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Venerdì, 26 Aprile 2024
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Il piano danese per riqualificare i quartieri difficili: “Basta residenti non occidentali”

Copenaghen è pronta a un cambiamento radicale nelle zone a rischio del Paese. In ogni area residenziale il numero delle persone straniere di origine extra-Ue dovrà essere limitato al 30%.

La Danimarca del governo socialista di Mette Frederiksen annuncia una stretta sulla presenza di residenti “non occidentali” nei quartieri poveri. Il disegno di legge presentato dal ministro degli Interni Kaare Dybvad Bek prevede una revisione della legislazione esistente sulla lotta alle “società parallele” attraverso l'istituzione di un target del 30% di residenti di origine "non occidentale" per ciascun quartiere del piccolo Paese scandinavo. Il target dovrebbe essere raggiunto entro 10 anni attraverso politiche abitative e sociale ad hoc.

I quartieri difficili

In una nota, il ministro dell’Interno ha cercato di spiegare le ragioni di un progetto che, a una prima lettura, sembra strizzare l'occhio alla destra e a politiche anti-immigrazione non proprio in linea con la tradizione socialdemocratica del partito di maggioranza al governo. Secondo Dybvad, troppi stranieri non occidentali in un'area “aumentano il rischio di nascita di società religiose e culturali parallele”. Ma ha tenuto a specificare che il termine "ghetto", usato per designare i quartieri svantaggiati, sarebbe stato rimosso dalla nuova legislazione perché "fuorviante”. “Penso che questo termine contribuisca a eclissare la grande quantità di lavoro che deve essere svolto in questi quartieri", ha spiegato Bek.

Come definire un "ghetto"

Fino ad ora, il termine è stato utilizzato legalmente per designare qualsiasi quartiere con più di 1.000 persone in cui più della metà era di origine "non occidentale" e che soddisfaceva almeno due dei quattro criteri utilizzati per identificare quelli difficili. Secondo questa legislazione un quartiere è detto difficile quando oltre il 40% dei residenti sono disoccupati, più del 60% delle persone tra i 39 e i 50 anni è senza istruzione secondaria superiore, i tassi di criminalità sono tre volte superiori alla media nazionale e i residenti hanno un reddito lordo inferiore del 55% rispetto alla media regionale.

Quindici quartieri danesi rientrano attualmente in questa categoria e altri 25 sono considerati “a rischio”. L'elenco viene aggiornato ogni dicembre. Come spiega il Guardian, in queste zone, i reati comportano il doppio delle sanzioni legali in vigore altrove e l'asilo nido è obbligatorio per tutti i bambini di età superiore a uno, altrimenti gli assegni familiari vengono ritirati. La legislazione esistente prevede inoltre che le case popolari in queste aree vengano ridotte al 40% degli alloggi disponibili entro il 2030. Secondo Statistics Denmark , l'11% dei 5,8 milioni di abitanti della Danimarca è di origine straniera, e di questi  il 58% proviene da un Paese considerato “non occidentale”.

La “visione” socialdemocratica della premier

La Danimarca sta portando avanti da anni una delle politiche di immigrazione più restrittive d’Europa. La premier socialdemocratica, Mette Friederiksen, da quando è salita al potere ha iniziato a virare verso destra tanto che all’inizio di quest’anno ha annunciato che avrebbe iniziato a chiudere le porte a tutti i migranti in cerca di protezione internazionale. "Dobbiamo assicurarci che non troppe persone vengano nel nostro Paese, altrimenti la nostra coesione sociale non può esistere. È già minacciata", ha detto la premier lamentando che in passato il governo era stata troppo permissiva con gli stranieri, consentendo loro di ottenere i benefici concessi ai cittadini nazionali pur non adottando i valori culturali danesi.

Che non si tratti sono di parole, lo ha dimostrato la recente decisione di togliere lo status di rifugiati ai migranti provenienti dalla Siria. Una mossa che ha fatto storcere il naso a molti, visto che in Siria la situazione non è ancora pacificata. Ma ia denesi la “visione” socialdemocratica di destra di Frederiksen piace: i sondaggi danno la premier in crescita nei consensi.

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