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Venerdì, 26 Aprile 2024
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Prigioni clandestine e pestaggi della polizia: per i migranti l'Europa è come la Libia

Siti "neri" in Bulgaria, Croazia e Ungheria per detenere anche richiedenti asilo. E poi i respingimenti in mare sempre più frequenti. Così l'Ue infrange le sue stesse regole

Calci, pugni, torture, umiliazioni, violenze sessuali, detenzioni arbitrarie. Oltre 16mila migranti sarebbero stati pestati e respinti dalla polizia in Europa, dalla Grecia all'Italia, fino in Spagna. Mentre in Bulgaria, Croazia e Ungheria è stata documentata l'esistenza di centri di detenzione clandestini per respingere i richiedenti asilo al di là dei confini Ue. È questa la nuova "normalità" che uomini, donne e bambini che tentano di entrare all'interno dell'Unione europea sono costretti a vivere ai confini del blocco, secondo quanto emerge da due inchieste pubblicate in questi giorni, che puntano il dito contro le "raccapriccianti 'tattiche di dissuasione'" messe in atto dalle autorità dei Paesi dell'Ue, non solo nel silenzio di Bruxelles, ma anche usando fondi europei. 

Le detenzioni arbitrarie

Secondo un'inchiesta condotta dal collettivo di ricerca Lighthouse Reports, in collaborazione con diverse testate europee, in Bulgaria, Croazia e Ungheria esisterebbero vari "siti neri", centri di detenzione clandestini,  in cui rifugiati e migranti vengono trattenuti, prima di essere rimpatriati forzatamente, e viene negato loro il diritto di chiedere asilo. I migranti sono rinchiusi in gabbie, furgoni o container e prima di essere espulsi e subiscono abusi fisici. Durante il periodo di detenzione non hanno accesso ai servizi igienici, all'acqua corrente e non ricevono cibo e bevande. 

L'indagine ha dimostrato che non si tratta di casi isolati, ma di vere e propre macchine di respingimenti, in parte finanziate dall'Ue e gestite sotto gli occhi dei funzionari di Frontex, l'agenzia di frontiera dell'Unione europea. Il collettivo ha scoperto l'ubicazione di una gabbia nel sud della Bulgaria, nella quale i migranti sono sorvegliati dagli agenti di Frontex. La struttura, costruita con barre di ferro e disseminata di rifiuti, è visibile dalla strada. In cinque occasioni, tra il 15 ottobre e il 25 novembre, giornalisti hanno potuto filmarla. Ogni volta, un gruppo di uomini era imprigionato al suo interno.

Tra i documenti raccolti dal collettivo anche un video nel quale un giovane rifugiato siriano viene sparato dalle autorità di frontiera al confine tra Bulgaria e Turchia. Sofia afferma che le sue guardie di frontiera erano presenti sulla scena ma ha negato di aver sparato il proiettile, mentre l'indagine cita un esperto di medicina legale che afferma che le onde sonore del video mostrano che il proiettile è stato sparato direttamente verso i richiedenti asilo e proveniva dalla parte bulgara.

L'Ue ha espresso preoccupazione per il trattamento illegale delle persone che attraversano le frontiere per chiedere asilo, ma questo non le ha impedito di fornire fondi alle autorità di frontiera responsabili: La Bulgaria ha ricevuto 320 milioni di euro negli ultimi anni, la Croazia 163 milioni di euro e l'Ungheria 144 milioni di euro. Seguendo le tracce del denaro il collettivo è stato in grado di collegare i finanziamenti direttamente alla detenzione segreta e ai respingimenti che sono stati documentati.

Le forze di frontiera bulgare hanno utilizzato circa 170mila euro di fondi UE per rinnovare la stazione di polizia di Sredets, dove si trova il capannone simile a una gabbia, nel 2017. Due autobus della polizia di frontiera ungherese, utilizzati per facilitare i respingimenti, sono stati acquistati nel 2017 con 1,8 milioni di euro di fondi Ue. Anche le strade su cui i furgoni croati portano i rifugiati al confine, apparentemente progettate appositamente per facilitare i respingimenti, sono state finanziate dai contribuenti europei.

I respingimenti

Secondo quanto emerso un secondo report, chiamato il "Libro nero dei respingimenti", frutto di un lavoro di oltre 15 organizzazioni, membri e collaboratori del Border Violence Monitoring Network (Bnmn) il ritiro delle Ong dalle zone di confine a causa della pandemia ha portato all'inasprimento dei meccanismi di repressione statale. Negli ultimi due anni, oltre 16mila migranti sono stati pestati e respinti dalle autorità che operano nelle frontiere dell'Unione europea.

Durante l'emergenza sanitaria "nessuno era presente per documentare quello che è diventato un aumento senza precedenti della violenza più brutale contro le persone in movimento lungo le frontiere esterne dell'Ue", si legge nel rapporto. "Conoscendo questa mancanza di testimoni oculari", le guardie di frontiera di 13 Paesi hanno iniziato a mettere in atto "raccapriccianti 'tattiche di dissuasione', come pestaggi prolungati, rasatura della testa, svestizione forzata, aggressioni sessuali, trattamenti medici non consensuali e aggressioni con taser", continua il report.

La violenza, la tortura e l'umiliazione non solo sono aumentate in modo esponenziale, ma si sono anche normalizzate. "L'enorme numero di incidenti orribili non lascia dubbi sulla natura sistematica dei respingimenti. Non si tratta di episodi isolati", ha affermato l'Eurogruppo The Left, finanziatore del rapporto, in una nota.

ll silenzio di Bruxelles

"La nuova edizione del 'Libro nero' mostra chiaramente la violenza che donne, uomini e bambini in movimento alle frontiere esterne e interne dell'Ue subiscono quotidianamente", ha commentato Cornelia Ersnt, europarlamentare tedesca di Die Linke. "La Commissione europea è ancora inattiva, non ha avviato procedure di infrazione contro gli Stati membri che negano il diritto di asilo", ha continuato.

Insieme all'aumento di metodi violenti assimilabili alla tortura, di cui, secondo il rapporto, Grecia e Croazia hanno registrato i dati peggiori, il Bvnm registra minacce e attacchi da parte delle autorità statali contro le Ong. Grecia, Turchia e Croazia sono citati come i paesi che hanno sferrato gli attacchi più duri contro le organizzazioni in difesa dei rifugiati.

Il rapporto fa riferimento ad attacchi “non solo contro i nostri attivisti ma anche contro i loro familiari, che hanno costretto membri e collaboratori del Bvnm a sospendere le loro attività, e hanno portato molti dei nostri dipendenti in posizioni chiave a lasciare il Paese in cui risiedevano”. Queste pratiche hanno ostacolato il lavoro di registrazione e segnalazione degli incidenti e hanno costretto alcuni dei membri più esposti della rete a ritirarsi dalle luci della ribalta.

Il lavoro aggiorna l'edizione 2020 del Libro nero dei respingimenti, offrendo una raccolta totale di 1.633 persone che raccontano di espulsioni illegali che hanno colpito quasi 25mila persone dal 2017. "I respingimenti sono illegali secondo il diritto internazionale, ma le autorità degli Stati membri dell'Ue hanno a lungo ignorato queste violazioni dei diritti umani, contrarie agli obblighi internazionali. Il Libro nero contiene solo le testimonianze registrate dal Bvmn, il numero reale di persone respinte e vittime di violenza alle frontiere è probabilmente molto più alto", si legge nel comunicato stampa dell'organizzazione.

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