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Venerdì, 26 Aprile 2024
La stretta / Israele

I palestinesi sposati con israeliani non avranno più la cittadinanza dello Stato ebraico

La legge era stata messa in pausa per quasi un anno ma ora è entrata di nuovo in vigore. Approvata per la prima volta nel lontano 2003, durante la seconda Intifada

Il governo di Tel Aviv ha ripristinato ieri sera il suo veto sulla riunificazione familiare palestinese approvando una controversa legge che impedisce ai cittadini di Gaza o della Cisgiordania, sposati con israeliani di ottenere la cittadinanza di Israele o anche solo di estendere la propria residenza nel Paese. La legge pone anche il veto all'unificazione tra cittadini o residenti di Israele con coniugi provenienti da Stati "nemici" come Siria, Libano, Iraq o Iran, ha spiegato il Centro legale per i diritti delle minoranze arabe in Israele.

Due partiti della coalizione di governo, l'islamista Raam e la sinistra Meretz, hanno votato contro la legislazione, ma questa è passata con 45 voti a favore e 15 contro, grazie al sostegno di dell'estrema destra che è all'opposizione, in una tesa sessione parlamentare. La legge sulla cittadinanza e l'ingresso in Israele è stata promulgata per la prima volta come misura temporanea nel 2003, al culmine della seconda Intifada (rivolta palestinese). Dalla sua prima adozione nel luglio 2003, e nonostante la fine del conflitto nel 2005, la legge ha continuato a essere costantemente rinnovata fino allo scorso luglio quando la coalizione guidata da Naftali Bennett non ha raccolto i voti necessari perché non avevano il sostegno dei membri di sinistra e arabi della coalizione di governo.

I sostenitori della legge dicono che è necessaria per ragioni di sicurezza, per impedire ai miliziani palestinesi di usare il matrimonio per ottenere accesso e residenza in Israele, mentre i suoi detrattori credono che sia discriminatoria e uno strumento per mantenere una maggioranza demografica ebraica. La legge colpisce decine di migliaia di matrimoni tra palestinesi con cittadinanza o residenza israeliana e quelli provenienti da Gaza o dalla Cisgiordania, poiché la percentuale di matrimoni tra arabi ed ebrei è minima. La legislazione colpisce principalmente la minoranza araba, che rappresenta il 2 per cento della popolazione israeliana di 9,5 milioni e ha stretti legami con i palestinesi in Cisgiordania e Gaza. In questo moto il Paese è sempre più “Stato-Nazione degli ebrei”, come recita la denominazione approvata nel 2018.

In questi ultimi mesi, quando la legge non era in vigore, la ministra dell'Interno Ayelet Shaked, una nazionalista convinta, aveva preso misure per impedire l'unificazione familiare durante i diversi mesi in cui la legge ha languito mentre faceva campagna per il suo rinnovo, riconoscendo inoltre che la legge è in parte volta a preservare la maggioranza ebraica di Israele. Shaked ha twittato che il passaggio della legislazione è stata una vittoria per "uno Stato ebraico e democratico" e una sconfitta per "uno Stato per tutti i suoi cittadini".

Quest'ultima frase è spesso usata dalla minoranza araba di Israele per riferirsi alle loro aspirazioni di uguaglianza. Ayman Odeh, un legislatore arabo, ha ritwittato Shaked, definendola una vittoria per "uno Stato di apartheid".

Numerosi organismi delle Nazioni Unite per i diritti umani hanno esortato Israele "a facilitare l'unificazione familiare per tutti i cittadini o residenti", in quanto il Paese sta violando i suoi stessi obblighi dei trattati internazionali.

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