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Venerdì, 26 Aprile 2024
Tensioni transatlantiche

Midterm, ora l'Europa teme una nuova guerra commerciale con gli Usa

L'avanzata dei repubblicani potrebbe rafforzare le spinte protezionistiche di Washington. Germania e Francia già pronte alla controffensiva. Sullo sfondo Cina, gas e auto elettriche

Le elezioni di midterm negli Usa potrebbero segnare l'inizio di una nuova guerra commerciale sull'asse transatlantico. È quanto teme l'Europa, a prescindere dai risultati definitivi. Perché, anche se i democratici dovessero resistere all'avanzata dei repubblicani, è ormai quasi certo che il presidente Joe Biden dovrà fare i conti con le pressioni della destra. Cosa potrebbe voler dire questo per l'Ue lo si è già visto con l'approssimarsi delle urne: il ritorno a Washington della politica dell'"America first", magari in una versione più edulcorata di quella di Donald Trump. Ma pur sempre rischiosa per l'economia europea.

New America first?

I segnali ci sono tutti: per invertire la perdita di consensi che i sondaggi avevano evidenziato nei mesi scorsi, Biden e i democratici avevano avanzato misure che avevano fatto scattare più di un campanello di allarme in Europa. Il pomo della discordia è l'Inflation reduction act, il maxi piano di investimenti di Washington da 370 miliardi di dollari che prevede sovvenzioni dirette alle aziende statunitensi che operano nel green. E che contiene incentivi a comprare veicoli elettrici solo se made in Usa. 

Per gli Stati Ue si tratta di "misure discriminatorie" in particolare per le case automobilistiche europee. La misura prevede un incentivo fino a 7.500 dollari per chi vuole acquistare una nuova auto elettrica. Per ottenerlo, il consumatore deve comprare un veicolo rigorosamente assemblato in Nord America e contenente una batteria con una certa percentuale di metalli estratti o riciclati negli Stati Uniti, in Canada o in Messico. Di fatto, dall'incentivo sono escluse le auto prodotte in Ue o in Asia. 

"È un problema che preoccupa molti Paesi e aziende, che ho sollevato con i nostri partner statunitensi nelle ultime settimane. Sembrerebbe che molti dei sussidi ecologici previsti dalla legge possano discriminare le industrie dell'Ue nel settore automobilistico, delle energie rinnovabili, delle batterie e ad alta intensità energetica", ha confermato il vice presidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, che ha la delega al Commercio internazionale.

Bruxelles ha cercato in queste settimane di gettare acqua sul fuoco, ricordando il 'nuovo inizio' nei rapporti tra Usa e Ue con la vittoria di Biden nel 2020: l'ascia di guerra (commerciale) era stata seppellita dopo il lungo braccio di ferro dell'era Trump su acciaio, aerei e Green deal. E la guerra in Ucraina aveva portato a consolidare un filo diretto tra la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e la Casa bianca: il risultato più evidente era stato l'accordo sul gas, con gli Usa che si sono impegnati a riversare il loro gnl in Europa per far fronte ai minori rifornimenti dalla Russia.

La questione del gas

L'impegno è stato mantenuto: dalle riserve statunitensi sono arrivati in meno di un anno più del doppio dei carichi di gnl consegnati in tutto il 2021. Ma dietro questa 'generosità', non sono mancati i mal di pancia: a detta di esponenti di spicco di Francia e Germania, compreso il cancelliere tedesco Olaf Scholz, la solidarietà Usa è stata concessa a caro prezzo: le compagnie energetiche a stelle e strisce stanno realizzando profitti enormi, sfruttando la possibilità di imporre prezzi anche dieci volte più alti di quelli registrati nel 2021. Dopo aver tenuto sotto traccia i malumori, Berlino e Parigi hanno bacchettato pubblicamente Washington anche sul gas, chiedendo di fatto di ridurre i prezzi del loro gnl.

Le dichiarazioni a mezzo stampa sono arrivate in contemporanea con l'Inflation reduction act, il che non è certo un caso. Se Bruxelles continua a mostrarsi attendista prima di accusare gli Usa di protezionismo, Francia e Germania non sembrano voler reagire con la stessa diplomazia. Parigi ha già sventolato lo spettro di una denuncia in sede Wto, ossia l'Organizzazione mondiale per il commercio dove per anni, in particolare durante l'era Trump, a tenere banco c'è stata la disputa tra i colossi areonautici Boeing e Airbus. 

Torna il Ttip?

Berlino ha proposto invece di rilanciare i colloqui sul Ttip, il trattato di libero scambio tra Usa e Ue che si è arenato per le resistenze interne al Vecchio Continente. La posizione della Germania, all'apparenza, sembra meno belligerante, ma in realtà, fa notare Politico, rilanciando i colloqui sul Ttip il rischio è di aprire una sorta di vaso di Pandora dal quale emergerebbero tutte le vecchie frizioni transatlantiche che hanno bloccato il Trattato. In altre parole si rischierebbe di aggiungere benzina al fuoco, anziché ridurre le fiamme.

È quanto teme la Commissione europea, che ha infatti preferito creare un formato più flessibile per affrontare i rapporti commerciali con gli Stati Uniti, il Consiglio per il commercio e la tecnologia, affidato al capo di gabinetto di von der Leyen. Cosa succederà adesso è difficile da prevedere. C'è la guerra in Ucraina ancora in corso e la necessità per l'Europa di consolidare l'approvvigionamento di gas naturale liquefatto da partner affidabili e, si spera, a costi più bassi. C'è la Cina, il nemico numero uno per i repubblicani filo-Trump, ma con cui la Germania non intende recidere il cordone. E in tutto questo c'è il futuro dell'Occidente alla prova della transizione ecologica. Servirebbe stabilità politica, in Europa come negli Usa. Ma il voto di midterm sembra portare in altra direzione.

Alla fine il vero sconfitto delle elezioni Usa è stato Trump 

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