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Venerdì, 26 Aprile 2024
Coronavirus

Il caso dell'Albania: con l’obbligo vaccinale calano le immunizzazioni contro il Covid

A ottobre, con la nuova misura del governo, il tasso di nuovi vaccinati si è dimezzato. E il Paese resta lontano dagli obiettivi dell'Oms

Cosa succede quando il governo impone l’obbligo vaccinale per il Covid-19? Non sempre il tasso d’immunizzazione si alza, anzi potrebbe addirittura ridursi. È quanto accaduto in Albania, dove le nuove inoculazioni nel mese di ottobre sono crollate del 40% rispetto ad agosto e settembre. Al contrario, l’imposizione governativa ha incontrato molte resistenze, mentre il tasso di vaccinazione nel Paese rimane inferiore al 50%. 

Il crollo delle somministrazioni 

Secondo quanto riportato da Exit news, la scelta di Tirana di rendere obbligatoria la vaccinazione anti-Covid ha sortito l’effetto opposto a quello sperato. La campagna vaccinale in Albania è iniziata lo scorso gennaio, con l’attenzione rivolta prioritariamente ad alcune categorie come gli over-60, i lavoratori sanitari, le forze dell’ordine, i funzionari statali, i giornalisti e gli insegnanti. Durante l’estate, quando è stata aperta la vaccinazione per tutti, sono stati raggiunti picchi di 7500 inoculazioni giornaliere a luglio e addirittura 8800 in agosto e settembre. Ma quando il governo ha imposto l’obbligo vaccinale, le cose hanno iniziato ad andare diversamente: a ottobre, i tassi giornalieri di nuove vaccinazioni si sono dimezzati rispetto ai mesi precedenti. A oggi, gli adulti completamente immunizzati sono solo il 41,3%, mentre il 47% ha ricevuto almeno una dose, secondo fonti nazionali. Ma questo non ha impedito alla ministra della Salute Ogerta Manastirliu di annunciare che entro febbraio sarà superato l’obiettivo, fissato dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), di raggiungere con il vaccino il 70% della popolazione over-16.

Disinformazione e inefficienza

L’obbligo vaccinale ha scatenato proteste nel Paese, mentre il malcontento è stato gonfiato in rete da campagne di disinformazione e fake news. Si ritiene che molte di queste siano state create ad arte da attori “non-occidentali”, i quali avrebbero diffuso sui social network (ma anche in tv e sui media online) materiali che, tra il resto, dipingono il virus come un’arma biologica e criticano il presunto fallimento dell’Ue nella gestione dell’emergenza. I servizi d’intelligence albanesi hanno parlato di “campagne aggressive di disinformazione che hanno pesato sulla risposta e sulla percezione pubblica del vero pericolo della pandemia”.

Secondo la direttrice della campagna vaccinale nazionale, Erida Nelaj, c’è una reticenza diffusa verso il parere della comunità scientifica: “La circolazione di falsi miti è molto pericolosa in questa situazione. A volte le persone ascoltano quello che preferiscono sentire. Oppure sentono qualcosa di sbagliato, ma poi ci si focalizzano e lo fanno diventare una scusa per non vaccinarsi laddove dovrebbero ascoltare la scienza, i tecnici, parlare ai propri dottori di famiglia e ascoltare i loro pareri”. A questo si sono sommate poi le inefficienze nello screening dei casi e nel conteggio dei decessi da parte delle autorità pubbliche, con una sottovalutazione della gravità della situazione che ha comportato una rapida diffusione del contagio nel Paese, come recentemente sostenuto dalla Corte dei conti.

La situazione nei Balcani

Ma non è solo l’Albania ad essere indietro nella campagna vaccinale. Un fenomeno che riguarda soprattutto l'Est Europa. Anche in Romania e Bulgaria i dati sono molto più bassi rispetto alla media Ue, nonostante entrambi i Paesi abbiano dosi di vaccino sufficienti per procedere speditamente con l’immunizzazione. La Bulgaria è il Paese con il più alto tasso di decessi da Covid al mondo, in rapporto alla popolazione, con appena il 22% degli abitanti completamente immunizzati (dati Oms). Quasi un terzo dei medici non ha completato il ciclo vaccinale, mentre alcuni addirittura consigliano ai pazienti affetti da malattie croniche o alle donne in gravidanza di non procedere all’inoculazione.

Anche in Romania la virulenza della pandemia è aumentata da tempo e il sistema sanitario è sotto fortissima pressione, con le terapie intensive tutte occupate. Come in Bulgaria, governo e medici avevano dato la colpa della scarsa partecipazione alla campagna vaccinale alla disinformazione e ad una generale sfiducia nei confronti delle autorità pubbliche. Recentemente c’è stato un incremento delle somministrazioni, dovuta alla paura provocata dall’elevato numero di morti che colloca il Paese al terzo posto a livello globale, dopo Bulgaria e Brasile.

Non va meglio nel resto dei Balcani, dove le vaccinazioni di massa sono generalmente iniziate più tardi rispetto all’Europa occidentale: in Bosnia ed Erzegovina il 20,8% della popolazione è completamente vaccinata, in Montenegro il 34,7%, in Macedonia il 38%, in Kosovo il 40,4%, in Serbia il 43,4%, mentre in Croazia e Slovenia (entrambi membri Ue) il tasso è rispettivamente del 44,3% e 53,4%. Alcuni ritengono che queste dinamiche abbiano una motivazione culturale, legata al passato comunista dei Paesi della regione, che ha lasciato in eredità una profonda sfiducia verso i governi. La media Ue di popolazione vaccinata è del 75%.

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