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Domenica, 28 Aprile 2024
L'allerta / Svezia

Perché dietro l'attentato di Bruxelles c'è l'ombra dell'Iran

Nei suoi video, il presunto autore del duplice omicidio ha spiegato di aver voluto prendere di mira gli svedesi e cita i roghi del Corano

Lo scorso agosto, la Svezia aveva innalzato l'allerta, spiegando che il Paese e i suoi cittadini erano diventati un obiettivo delle organizzazioni terroristiche islamiche dopo che una serie di attivisti anti-immigrazione aveva dato fuoco al Corano. La guida suprema iraniana, l'ayatollah Ali Khamenei, aveva esortato a punire severamente i responsabili e ha affermato che la Svezia è in modalità di scontro contro il mondo musulmano. "Sappiamo che Hezbollah, al Shabaab e al Qaeda hanno invitato i loro sostenitori a compiere atti contro la Svezia", aveva dichiarato il capo dell'intelligence, Charlotte von Essen. Due mesi dopo, l'allerta si è purtroppo dimostrata reale: l'uomo che ieri a Bruxelles ha sparato a colpi di kalashnikov a un gruppo di tifosi svedesi, uccidendone due, avrebbe spiegato in una serie di video di aver voluto prendere di mira proprio i cittadini del Paese scandinavo. 

L'attentato di Bruxelles

"il libro di Allah è una linea rossa per la quale ci si sacrifica", avrebbe detto l'uomo, che dice di chiamarsi Abdesalem Al Guilani, in questo video, secondo quanto riportato dal procuratore belga Frédéric Van Leeuw. Un probabile riferimento ai testi del Corano bruciati in Svezia. Il Paese scandinavo non è l'unico dove negli ultimi mesi si sono svolte questo tipo di manifestazioni (anche in Danimarca sono avvenute proteste simili), ma è su Stoccolma che si sono concentrate le crescenti campagne di odio orchestrate in Iran, come in Iraq, fino in Turchia. 

Il sospetto degli esperti è che dietro i roghi vi sia di più di una semplice protesta anti-immigrazione. Il caso di Salwan Momika è illuminante in tal senso: l'uomo è un rifugiato iracheno di religione cristiana che, bruciando le pagine del libro sacro dell'Islam, dice di voler denunciare le atrocità commesse nel suo Paese nel nome di questa religione. Lo ha fatto a fine giugno, davanti la principale moschea di Stoccolma. Dopo il suo gesto, centinaia di persone hanno assaltato la sede dell'ambasciata svedese a Baghdad al richiamo del leader sciita iracheno. Proteste anche in altri Paesi dal Medio Oriente all'Asia, passando per il Maghreb. Il leader turco Recep Erdogan ha usato l'episodio per alzare la posta nei difficili negoziati per l'adesione della Svezia nella Nato, appesa proprio al via libera di Ankara. 

Secondo Elisabeth Braw, editorialista di Foreign policy, Erdogan non è l'unico leader del mondo islamico che sta cercando di ottenere guadagni politici dai roghi del Corano in Europa. Il capo supremo dell'Iran, l'Ayatollah Ali Khamenei, sta alzando la voce contro i roghi in Svezia per "distogliere l'attenzione" dalle proteste in corso nel suo Paese a sostegno dei diritti delle donne. "Il governo svedese dovrebbe sapere che sostenere i criminali contro il mondo dell'Islam equivale a schierarsi in battaglia per la guerra", ha dichiarato Khamenei qualche giorno. Anche in Iraq, il Paese da cui proviene Momika, l'autore del rogo di Stoccolma che ha scatenato le proteste, il governo sta usando tali episodi per riconquistare i consensi che sta perdendo per via dell'inflazione galoppante. 

Chi è Momika

Fattori che non sembrano preoccupare Momika, il quale ha rilanciato le sue azioni bruciando in queste ore una copia del Corno davanti al Parlamento svedese. Ma chi è Momika? Fino a giugno si sapeva molto poco di lui: arrivato in Svezia nel 2018 e aveva presentato domanda di asilo. Un'inchiesta di France24 ha però svelato che Momika non è un richiedente asilo qualsiasi: in Iraq apparteneva a una milizia cristiana all'interno delle Brigate dell'Imam Ali, un'organizzazione militante legata all'Iran. In un video scovato da France24, Momika si autodefinisce il capo di questa milizia. Stando sempre all'inchiesta della tv francese, l'uomo aveva lasciato l'Iraq non perché perseguitato da fondamentalisti islamici, ma per via di una lotta di potere con un'altra milizia cristiana. "Quali che siano le motivazioni di Momika, le sue provocazioni in Svezia stanno dando ai regimi in Iran e in Iraq un'opportunità unica per reindirizzare la frustrazione dei cittadini lontano da se stessi", scrive Braw. 

La disinformazione russa

Infine, c'è la Russia. I roghi, come dicevamo, stanno complicando il cammino di Stoccolma verso la Nato, vista come una forma di protezione da eventuali ritorsioni russe nell'ambito della guerra in Ucraina. I leader svedesi hanno ribadito che sono contrari alle offese verso l'Islam, come ad altre religioni. E che le manifestazioni di chi brucia il Corano sono autorizzate non per il loro contenuto specifico, ma perché lo prevedono le leggi sulla libertà di espressione sancite dalla Costituzione. Ma online circolano articoli che spesso riportano titoli in cui la Svezia sembra voler incentivare i roghi.

L'intelligence svedese ha documentato circa 1 milione di articoli pubblicati sulla Svezia e sui roghi del Corano, un numero straordinario. "Questi atti sono spesso riportati in modo del tutto impreciso, con l'obiettivo di danneggiare la Svezia e gli interessi svedesi e talvolta con l'invito diretto a farlo", ha osservato il ministro Carl-Oskar Bohlin in una conferenza stampa il 26 luglio. "Gli attori sostenuti dalla Russia stanno attivamente amplificando dichiarazioni errate secondo cui lo stato svedese è dietro la profanazione dei libri sacri", ha spiegato Bohlin nella conferenza stampa, aggiungendo che le accuse "sono mosse con l'obiettivo di causare divisione e indebolire la posizione internazionale della Svezia".

Attentato a Bruxelles: cosa sappiamo finora

Proprio giovedì scorso, un tribunale svedese ha condannato un uomo di 27 anni per incitamento all'odio dopo che questi aveva bruciato un Corano davanti a una chiesa. La condanna non è legata al rogo in sé, ma agli insulti rivolti ai musulmani. La condanna sembrava poter gettare acqua sul fuoco delle tensioni intorno a Stoccolma. Ma purtroppo, l'attentato di Bruxelles ha dimostrato il contrario. 

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