rotate-mobile
Venerdì, 26 Aprile 2024
Lavoro

Lo stipendio non basta: 1 lavoratore su 10 è a rischio povertà

Succede nell'Unione europea. E l'Italia è tra gli Stati membri con le percentuali maggiori. Sotto accusa i contratti a tempo determinato e, per il nostro Paese, un welfare che non aiuta a sufficienza

Circa 12% dei lavoratori italiani è a rischio povertà. Per dirla altrimenti, oltre 1 occupato su 10 non riesce ad arrivare a fine mese nonostante riceva regolarmente un salario. Succede da noi, ma succede anche nel resto dell'Unione europea, dove la media del 2018 è stata del 9,5%. In deciso aumento rispetto al 2010, quando era del 8,3%. Colpa dei salari bassi, certamente, ma ci sono anche altri fattori. Nel caso italiano, pesa la mancanza di un welfare adeguato a sostenere i redditi più bassi, soprattutto di chi ha un contratto a tempo determinato. E' quanto emerge dal Rapporto congiunto sul lavoro pubblicato dalla Commissione europea

Un rapporto che vede l'Italia svettare, in negativo, nella classifica delle criticità legate al mercato del lavoro: Bruxelles ne ravvede almeno 8, dall'alto numero di Neet (giovani che non lavorano né studiano) al grande divario nei salari tra uomini e donne. Nessun altro Paese Ue ne ha cosi' tante. Di queste criticità, quella che colpisce di più è senza dubbio l'elevata quota di lavoratori a rischio povertà. 

Come dicevamo, il problema riguarda un po' tutta l'Ue e colpisce anche gli Stati più ricchi: la Romania ha la percentuale più alta (15,3%) seguita da Lussemburgo, Spagna, Italia, Regno Unito e Grecia, tutti sopra l'11%. All'altra estremità della graduatoria, al 4%, si trovano Finlandia e Repubblica Ceca. Il rischio di povertà sul lavoro è fortemente associato al tipo di contratto: nel 2018 il 16,2% dei dipendenti con contratto temporaneo era a rischio di povertà, contro il 6,1% di quelli con contratto a tempo indeterminato.

La precarietà è particolarmente evidente in Italia, dove la quota di contratti temporanei è ben al di sopra della media Ue. Ma quel che è peggio è che solo il 15% di questi contratti si trasforma a tempo determinato in meno di 3 anni. Succede anche altrove di restare imbrigliati a lungo nella precarietà. Con la differenza, pero', che in altri Paesi Ue c'è un welfare che riesce a controbilanciarne gli effetti negativi. 

Dei lavoratori a rischio povertà in Italia, infatti, solo il 44,2%, meno della metà, riesce a intercettare almeno una forma di benefit sociale, sia esso un sostegno al reddito o un'agevolazione. Siamo di gran lunga quelli con la situazione peggiore in tutta l'Ue, dove la media è del 65,9%. Se poi si guarda alla Danimarca, il confronto è impietoso: qui il 97,8% dei lavoratori 'poveri' riceve un aiuto. 

Qui, pero', va aperta una piccola parentesi: i dati della Commissione, infatti, sono quelli dell'Ocse sui redditi 2017. Nel computo, dunque, non compare ancora il reddito di cittadinanza, entrato in vigore nel 2019. E che potrebbe migliorare anche un altro dato, quello sui disoccupati di breve durata che nel 2018, godevano di un sostegno pubblico: in Italia erano appena il 15%, una percentuale raddoppiata rispetto a dieci anni prima. In Germania, la quota sfiora il 60%.

Si parla di

In Evidenza

Potrebbe interessarti

Lo stipendio non basta: 1 lavoratore su 10 è a rischio povertà

Today è in caricamento