, gli ordini cancellati da hotel e ristoranti chiusi. “A un anno dalla pandemia non è chiaro come andrà a finire, ma non manca l’entusiasmo”. 

Il vino rispedito alla cantina

Assieme al fratello Alessandro, anche lui in sella all’azienda agricola con due generazioni alle spalle e che oggi conta su 18 ettari di terra nei Colli Euganei, Facchin si dedica alla produzione dei vitigni tipici della zona “come il Fior d’Arancio (vino Docg della provincia di Padova, ndr)”, ma anche il Serprino, “un vino bianco frizzante da aperitivo sul quale puntiamo molto”, oltre al celebre Prosecco, immancabile in quest’angolo del Nordest. Un’impresa che vive soprattutto di forniture a hotel e ristoranti, oltre che di una buona reputazione sul mercato estero, con un canale export che assorbe circa il 20% della produzione annuale. Ma quando il vino ha iniziato a tornare indietro “siamo caduti dalle nuvole e abbiamo cominciato a preoccuparci seriamente del nostro futuro”, ricorda oggi Facchin, intervistato da Alberto Pezzella di Treviso Today. 

La seconda ondata e la ripresa interrotta 

“Poi le autorità hanno chiarito che il vino non era infetto anche se veniva da Vo’, e allora si è ricominciato a lavorare”. Con il lockdown nazionale imposto lo scorso marzo “ci siamo reinventati con la consegna a casa”, riprende il racconto Facchin. Una scelta replicata da tanti produttori e rivenditori dei beni più disparati, dai libri ai cibi, passando appunto per il vino. Quando la prima ondata è finita “con le riaperture degli hotel e dei ristoranti, si è ricominciato a lavorare bene”. “Nei mesi estivi eravamo davvero contenti, abbiamo registrato un fatturato più alto rispetto all’estate precedente”. Ma con l’autunno è arrivata la seconda ondata e “purtroppo il mercato si è fermato nuovamente”. “La consegna a casa continua a funzionare, anche se si sente meno l’effetto novità”, che all’inizio della crisi spingeva tante persone a ordinare bottiglie. “Forse c’è meno capacità economica”, ipotizza l’imprenditore. Tirando le somme alla fine dell’anno “siamo arrivati a una perdita totale del 40%” rispetto al 2019.

In attesa di una prospettiva

E i ristori? “In totale abbiamo ricevuto circa 7-8mila euro”, spiega Facchin. “Non fanno male”, dice con un sorriso amaro, “ma non sono sicuramente abbastanza per recuperare la differenza di fatturato”, che in un’annata normale “si può stimare intorno ai 150mila euro”. “La salute viene prima dell’economia”, sottolinea l’imprenditore, “però ora dovrebbe esserci un intervento un po’ più deciso da parte delle istituzioni per dare un futuro alle aziende” perché “per sei mesi o un anno si può riuscire a portare pazienza e a inventarsi un mercato diverso, ma quello che manca è una prospettiva futura certa”. Tanto a livello europeo quanto a livello locale, potrebbe muoversi qualcosa con i fondi per la ripresa che di certo non potranno ignorare il comparto vinicolo. L'Ue è infatti il maggior produttore mondiale di vino, con una produzione media tra il 2014 e il 2018 stimata attorno ai 167 milioni di ettolitri. I primi aiuti al settore sono arrivati nei mesi estivi con l'autorizzazione temporanea concessa dalla Commissione europea agli operatori della filiera di organizzare autonomamente le misure di mercato, come la pianificazione di attività di promozione congiunte o la programmazione della produzione. Un provvedimento che è stato accompagnato dall’aumento del contributo dell'Ue ai programmi nazionali di sostegno al settore vitivinicolo e l'introduzione di pagamenti anticipati per la distillazione e l'ammasso in caso di crisi.

Guardando al futuro

“Ci auguriamo di fare un’estate ‘tranquilla’”, auspica Facchin, magari pensando alla ripresa dello scorso anno poi interrotta bruscamente dalla recrudescenza dei casi. Ma la speranza più forte è che il piano vaccinale ingrani e che “verso ottobre-novembre siano già state vaccinate la maggior parte delle persone”. “Sicuramente sarà un 2021 ancora con qualche difficoltà, ma speriamo di ripartire nel 2022 con un’annata normale”, conclude Facchin. 

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