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Venerdì, 26 Aprile 2024
Lavoro

L'Ungheria minaccia di bloccare il Recovery fund (e i 209 miliardi per l'Italia)

Il Parlamento di Budapest, guidato dal partito del premier Orban, ha annunciato l'intenzione di non ratificare l'accordo sul piano Ue anticrisi, mossa che di fatto farebbe slittare l'erogazione dei fondi. Il motivo? Nel testo d'intesa si apre la porta a sanzioni nei confronti di chi viole lo Stato di diritto

Potrebbe essere una clamorosa bocciatura di quello che il loro leader Viktor Orban aveva salutato come un successo per il Paese. O più verosimilmente una mossa negoziale studiata a tavolino per prevenire fughe in avanti dei difensori dello Stato di diritto. Fatto sta che, a prescindere dalle ragioni, il Parlamento ungherese ha minacciato di far saltare l'accordo sul Recovery fund raggiunto lo scorso luglio dai 27 Paesi Ue per rilanciare l'economia e contrastare la crisi del Covid-19. Già, perché l'intesa di Bruxelles dovrà essere ora ratificata dai singoli parlamenti nazionali, compreso quello di Budapest.

Stando a quanto ricostruito da Politico, la 'minaccia' ungherese è arrivata nel corso dei negoziati tra le istituzioni Ue sul prossimo bilancio pluriennale europeo. Bilancio Ue e Recovery fund, per quanto siano stati concordati dai leader europei nel summit di luglio, devono ricevere entrambi un via libera formale. Il Recovery fund da 750 miliardi (di cui 209 all'Italia) dovrà passare dal voto dei parlamenti nazionali, come dicevamo. Il prossimo passo del bilancio 2021-2027, invece, sarà la ratifica dal Parlamento europeo.

Prima del voto finale, sono in corso i negoziati con il Consiglio, che rappresenta gli Stati membri e che è guidato fino a dicembre dalla Germania. Ed è stato proprio il governo tedesco, sempre secondo Politico, a informare i rappresentanti dell'Eurocamera del 'problemino' con Budapest. Il motivo per cui il Parlamento ungherese si sta opponendo al piano di rilancio dell'economia europea non riguarda direttamente il Recovery fund, ma il passaggio dell'accordo sul bilancio pluriennale in cui si parla di un legame tra erogazione dei fondi Ue e rispetto dello Stato di diritto. Legame che potrebbe portare a sanzioni nei confronti di chi viola i principi fondamentali dell'Ue.  

E' chiaro a tutti che questo passaggio è stato studiato per richiamare all'ordine Paesi membri come l'Ungheria e la Polonia, già condannati dalla Corte Ue per alcune riforme su giustizia, migranti e libertà di informazione. Ma è anche vero che tale previsioni, per ora, è molto vaga, tant'è che all'indomani del summit di luglio, Orban aveva salutato l'intesa come un successo, sostenendo di aver evitato il rischio di sanzioni contro Budapest. L'Eurocamera, però, ha annunciato di voler chiarire meglio il passaggio e ottenere un meccanismo ben preciso che leghi fondi Ue, di cui i governi di Budapest e Varsavia sono tra i massimi beneficiari, e Stato di diritto. 

La risposta dell'Ungheria è arrivata attraverso il Parlamento nazionale, per l'appunto, che non potendo intervenire in questo momento sul bilancio pluriennale, ha pensato bene di minacciare il veto sul Recovery fund. Ben sapendo di toccare un tasto dolente per Paesi che hanno un grande peso numerico all'Eurocamera, ossia Italia, Spagna e Francia. Nessuno a Bruxelles pensa che Budapest possa mandare a monte l'accordo sul fondo di ripresa, ma il rischio che possa rallentarne l'iter è dietro l'angolo. Del resto, non è la prima volta che un governo nazionale (anzi, per la precisione, regionale) blocchi un'intesa tra i leader Ue: è già successo con il Ceta, il patto di libero scambio tra Canada ed Europa, rinviato a causa del 'no' della Vallonia belga. 

Secondo Politico, l'obiettivo del Parlamento ungherese è di evitare non solo che venga definito un meccanismo chiaro di sanzioni, ma anche che resti l'attuale definizione vaga raggiunta dai leader Ue. Budapest, infatti, teme che termini poco trasparenti possano venire interpretati in chiave anti-ungherese (o meglio anti-Orban) da parte della Commissione europea, cui è affidata l'erogazione dei fondi comunitari (e il potere di bloccarli). Ecco perché Fidesz vuole un testo che eviti chiaramente legami tra fondi e Stato di diritto. 

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