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Venerdì, 26 Aprile 2024
Il caso / Ucraina

"Temiamo Dio più della guerra": migliaia di ebrei ultraortodossi in pellegrinaggio in Ucraina

Gli appelli di Kiev e Tel Aviv non sono bastati a fermare le orde di fedeli: "Anche in Israele c'è un conflitto"

Non li ha fermati la Guerra fredda, né gli scontri con la popolazione locale degli ultimi anni. Del resto, temono Dio più delle bombe. Con questo spirito, migliaia di ebrei si stanno recando anche quest'anno in pellegrinaggio a Uman, cittadina a sud di Kiev dove giace il rabbino Nahman, uno dei fondatori del chassidismo, movimento ultraortodosso diffuso in tutto il mondo. Nonostante gli appelli della autorità ucraine e israeliane, almeno 15mila persone sono attese in Ucraina per visitare la tomba del rabbino nei giorni del Rosh Hashanah, uno dei capodanni ebraici, a fine settembre.  

"Anche in Israele c'è una guerra. Temo più Gerusalemme che Kherson. E l'autorità che ascolto non è la loro, ma quella del mio rabbino”, racconta al quotidiano spagnolo El Paìs Shalev Levi, un trentenne che dice di appartenere a Breslev, il movimento chassidico fondato nel XVIII secolo dal rabbino sepolto a Uman. "Per la maggior parte delle persone che non vanno quest'anno, è più per il viaggio che per la guerra", spiega Levi. Che aggiunge: "È un volo di tre ore (verso la Romania, ndr), poi tre ore di autobus fino al confine e altre tre ore fino a Uman. Parto subito perché non voglio rischiare che cancellino i voli. E più rimando, più mi costerà, e non posso permettermelo. Mia moglie rimarrrà a casa per occuparsi dei nostri cinque figli”.

Nei giorni scorsi, sia il primo ministro israeliano Yair Lapid che il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky hanno chiesto ai fedeli di non recarsi sul posto "in considerazione del rischio mortale che comporta l'ingresso in questa zona di combattimento". L’appello è stato rilanciato anche dal ministero degli Esteri israeliano che ha diramato un avviso ricordando che negli ultimi giorni "sono stati lanciati dei missili nella zona di Uman, uccidendo un civile e ferendone diversi altri". Anche l'ambasciatore ucraino a Tel Aviv, Yevgen Korniychuk, aveva ricordato su Facebook che Kiev vieta l'accesso a "turisti e visitatori" e "non può garantire la sicurezza" dei pellegrini. "Immaginate che ci sia una folla di 50mila persone, o anche di più, che prega a Uman e che la Russia decida di lanciare dei missili. Non si può garantire che questo non accadrà, quando ci sono stati attentati a centri commerciali, asili e scuole”, ha scritto il diplomatico. 

Korniychuk  ha tentato di entrare in contatto con i chassidisti, lanciando appelli sulla stampa ultraortodossa, gli unici media seguiti dai membri di questo movimento, reso famoso dalla serie tv di Netflix, Unorthodox. "Non ho tempo di guardare il telegiornale”, spiega a El Paìs Daniel Cohen, uno dei pellegrini intervistati dal quotidiano spagnolo. “Ho cose più importanti di cui preoccuparmi", dice mentre si prepara a fare il check-in di quattro enormi sacchi di piatti e posate usa e getta per un gruppo di 120 pellegrini all'aeroporto di Tel Aviv.

Il suo discorso è caratterizzato da due idee principali. Il primo è che Israele è un Paese molto piccolo, mentre l'Ucraina è così grande che la guerra, che si svolge principalmente nel sud e nell'est del Paese, è appena percepita a Uman: "Qui c'è stato un attacco ad Ashkelon. Hai sentito qualcosa a Gerusalemme? Ebbene, la distanza tra Uman e l'attentato è molto più grande di quella tra Ashkelon e Gerusalemme" (circa 60 km), afferma, riferendosi alla città costiera israeliana attaccata dai razzi provenienti dalla Striscia di Gaza durante i tre giorni di scontri tra Israele e la jihad islamica il mese scorso, che hanno causato la morte di 44 palestinesi.

La seconda, più spirituale, è che "non è un atto che si può spiegare a parole, è un sentimento". "Non è una questione di coraggio, ma di fede", aggiunge. Cohen è un hozer bitchuva, un nome dato agli ebrei laici che abbracciano la religiosità. È quello che ha fatto due anni fa, quando aveva 23 anni. "Ero una persona molto violenta. Ero nell'esercito, ero laico, ho avuto molti problemi con la polizia, sono stato arrestato molte volte”. La fede lo ha cambiato.

Iniziato nel lontano 1811, il pellegrinaggio a Uman non si è mai arrestato nei secoli. Durante il periodo sovietico, i fedeli hanno sfidato il divieto imposto dalle autorità, e molti di loro sono stati arrestati e mandati in Siberia. Durante la Guerra fredda, Israele e Usa riuscirono a raggiungere un accordo con Mosca per consentire ai loro cittadini di visitare la tomba del rabbino. Il vero boom di pellegrini è cominicato dopo gli anni '90, quando si sono raggiunti anche picchi di 40mila fedeli a Uman. Per la cittadina ucraina, il pellegrinaggio è diventato la principale fonte di afflusso turistico, ma questo non ha evitato problemi di ordine pubblico. Negli anni si sono registrati scontri, anche duri, tra gruppi di locali e fedeli. I media ucraini hanno accusato i pellegrini di fare abuso di alcol e droghe, e di violenze gratuite. Nel 2010, un fedele è stato accoltellato e ucciso. Tel Aviv ha deciso da allora di inviare dei suoi poliziotti per vigilare sui pellegrini, aprendo un consolato provvisorio.

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