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Venerdì, 26 Aprile 2024
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L’energia spacca l’Europa. Italia e Paesi del Sud: “Riformare il mercato”. Contrari i frugali

La Commissione è contraria alle nuove regole proposte da Roma, Parigi e Madrid, ma potrebbe fare concessioni sullo stoccaggio comune e sui contratti congiunti

Libero mercato contro stabilizzazione delle bollette, controllo dello Stato contro concorrenza tra aziende. Il tema dell’Europa a due velocità si riflette nell’impatto dell’attuale crisi energetica e dunque nelle soluzioni alternative proposte dai rispettivi governi dei due ‘blocchi’ in cui è divisa l’Ue. Da una parte ci sono Italia, Francia, Spagna, Grecia e Romania, che vorrebbero riformare il mercato dell’energia europeo per calmierare i prezzi dell’elettricità, letteralmente esplosi da quando è iniziata la corsa al rialzo delle tariffe del gas naturale. A pensarla diversamente sono i Paesi dell’Europa germanofona e settentrionale.

Due documenti congiunti presentati nelle ore precedenti alla riunione di oggi a Bruxelles tra i ministri dell’Energia mettono in chiaro la spaccatura. I primi a intervenire, alla vigilia dell’incontro, sono stati i cosiddetti Paesi frugali assieme ad altri governi del Nord Europa. Austria, Germania, Danimarca, Estonia, Finlandia, Irlanda, Lussemburgo, Lettonia e Paesi Bassi hanno fatto fronte comune per opporsi alle riforme del mercato Ue. “Nel breve termine l'aumento dei prezzi può essere affrontato al meglio attraverso azioni nazionali temporanee e mirate da parte degli Stati membri, ove appropriato, per proteggere i consumatori e le imprese vulnerabili”, hanno scritto i nove governi. 

L’attuale struttura del mercato Ue dell’elettricità, a detta dei ‘nordici’,  incentiva e facilita “i modelli di business emergenti che possono attenuare la volatilità sul mercato dell'elettricità, come la risposta sul lato della domanda, l'aggregazione e lo stoccaggio su larga o piccola scala”. “Queste opzioni di flessibilità sono necessarie per aumentare l’efficienza” della rete energetica Ue “e quindi rendere conveniente la transizione verso un sistema energetico decarbonizzato per i nostri cittadini, sia come consumatori che come contribuenti”, si legge ancora nel documento congiunto. Secondo i nove Paesi, il prossimo anno “si potrebbero esaminare ulteriori opzioni all'interno del quadro di mercato esistente”, ma di certo vanno respinti “gli approcci alternativi di progettazione del mercato, ad esempio sotto forma di prezzi massimi o prezzi medi dipendenti dalla tecnologia basati sul mix nazionale”. Grosso modo quello che vorrebbero fare i Paesi mediterranei. 

A detta dei nordici, tale sistema, oltre a mettere a rischio “la sicurezza dell’approvvigionamento”, avrebbe l’effetto di “aumentare i costi dell'integrazione della generazione variabile di energia rinnovabile” e di “minare l'integrazione del mercato europeo dell’elettricità”, perché - hanno aggiunto i governi firmatari - “la possibilità per gli Stati membri di applicare il proprio concetto di ‘prezzo equo’ può scoraggiare il commercio di energia elettrica”.

Dall’altra parte della ‘barricata’ ci sono i Paesi mediterranei, convinti che si debba “agire nel breve termine, per garantire che i consumatori percepiscano nei prezzi i vantaggi delle tecnologie a emissioni zero, proteggendoli dalla crescente volatilità dei mercati del gas naturale”. In altre parole, per l’Italia e i suoi quattro ‘alleati’ in questa battaglia quanto fatto finora a livello Ue non basta e bisogna cambiare le regole europee. “Proponiamo - si legge nel documento - di modificare l'articolo 5 della Direttiva elettricità al fine di consentire agli Stati membri di applicare meccanismi di regolamentazione, progettati a livello Ue, garantendo che i consumatori finali paghino prezzi dell'elettricità che riflettano i costi del mix di generazione utilizzato per servire i loro consumi”. In altre parole, si vuole 'slegare' il prezzo dell'elettricità da quello del gas.

“In alternativa o contestualmente alla prima proposta”, si legge ancora, “si propone di modificare l'articolo 9 della Direttiva elettricità” per “consentire agli Stati membri di imporre servizi di interesse economico generale volti a garantire ai consumatori finali l'accesso a una fornitura di energia elettrica a zero emissioni e concorrenziale che rifletta i costi di generazione”. L'attuale struttura del mercato energetico Ue è stata definita dai cinque ministri come “non a prova di futuro”. Di qui la richiesta di nuove regole che avvantaggino i contratti a lungo termine con durata superiore ai 3-4 anni, cioè oltre gli attuali limiti al mercato dei future energetici. Come ultimo punto si invita la Commissione europea a “esplorare un meccanismo volontario di approvvigionamento congiunto e acquisto centralizzato di gas” che, a detta dei cinque governi, “garantirebbe un'ulteriore flessibilità” e rafforzerebbe “la sicurezza dell'approvvigionamento di gas”. Quest'ultimo punto, probabilmente, sarà l'unico che verrà accolto dalla Commissione europea, che in materia di riforma del mercato Ue sembra nettamente sbilanciata verso le posizioni dei frugali. 

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