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Sabato, 27 Aprile 2024
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Recovery fund: l'Italia ottiene più prestiti Ue, l'Olanda il "super freno" per vigilare sulle riforme

Accordo sui 750 miliardi con 390 di sovvenzioni a fondo perduto. Per il Belapese un aumento complessivo tra sussidi e 'loan'. In cambio, i frugali hanno ottenuto ulteriori sconti sul bilancio comune. Per i Visegrad un meccanismo più blando sullo stato di diritto

Stando alle cifre e al testo ufficiali, sembra la panacea di tutti i mali emersi in Europa in queste settimane: la proposta di compromesso sul Recovery fund, il piano anticrisi dell'Ue, prevede un importo complessivo di 750 miliardi di euro, con 390 miliardi di euro in sovvenzioni e 360 miliardi in prestiti. Non è il taglio richiesto dai frugali (Olanda, Austria, Svezia, Danimarca e Finlandia), che chiedevano una forza di fuoco da 700 miliardi di cui 350 di sussidi (ossia, per loro, di esborsi senza ritorno), ma è comunque un buon risultato per Rutte e compagni. Tanto più che, sul bilancio Ue, c'è un aumento dei 'rebate' che allevierà i loro contributi alla cassa comune europea. Mentre sui meccanismi generali per legare gli aiuti al rispetto di determinate riforme (inviso all'Italia) e dello stato di diritto (a cui si oppongono Polonia e Ungheria) le formule inserite nel testo del presidente del Consiglio Ue Charles Michel sono abbastanza vaghe da accontentare tutti. 

E l'Italia? Tra le fila dei negoziatori italiani, c'è chi esulta: nonostante le sovvenzioni a fondo perduto totali passino da 500 a 390 miliardi, per le nostre casse potrebbe esserci un aumento complessivo dei fondi a noi destinati: 208,8 miliardi, di cui 81,4 a fondo perduto e 127,4 di prestiti. Rispetto alla proposta iniziale, ci sono circa meno 4 miliardi di aiuti diretti, mentre i prestiti aumentano di ben 38,8 miliardi. Per capire bene la portata, però, bisognerà vedere anche i criteri con cui sono stati calcolati i contributi nazionali al Recovery fund. 

Non è chiaro ancora chi tra i Paesi Ue, in questa nuova proposta, perderà risorse. Di sicuro c'è un taglio al Just Transition Fund, molto caro alla Polonia, per esempio. Mentre l'Olanda e gli altri frugali ottengono una riduzione delle risorse a fondo perduto rispetto alla proposta originaria. Per quanto riguarda il legame tra aiuti e riforme, altro punto su cui l'Olanda e gli altri frugali si sono scontrati con l'Italia, il nuovo testo introduce un meccanismo complesso e articolato che di fatto rende complesso per un singolo Stato membro denunciarne un altro per il mancato rispetto del suo piano nazionale di riforme (su cui si basa l'esborso delle risorse) e di bloccare di consegienza l'erogazione dei fondi. Il fatto che sia complesso accontenta l'Italia, ma il fatto che via sia un freno che i frugali possono usare per far rispettare gli impegni sulle riforme potrà esssere sventolato come scalpo dal premier olandese Mark Rutte. 

Per i frugali, c'è anche il "contentino" dei rebate, ossia degli sconti ai loro contributi al bilancio europeo. "Per il periodo 2021-2027, le rettifiche forfettarie (i cosiddetti rebate, ndr) ridurranno il contributo annuale basato sul Reddito nazionale lordo di Danimarca, Paesi Bassi, Austria e Svezia e, per il solo sostegno al recupero e alla resilienza, anche della Germania". Secondo la bozza, la Danimarca riceverà indietro 322 milioni di euro, l'Austria 565 milioni (il doppio della precedente proposta, ndr), la Svezia circa un miliardo, i Paesi Bassi 1,9 miliardi e la Germania 3,67 miliardi. 

C'è infine la questione del legame tra fondi e rispetto dello stato di diritto, su cui Polonia e Ungheria hanno minacciato il veto. Il nuovo testo conferma l'istituzione di un meccanismo del genere, ma anche qui la forma è così blanda da accontentare tutti: in caso di carenze sullo stato di diritto, "la Commissione proporrà misure adeguate e proporzionate che dovranno essere approvate dal Consiglio a maggioranza qualificata". Tuttavia "questo processo dovrebbe rispettare i principi di obiettività, non discriminazione e parità di trattamento degli Stati membri e dovrebbe essere condotto secondo un approccio non partigiano e basato sull'evidenza". Frasi che dovrebbero servire a convincere Budapest e Varsavia a dare il loro ok. O almeno così si spera.

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