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Venerdì, 26 Aprile 2024
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Metano in Italia: ecco perché la bozza Ue che promuove gas e nucleare spaventa gli investitori

L’allarme: "Le nuove centrali verso l’esclusione dai fondi Ue". Ma c’è ancora tempo per modificare i progetti

A una settimana dall’ormai famosa ‘bozza di San Silvestro’ con la quale la Commissione europea ha definito sostenibili il nucleare e il gas, l’industria italiana comincia a fare i conti sugli effetti delle future regole. Se confermate nel testo definitivo, le disposizioni sulle fonti energetiche considerate ‘verdi’ dalla tassonomia Ue scoraggeranno 10 miliardi di investimenti in Italia. A mettere in cifre la preoccupazione degli imprenditori è stato Il Sole 24 Ore, che ha lanciato l’allarme sui rischi di finanziamento per le centrali a metano che dovrebbero spuntare un po’ ovunque nel Belpaese. 

Il quotidiano economico-finanziario ha contato ben 48 progetti di nuovi impianti di produzione elettrica che tra qualche anno dovrebbero entrare in funzione in 14 regioni. “Si tratta - ha spiegato il giornalista Jacopo Giliberto - di circa 20 mila megawatt da costruire con un impegno di spesa attorno ai 10 miliardi”. Ma i progetti, secondo le regole anticipate, non potrebbero beneficiare del ‘bollino green’ della tassonomia europea, la legislazione che serve appunto a fare chiarezza sulle attività che Bruxelles considera sostenibili. Come riportato ampiamente negli ultimi giorni, per la Commissione Ue il gas sarà “la fonte della transizione”, necessaria per passare dalle fonti più inquinanti - come il carbone - a quelle pulite ma ancora non utilizzabili in larga scala, ovvero l’idrogeno o le altre rinnovabili. Ma le condizioni poste da Bruxelles all’uso sostenibile del gas sono così rigide da relegare tra le attività inquinanti i progetti italiani di sfruttamento del metano.

I criteri fissati dalla Commissione sono chiari: un nuovo impianto, per essere considerato sostenibile, deve avere emissioni di gas a effetto serra equivalenti a un massimo di 270 grammi di anidride carbonica per ogni chilowattora prodotto. Questo tetto si applica a tutte le centrali autorizzate entro il 31 dicembre 2030. Per gli impianti dal 2031 in poi, la soglia di emissioni dovrà essere inferiore ai 100 grammi di CO2/kWh. “Obiettivi simili - ha precisato Giliberto - non sono conseguibili nemmeno con le nuove turbine di classe H ad altissima efficienza”. Il Sole 24 Ore ha precisato che qualche impianto dei 48 progettati “potrebbe rientrare nella tassonomia” se solo “venisse integrato con grandi quantità di idrogeno”. 

Un’alta via d’uscita potrebbe essere quella di adattare i progetti agli altri requisiti stabiliti dalla bozza di tassonomia, come ad esempio quelli sulla cattura di anidride carbonica. L’ultima opzione è quella di finanziare comunque le centrali energetiche pur sapendo che non rispetteranno i criteri della tassonomia verde. Nessuno impedisce agli investitori di farlo, ma difficilmente questi ultimi vorranno rischiare di essere additati come responsabili di maggiori emissioni proprie mentre l’Europa si mette in marcia nel lungo cammino verso le zero emissioni nette.

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