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Venerdì, 26 Aprile 2024
Diritti umani / Medioriente / Paesi Bassi

Come hanno fatto i torturatori siriani fedeli ad Assad a ottenere asilo in Olanda?

Nei Paesi Bassi costituiscono il gruppo più numeroso di richiedenti protezione internazionale. L'assenza di scambio di informazioni provoca delle falle nei controlli

Tra i rifugiati siriani in Olanda sarebbero decine le persone in realtà legate al regime di Bashar Al-Assad. Inclusi torturatori. Le misure di controllo, per quanto rigide, non sono state in grado di bloccare l'accesso nei Paesi Bassi di queste persone. Il caso è emerso grazie ad un'indagine condotta da un giornale olandese tra i rifugiati siriani scappati alla guerra civile ancora in corso nel Paese, grazie al contributo di esperti e organizzazioni umanitarie operative in loco.

Aguzzini protetti

I siriani costituiscono attualmente il gruppo più numeroso di richiedenti asilo nei Paesi Bassi. Sarebbero tra 50 e 100 i collaboratori di Assad presenti attualmente in Olanda, secondo l'indagine condotta dal giornale De Trouw in collaborazione con il programma radiofonico Argos. Le stime sono state diffuse da Ugur Üngör, professore presso l'Istituto olandese di studi sulla guerra, l'olocausto e il genocidio (Niod) e docente presso l'Università di Utrecht. Le voci sulle brutalità commesse da questi uomini sono di gravissima portata. Diverse le vittime di tortura che durante le interviste hanno dichiarato di aver riconosciuto in pubblico i loro aguzzini. Si tratterebbe spesso di ex carcerieri che li trattenevano nelle prigioni dei servizi segreti siriani. Come sono riusciti ad entrare in Europa e ottenere persino uno status di protezione internazionale?

Deficit di informazioni

"Questa situazione può significare che le procedure non sono abbastanza attente", ha commentato Jelle van Buuren, esperta di sicurezza presso l'Università di Leida, precisando: "Ma c'è anche un'altra domanda importante: come possono i Paesi Bassi ottenere tutte quelle informazioni che potrebbero dare un'indicazione di ciò che qualcuno ha fatto in Siria?". La docente attribuisce questo errore sia all'urgenza spesso richiesta da queste procedure, sia alla mancanza di capacità dei funzionari di procurarsi determinati dossier. I quotidiani olandesi hanno raccolto le testimonianze di alcuni di questi incontri tra vittime e torturatori, come la storia di Rehab, una donna che nel 2013 era stata imprigionata per cinque mesi in un ramo dei servizi segreti militari siriani a Damasco. Era finita in carcere dopo aver accolto rifugiati, compresi bambini, nella scuola di cui era preside. L'incontro con uno dei suoi aguzzini è avvenuto a Dam Square ad Amsterdam, dove Rehab si è trovata faccia a faccia con una delle guardie. "Stavo facendo un po' di shopping lì e ho guardato i piccioni sulla piazza. A un certo punto vedo un uomo che riconosco subito", ha raccontato la donna a Nieuwsuur . "Un sottufficiale che ho incontrato durante la mia detenzione. Era con una donna. Ho iniziato a tremare. Ero così spaventata e in preda al panico", ha dichiarato la donna.

Stupratore sul treno

René invece era stato arrestato in Siria dopo aver manifestato contro il regime di Assad e a causa del suo attivismo per la comunità Lgbtq. In carcere è stato stuprato da tre delle sue guardie. Un giorno di sette anni fa, mentre si trovava su un treno alla stazione centrale di Amsterdam, sul binario ha riconosciuto un volto. Quello dell'uomo che lo ha torturato e violentato mentre era detenuto in Siria. "Era lì e ho pensato: 'No, non è reale'. Ma ho guardato di nuovo e ho visto che era lui. Conosco la sua faccia. Una faccia che non dimenticherò mai", ha raccontato René. Le vittime non intendono restare passive di fronte alla presenza dei loro torturatori persino nel Paese dove pensavano di trovare un minimo di tranquillità. Molti rifugiati stanno quindi coordinando i loro sforzi per individuare le persone legate al regime siriano, sfruttando la potenza dei social media.

Denunce di crimini di guerra

Al tempo stesso, i veri rifugiati chiedono di migliorare i meccanismi di controllo messa in atto dal governo olandese. "È necessaria una maggiore cooperazione tra il governo olandese e le organizzazioni locali", ha dichiarato al media Nos Mazen Darwish, avvocato e attivista per i diritti umani siriano. Prima di fuggire in Olanda anche lui era stato torturato. Pur raccogliendo da tempo prove e documentazione dei crimini, queste informazioni non sempre raggiungono tutti i Paesi in cui fuggono i siriani. Ogni anno il pubblico ministero e il team della polizia impegnato sui crimini internazionali indagano su venti denunce di sospetti criminali di guerra residenti nei Paesi Bassi. La metà di questi casi riguarda persone provenienti dall'Iraq e dalla Siria. Finora è stato arrestato un sospetto di 34 anni che ha un legame con il regime di Assad, che avrebbe commesso crimini di guerra. C'è poi chi, come Rehab, non denuncia perché i traumi legati alle forse dell'ordine sono troppo profondi. "Ho paura della polizia. Questa è una fobia. Quando vedo un poliziotto, vado nel panico", ha ammesso la donna.

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