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Venerdì, 26 Aprile 2024
Lavoro

Punire la Polonia: dieci leader Ue vogliono il blocco dei fondi europei. Merkel e Macron salvano Varsavia

Solo nel 2020 i polacchi hanno incassato 18 miliardi di euro da Bruxelles. L’alleanza franco-tedesca in soccorso di Morawiecki

Almeno un terzo dei leader europei è favorevole a punire la Polonia per non aver rispettato i principi dello Stato di diritto. Ma il governo di Varsavia l’ha fatta franca anche stavolta grazie al soccorso di Germania e Francia. Il tema è finito sul tavolo dei capi di Stato e di governo dell’Ue - riuniti da ieri a Bruxelles per parlare di tutt’altro - su richiesta di Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo. Ai tre Stati del Benelux, governati da altrettanti premier liberali, nella giornata di ieri si è aggiunto il sostegno dei sei leader iscritti al Partito socialista europeo, che in una nota hanno attaccato “i governi di destra” che “non possono ignorare i principi fondanti dell'Unione europea”. 

A stretto giro è arrivato il sostegno alla linea dura anti-Varsavia del premier irlandese, Micheal Martin, che prima di entrare al vertice si è scagliato contro il verdetto polacco che ha dichiarato incostituzionali parti del Trattato Ue definendolo “uno schiaffo in faccia” a quegli Stati membri che sono contributori netti del bilancio europeo. La Polonia è infatti il Paese Ue che nel 2020 ha ricevuto più soldi da Bruxelles, oltre 18 miliardi di euro. Un importo pari al 3,6 per cento del suo Pil nazionale.  

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E l’Italia? Alla vigilia del summit il presidente del Consiglio Mario Draghi ha usato parole dure nei confronti di Varsavia: “Uno non sta in Europa solo perché ha bisogno dell'Europa, ma anche perché condivide gli ideali che sono alla base della costruzione europea”. “C'è un problema di primazia della Corte di giustizia europea rispetto alle Corti costituzionali nazionali”, ha spiegato il premier, che quando era alla guida della Bce ha dovuto resistete agli attacchi della destra tedesca contro la sua politica monetaria, con un contenzioso che è finito davanti alla Corte costituzionale della Germania. Toni che lasciavano presagire un atteggiamento intransigente contro Varsavia. 

Nella giornata di ieri il sottosegretario agli Affari europei Vincenzo Amendola ha però smussato la posizione del governo. “L'Italia sostiene la Commissione europea”, ha detto l’esponente del Pd. “Siamo aperti a un dialogo costruttivo a partire dalla difesa di principi e valori europei”, ha aggiunto. 

A conti fatti, l’Unione europea rischia di spaccarsi a metà. Da una parte, a favore delle sanzioni alla Polonia, ci sono i premier liberali del Benelux e dell’Irlanda assieme ai leader socialisti di Spagna, Portogallo, Malta, Danimarca, Finlandia e Svezia. Proprio dallo svedese Stefan Lofven è arrivato l’attacco più duro: “Ciò che sta accadendo in Polonia non è tollerabile”. “Se vogliamo avere un bilancio comune, deve esserci anche l'opportunità di trattenere tali fondi per i Paesi che non rispettano le regole”, ha aggiunto il premier. Ma a non pensarla come lui sono gli altri leader che, almeno per il momento, hanno evocato la linea del dialogo come strada maestra per evitare i conflitti interni. La più ‘dialogante’ di tutti è Angela Merkel, che vuole evitare ogni tensione che possa spingere la Polonia fuori dall’Unione europea. Sia la cancelliera che il presidente francese Emmanuel Macron hanno incontrato prima del vertice il premier polacco Mateusz Morawiecki, dando a intendere il loro sostegno al leader di Varsavia. Una linea che finora ha prevalso, permettendo non solo alla Polonia, ma anche all’Ungheria, di farla franca nonostante una lunga serie di violazioni dello Stato di diritto e dei valori alla base dell’Unione.

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