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Venerdì, 26 Aprile 2024
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La Libia in guerra fa 1,6 miliardi di ricavi al mese con il petrolio

La cancelliera Merkel lancia l'allarme: "Crisi come la Siria". E chiede all'Onu l'embargo sulle armi. Ma intanto gli affari dei pozzi petroliferi, tra cui quelli italiani dell'Eni, vanno a gonfie vele

La guerra civile in Libia non accenna a terminare e non si vede al momento una soluzione al conflitto. La tregua dell'Eid Al-Adha di agosto è stata generalmente rispettata, ma gli scontri sono ripresi subito dopo. Venerdì l'aviazione libica fedele al generale Haftar ha bombardato (di nuovo) la sede dell'Accademia aeronautica di Misurata, la "città-Stato" che garantisce la protezione di Tripoli. Il Sabha Medical Centre, il più grande ospedale nella Libia meridionale nell'omonima città, ha deciso di sospendere le attività e di accettare solo i casi considerati 'urgenti' dopo aver subito tre attacchi armati in 36 ore.

Continuano gli affari

Eppure tutto questo non ferma gli affari che si fanno col petrolio, al principale ricchezza del Paese. Nei primi otto mesi di quest'anno i ricavi petroliferi in Libia sono stati pari a 20,2 miliardi di dinari (13 miliardi di euro), più di 1,6 miliardi al mese, pari al 92,66 per cento delle entrate totali che sono state di 14 miliardi di euro. È quanto emerge dai dati pubblicati dalla Banca centrale della Libia (Cbl). Gli ingenti introiti generati dalle iperboliche commissioni del 183 per cento sulla valuta estera, conteggiati a parte nelle tabelle dell'istituto centrale libico, hanno portato ben 14,9 miliardi di dinari (9,6 miliardi di euro) nelle casse di Tripoli. La spesa pubblica totale nello stesso periodo di riferimento (gennaio-agosto) è stata di 24,9 miliardi di dinari (16 miliardi di euro), di cui 13,8 miliardi di dinari (8,90 miliardi di euro, il 55 per cento del totale) per i salari degli impiegati pubblici.

L'allarme di Merkel

La Germania sta provando a svolgere un ruolo di mediazione nel conflitto. In Libia, sussiste "la minaccia di una nuova guerra per procura come in Siria", ha dichiarato la cancelliera, Angela Merkel, al Bundestag, auspicando una "maggiore visibilità da parte dell'Ue nei conflitti globali, per esempio Siria, Iraq e Ucraina". Per Merkel, "ciò e' particolarmente importante in Libia, dove sussiste la minaccia di una nuova guerra per procura come in Siria".

La conferenza di pace

Per provare a trovare una soluzione la Germania ospiterà a novembre una conferenza internazionale in un tentativo di costringere i numerosi attori regionali a smettere di armare le parti in guerra. L'Onu ha ammesso che il suo embargo sulle armi rafforzato sul paese è stato totalmente ignorato da una serie di paesi, tra cui la Turchia e gli Emirati Arabi Uniti. Dopo il fallimento di Parigi e Palermo, spetterà dunque a Berlino cercare di porre fine alla crisi nell'ex Jamahiriya di Muammar Gheddafi. La situazione sul terreno non sembra favorire il compito della diplomazia tedesca. Il confronto militare tra il Governo di accordo nazionale (Gna) del premier Fayez al Sarraj e l'autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna) del generale Khalifa Haftar non accenna a diminuire. La conferenza internazionale che dovrebbe organizzare la Germania rientra nel piano in tre punti articolato dal rappresentante speciale del segretario generale delle Nazioni Unite, Ghassan Salamé: cessate il fuoco e organizzazione di due conferenze, una internazionale e l'altra nazionale.

Berlino media tra Roma e Parigi

Berlino potrebbe infatti "mediare" tra le posizioni di Roma (a favore del governo di Tripoli, ma senza chiudere la porta di Haftar) e Parigi (ufficialmente con il governo riconosciuto dall'Onu, ma di fatto molto vicino alle forze della Cirenaica) sul dossier Libia. La Germania ha anche forti interessi economici nel Paese, a cominciare dalle attività della compagnia Wintershall che ha sempre continuano a pompare petrolio. La ricostruzione della Libia offre parecchio spazio e le imprese di Italia e Germania potrebbero lavorare in sinergia, sfruttando anche il ruolo centrale di un peso massimo come Eni.

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