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Venerdì, 26 Aprile 2024
Lavoro

Gas, con la Grosse Koalition torna il filo diretto tra la Germania e la Russia (con buona pace dell'Ue e di Trump)

Il raddoppio del gasdotto torna in auge, nonostante l'opposizione di Usa, Ucraina e Polonia. Dietro l'operazione, l'ex cancelliere socialdemocratico Schroeder, legato a doppio filo con la lobby del fossile di Mosca. E il cui partito è pronto a una nuova alleanza di governo con Angela Merkel  

Il 2018 potrebbe essere l'anno del ritorno in auge della rotta russa del gas. Per la precisione, quella del Nord Stream, il gasdotto che dal 2011 trasporta il prezioso combustibile fossile dai giacimenti della Russia alla Germania attraverso il mar Baltico. Al fianco del primo tracciato, doveva sorgere un secondo “binario”. Ma il progetto, dal valore di 10 miliardi di euro e sostenuto con forza da Mosca e dal suo braccio operativo energetico Gazprom, si è arenato dinanzi allo scoppio della crisi ucraina e ai giochi di potere interni della politica tedesca. Coinvolgendo anche i sempre più fragili equilibri tra i paesi membri dell'Unione europea. Una matassa di interessi trasversali, veti e controveti che sembrava aver mandato all'aria per sempre il piano del raddoppio del gasdotto. Ma le trattative per formare il nuovo governo di Angela Merkel potrebbero aver riaperto i giochi. 

Il fattore "Grosse Koalition" e il ruolo di Schroeder

Già, perché qualora a Berlino dovesse tornare la Grosse Koalition tra i cristiano-democratici e i socialdemocratici del Spd, in molti sono pronti a scommettere sulla realizzazione del Nord Stream 2. Il motivo è che tra i maggiori sponsor di questa infrastruttura ci sono l'attuale presidente Frank-Walter Steinmeier e l'attuale ministro degli Esteri Sigmar Gabriel, entrambi del Spd ed entrambi molto vicini all'ex cancelliere Gerhard Schroeder. Fu proprio Schroeder, da sempre in ottimi rapporti con Vladimir Putin, a spingere con forza per la costruzione del primo gasdotto. E dopo aver lasciato la cancelleria tedesca ad Angela Merkel, è stato sempre Schroeder a seguire gli sviluppi del progetto grazie alla nomina a membro del comitato Nord Stream. Oggi, l'ex politico socialdemocratico continua a promuovere il raddoppio del gasdotto, dedicandosi anche al fresco incarico di direttore indipendente del board di Rosneft, la più importante impresa petrolifera russa, che punta a diventare anche un gigante del gas. Una serie di incarichi che in Germania hanno fatto gridare al conflitto di interessi tra la Russia di Putin e un pezzo importante dei socialdemocratici.

Il fronte del no al gasdotto

Polemiche che hanno avuto eco anche al di fuori dei confini tedeschi. Del resto, il fronte degli oppositori del Nord Stream 2 è vasto. Innanzitutto, se il progetto dovesse andare in porto, l'80 per cento del gas russo passerebbe dal filo diretto Russia-Germania e oltre il 40 per cento dei consumi di gas in tutta l'Ue sarebbero legati ai giacimenti russi. Senza dimenticare che la Germania diventerebbe il principale centro per il transito, lo stoccaggio e la distribuzione del gas russo nell’Ue. In altre parole, si creerebbe una sorta di oliopolio russo-tedesco che rischierebbe di far saltare delicatissimi equilibri geopolitici.

C'è la questione ucraina, per esempio: oggi, l'Ucraina è l'altra via di transito del gas russo verso l'Europa occidentale. I contratti in vigore scadranno nel 2019 e il Nord Stream 2 renderebbe tale via superflua per gli interessi di Mosca. In questo modo, Kiev avrebbe una pedina in meno da giocare nel suo braccio di ferro con la Russia.  

Per ragioni simili, anche la Polonia si oppone al progetto: "Riteniamo che il Nord Stream 2 sia altamente dannoso e minacci la sicurezza dell'Europa centrale. È un progetto che potrebbe anche essere fatale per l'Ucraina, paese nostro vicino", ha detto in questi giorni il primo ministro polacco, Mateusz Moraviecki. Altro paese Ue contrario è la Danimarca, che ha di recente approvato una legge volta a impedire la posa dei tubi nelle sue acque territoriali. 

Nel novero degli oppositori al Nord Stream 2 non possono mancare gli Stati Uniti di Donald Trump, che stanno valutando sanzioni mirate contro i partner di Gazprom, ossia le tedesche Uniper (Eon) e Wintershall (Basf), l’austriaca Omw, l’anglo-olandese Shell e la francese Engie (ex Gdf-Suez). Soprattutto Shell e Omw avrebbero molto da perdere da eventuali sanzioni Usa.  

L'imbarazzo di Bruxelles

Dinanzi a questo quadro, la Commissione europea è più che imbarazzata: dopo aver lavorato negli ultimi anni per ritagliarsi un ruolo centrale nelle trattative con i paesi terzi per il futuro energetico dell'Unione, tanto da invitare paesi come l'Italia a emanciparsi proprio dai rifornimenti di Mosca, con il Nord Stream 2 Bruxelles si vedrebbe costretta a fare un passo indietro nella sua politica di rafforzamento dell'unione energetica, che non a caso è guidata dal commissario tedesco Oettinger. 

Per fermare questo progetto, la Commissione Ue potrebbe far leva sulle regole antritrust, lamentando la posizione dominante che Gazprom avrebbe con il secondo gasdotto nel mercato Ue. Ma a Mosca sembrano già avere una soluzione in merito: a pompare gas nella seconda linea del Nord Stream non sarebbe Gazprom, ma la Rosneft guidata dall'ex cancelliere Schroeder.   

Insomma, nonostante il vasto fronte di oppositori, il progetto sembra avere le carte in regola per andare avanti. Del resto, i tubi per il nuovo gasdotto sono già in produzione in Germania, dalle parti della Rhur. E il 12 dicembre scorso l’autorità mineraria di Straslund, sul Baltico, ha rilasciato una prima autorizzazione per la costruzione del Nord Stream 2. Il tutto, nell'atteda che a Berlino torni la Grosse Koalition. 
 

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