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Venerdì, 26 Aprile 2024
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"Come Uber ha sfruttato le violenze dei tassisti per imporsi in Italia e in Europa"

Un team internazionale di giornalisti ha svelato le pratiche di lobby del gigante Usa. Che avrebbe ottenuto l'appoggio di leader come Macron

"La violenza garantisce il successo". In questa frase sarebbe riassunta la strategia attuata da Uber in Italia e in Europa per piegare a proprio favore le proteste dei tassisti contro il suo servizio di trasporti privati. Comprese le violenze subite dai suoi tassisti. Anzi, come emerge dalla gigantesca mole di file e conversazioni tra manager portata alla luce da un team di giornalisti invetigativi internazionali, il gigante Usa avrebbe in alcuni casi mandato in avanscoperta i propri conducenti alle manifestazioni, mettendone a rischio l'incolumità al fine di usare i possibili incidenti per "sensibilizzare" alla propria causa l'opinione pubblica e fare pressioni sui politici. Una pratica di lobby che non è l'unica azione eticamente discutibile condotta da Uber: secondo l'inchiesta, i dirigenti dell'azienda tecnologica avrebbero violato consapevolmente le leggi e nascosto alla polizia documenti compromettenti grazie a un software ad hoc. 

Gli "Uber files", questo il nome dell'inchiesta internazionale, si basano su una "fuga senza precedenti di oltre 124.000 documenti", scrive il Guardian, il quotidiano che per primo ha messo le mani su questi file, condividendoli con altre 42 testate di tutto il mondo. Tale  fuga di notizie copre un periodo di cinque anni, dal 2013 al 2017, in cui Uber era gestita dal suo co-fondatore Travis Kalanick, "che ha cercato di imporre il servizio di taxi nelle città di tutto il mondo, anche se ciò significava violare le leggi e i regolamenti sui taxi". Riuscendo a ottenere anche appoggi eccellenti, come quello dell'attuale presidente della Repubblica francese, Emmanuel Macron. 

In questa attività di lobbying, Uber avrebbe investito somme gigantesche: solo nel 2016, scrive il Guardian, l'azienda avrebbe investito 90 milioni di dollari. Tra gli obiettivi dell'azione di sensibilizzazione c'erano politici e media. E chiaramente la comunicazione ha giocato un ruolo fondamentale. A questo proposito, la rabbia dei tassisti europei sarebbe diventata uno strumento da piegare a proprio favore. Alcune mail, infatti, suggeriscono che i dirigenti di Uber avrebbero consapevolmente ignorato di avvertire i propri conducenti dei rischi che correvano lavorando in contemporanea con le manifestazioni di protesta, e in alcuni casi li avrebbero addirittura spinti a recarsi ai sit-it dei tassisti infuriati. 

"Quando nel marzo 2015 uomini mascherati, che si dice fossero tassisti arrabbiati, hanno attaccato i conducenti di Uber con mazze e martelli ad Amsterdam, il personale di Uber ha cercato di sfruttarlo a proprio vantaggio per ottenere concessioni dal governo olandese", scrive il Guardian. Le vittime degli attacchi "sono state incoraggiate a presentare denunce alla polizia", che sono state condivise con De Telegraaf, il principale quotidiano olandese. "Saranno pubblicate senza la nostra impronta digitale in prima pagina domani", ha scritto un manager. "Continuiamo la narrativa sulla violenza per alcuni giorni, prima di offrire la soluzione", ha aggiunto in una conversazione trapelata.

Questo modus operandi sarebbe stato ripetuto in Italia, Belgio, Spagna, Svizzera e Paesi Bassi. A Bruxelles, dopo alcuni scontri, un gruppo di autisti di Uber si è recato sotto il palazzo dell'allora sindaco della città per contro-protestare e chiedere tutele. Stando a quanto ricostruito da Le Soir, Uber avrebbe pagato i suoi autisti per organizzare il sit-it, istruendoli su come rispondere alle domande dei giornalisti. In uno scambio di messaggi con i suoi manager francesi, Kalanick avrebbe respinto le preoccupazioni sull'invio di conducenti Uber a una protesta in Francia: "Penso che ne valga la pena - avrebbe ribattuto - La violenza garantisce il successo". Frasi smentite da un portavoce del co-fondatore di Uber, oggi non più alla guida dell'azienda. 

Di sicuro, ci sarebbero i buoni rapporti tra Kalanick e Macron, che all'epoca dei fatti riportati dall'inchiesta era ministro dell'Economia. Macron "sembra aver fatto di tutto per aiutare Uber, anche dicendo alla società di aver mediato un 'accordo' segreto con i suoi oppositori nel gabinetto francese", scrive il Guardian. Uber avrebbe anche ottenuto l'appoggio dell'ex vicepresidente della Commissione europea, Neelie Kroes, che si sarebbe spesa per fare pressioni sul governo olandese. In Italia, le attività di lobbying avrebbero riguardato l'ex premier Matteo Renzi. Mentre in Germania, i tentativi di avvicinare l'allora sindaco di Amburgo, e oggi cancelliere tedesco, Olaf Scholz, sarebbero stati fallimentari: Scholz "ha respinto i lobbisti di Uber e ha insistito per dare ai conducenti un salario minimo", scrive il Guardian. Un atteggiamento che un dirigente del colosso Usa avrebbe commentato dando del "comico" al leader tedesco.

Le pressioni sui politici erano finalizzate a ottenere concessioni che le leggi non consentivano: su questo aspetto, ci sarebbero diversi documenti e messaggi privati tra dirigenti che confermano la consapevolezza di Uber di agire fuori dalle norme: "Siamo essenzialmente illegali", si sarebbe vantato un manager. Lo sprezzo per le leggi nazionali è simboleggiato da un software, chiamato internamente "kill swicht", che i dirigenti europei di Uber avrebbero utilizzato per nascondere a magistratura e polizia documenti compromettenti. Il quotidiano Le Soir, per esempio, racconta di come questo sofwtare sia stato utile a impedire alla polizia di Bruxelles di mettere le mani su dati importanti dei pc della sede belga, che è anche il centro delle attività di lobby nell'Ue. Il raid della polizia faceva parte di una inchiesta che è ancora aperta.  

In una dichiarazione in risposta alla fuga di notizie, Uber ha ammesso di "errori e passi falsi", ma ha affermato di essere stata trasformata dal 2017 sotto la guida del suo attuale amministratore delegato, Dara Khosrowshahi. "Non abbiamo e non creeremo scuse per comportamenti passati che chiaramente non sono in linea con i nostri valori attuali", ha affermato l'azienda. “Chiediamo invece al pubblico di giudicarci per ciò che abbiamo fatto negli ultimi cinque anni e per ciò che faremo negli anni a venire”.

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