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Sabato, 27 Aprile 2024
Il caso / Austria

Migrante si converte in Europa, Corte Ue: "No espulsione, rischia la morte"

La sentenza dei giudici di Lussemburgo su un iraniano che ha abbracciato il cristianesimo dopo essere arrivato in Austria

Dopo essere arrivato in Europa, ha abbracciato la fede cristiana. Una conversione che potrebbe costargli la vita se tornasse nel suo Paese d'origine. Nonostante ciò, le autorità austriache si sono rifiutate di garantirgli la protezione riservata ai rifugiati, appellandosi alle norme in materia. Un rifiuto contro cui il protagonista di questa vicenda, un migrante iraniano, ha presentato ricorso. Alla fine, c'è voluto l'intervento della Corte di giustizia dell'Ue, che con una sentenza ha stabilito che all'uomo va riconosciuto lo status di rifugiato.

I giudici europei hanno infatti stabilito che la conversione religiosa può essere una valida motivazione di richiesta di protezione da parte di un migrante qualora essa comporti effettivi rischi in caso di espulsione verso il proprio Paese d'origine. In Iran, chi rifiuta l'Islam va incontro alla condanna a morte. 

Le autorità austriache, a dire il vero, avevano riconosciuto tale rischio, ma si erano limitate a dare all'uomo un diritto di soggiorno temporaneo. Inoltre, i funzionari di Vienna avevano stabilito che la conversione del migrante iraniano era sincera, e non strumentale all'ottenimento dello status di rifugiato. Il problema era di natura giuridica: per ottenere questo status, il diritto austriaco prevede che la motivazione della richiesta di protezione sia quella che ha portato il migrante a fuggire dal suo Paese, e non una circostanza che si è creata solo dopo l'arrivo in Austria. 

In altre parole, l'uomo avrebbe dovuto convertirsi al cristianesimo quando era in Iran, e non dopo essere emigrato. Un'interpretazione delle leggi europee (e internazionali) che i giudici della Corte Ue hanno smontato: lo status di rifugiato, prima di tutto, dipende dal rischio che si corre, non da quando e dove questo rischio si è concretizzato. Ciò vale tanto più se la conversione, come nel caso dell'iraniano, è stata ritenuta sincera. Ma anche se l'uomo avesse mentito, spiegano i giudici Ue, proprio la menzogna avrebbe costituito un valido motivo per concedergli la protezione: in Iran, avrebbero potuto punirlo per aver strumentalizzato l'Islam per fini personali. 

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