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Sabato, 27 Aprile 2024
Sport e politica / Cina

I Paesi che boicottano le Olimpiadi di Pechino (ma non i Mondiali in Qatar)

L'Ue divisa, la Francia accusata di voler salvare "capre e cavoli". Ma le rivendicazioni sui diritti umani si fermano in Cina

Le Olimpiadi invernali a Pechino sono ufficialmente iniziate. E come è capitato spesso in passato, i Giochi sono l'occasione anche per rilanciare rivendicazioni politiche e diplomatiche. Certo, non siamo ai livelli della Guerra Fredda, quando Usa e l'allora Urss si fecero lo sgambetto rispettivamente a Mosca e Los Angeles non mandando i loro atleti in terra "nemica". Di questi tempi, il boicottaggio si limita alla diplomazia: un gruppo di Paesi occidentali ha deciso di non inviare le proprie rappresentanze diplomatiche in Cina, accusata di violare i diritti umani a Hong Kong e nella regione dello Xinjiang, dove la minoranza musulmana degli uiguri, stando a diverse denunce di media e ong, sarebbe costretta ai lavori forzati (tra l'altro per produrre prodotti poi rivenduti in Europa). Una motivazione nobile, senza dubbio, se non fosse che fra qualche mese ci sarà un altro grande evento sportivo internazionale, i Mondiali di calcio in Qatar. E per il momento non sembra che nessuno dei Paesi difensori dei diritti umani intenda rinnovare l'azione di boicotaggio.

A spingere per il boicottaggio delle Olimpiadi cinesi sono stati innanzitutto gli Usa, trovando subito l'adesione di Canada, Regno Unito e Australia. L'Unione europea, invece, non si è voluta unire alla protesta, limitandosi a dichiarazioni formali e alla minaccia di bloccare l'import dallo Xinjiang. Bruxelles ha preferito lasciare la palla agli Stati membri, che, come capita spesso quando si tratta di politica estera (e non solo), hanno aderito in ordine sparso al boicottaggio: Austria, Belgio, Croazia, Danimarca, Germania, Ungheria, Irlanda, Lituania, Lussemburgo, Malta e Paesi Bassi sono tra coloro che non hanno inviato rappresentanti politici all'apertura dei Giochi. Nemmeno la Grecia, anche se un rappresentante parteciperà alla cerimonia di chiusura. 

Una menzione a parte va fatta per la Germania, che in un primo momento si era opposta all'idea del boicottaggio: i Giochi sono "una celebrazione dello sport, gli atleti si preparano a partecipare per anni, a volte per metà della loro vita" e pertanto non dovrebbero essere usati in questo modo, aveva dichiarato la ministra degli Esteri Annalena Baerbock. Smentita pochi giorni dopo dalla ministra degli Interni (e dello sport), Nancy Faeser, che ha invece annunciato che non si recherà a Pechino: "Il mondo guarda non solo allo sport, ma anche alla situazione dei diritti umani e della libertà di espressione in particolare. Le Olimpiadi sono anche un'occasione per aprire gli occhi", ha detto.

Stupisce poi la posizione della Polonia, solitamente il Paese Ue più vicino alle battaglie diplomatiche degli Usa: il presidente polacco Andrzej Duda è a Pechino, come il ministro spagnolo dello Sport Miquel Iceta, che ha rivendicato come la Spagna non abbia "mai aderito a un boicottaggio olimpico e non lo farà" certo adesso. 

C'è poi la Francia: il presidente Emmanuel Macron aveva definito "insignificante e simbolica" l'iniziativa degli Stati Uniti, ma a quanto pare il suo governo ha qualche imbarazzo nell'esporsi in Cina: la ministra dello Sport Roxana Maracineanu andrà a Pechino, ma ha saltato la cerimonia d'apertura. Una decisione sottolineata con sarcasmo stizzito dalla Cina: "In Francia c'è un detto, 'salvare capre e cavoli'. Ma forse non raggiungerà questo obiettivo", ha detto l'ambasciatore cinese in Francia Lu Shaye. 

Se sulle Olimpiadi pechinesi l'Occidente si è dunque diviso, con diverse sfumature, Usa e Ue sembrano invece sulla stessa linea sul Qatar, che in estate ospiterà i Mondiali di calcio. Pochi giorni fa, il Consiglio d'Europa ha duramente criticato la situazione dei diritti umani nel Paese, facendo riferimento non solo alla condizione delle donne, ma anche al trattamento riservato ai lavoratori migranti.

Secondo una inchiesta del Guardian, in Qatar negli ultimi anni sarebbero morti ben 6.500 persone migranti a causa delle condizioni di lavoro terribili in cui sono stati costretti a lavorare. Decine di queste vittime sarebbero legate alla costruzione degli stadi. Anche Amnesty international ha mosso accuse simili. Mentre le nazionali di Norvegia e Danimarca hanno sollevato il caso, chiedendo alla Fifa di fare di più per i diritti umani in Qatar. La Danimarca, tra l'altro, è tra i Paesi che hanno deciso di boicottare i Giochi di Pechino. Ma a quanto pare non farà lo stesso con i Mondiali. Per il momento, nel resto del mondo, gli appelli a boicottare il Qatar sono caduti nel vuoto. 

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