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Venerdì, 26 Aprile 2024
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La Corte Ue 'boccia' i biologi italiani: "Non possono dirigere i centri di trasfusione sanguigna"

Secondo i giudici di Lussemburgo, la legge del nostro Paese che assegna ai soli medici la responsabilità di queste strutture non viola il diritto europeo. Ma ricorda: "Spetta al giudice nazionale" verificare se la normativa non sia "discriminatoria"

I biologi italiani non potranno contare sul sostegno dei giudici europei nella loro battaglia per cambiare la legge nazionale che assegna ai soli laureati in Medicina la possibilità di dirigere un centro di trasfusione sanguigna. La Corte Ue ha infatti chiarito che la normativa italiana non viola il diritto europeo. E che se essa rappresenta una forma di discriminazione, questa va verificata dal giudice nazionale, e non da quello comunitario.

Il chiarimento della Corte di Lussemburgo è arrivato in seguito alla domanda pregiudiziale presentata dalla nostre Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi su una controversia tra l'Ordine nazionale dei biologi e tre laureati in biologia, da un lato, e la Presidenza del Consiglio dei ministri, dall’altro. Oggetto del contendere è per l'appunto la legge in base alla quale possono essere designati come responsabili di un centro di trasfusione sanguigna solo i titolari di una laurea in Medicina e chirurgia e non, invece, i laureati in biologia.

"Con l’odierna sentenza - si legge in una nota - la Corte di giustizia stabilisce che il diritto dell’Unione, e in particolare la direttiva 2002/98 sulla raccolta del sangue umano, non osta, in linea di principio, a che una normativa nazionale preveda il possesso di una laurea in Medicina e chirurgia come requisito indispensabile per divenire responsabile di un centro di trasfusione sanguigna. Certo, la legislazione nazionale deve rispettare il diritto dell’Unione e quindi, innanzitutto, essere adeguata al raggiungimento degli obiettivi posti dalla direttiva, proporzionata agli interessi in gioco e non discriminatoria", aggiunge la Corte. Ma "spetta al giudice nazionale" verificare che non vi sia discriminazione. 

Inoltre, la Corte chiarisce "che, in base al tenore letterale della direttiva, anche i laureati in Biologia potrebbero assumere la responsabilità di un centro trasfusionale". Il problema per i biologi italiani è che, sempre in base al diritto Ue, "gli Stati membri, al fine di tutelare la salute, possono adottare normative più rigorose rispetto agli standard indicati nella direttiva. Orbene, quella di cui trattasi è, appunto, una normativa nazionale più rigorosa che, peraltro, non appare inadeguata rispetto all’obbiettivo di protezione della salute".

La Corte rileva, infine, "che le qualificazioni previste nella direttiva mirano ad assicurare che il responsabile di un centro trasfusionale abbia le competenze teoriche e pratiche sufficienti ad esercitare le funzioni affidategli. A questo proposito, la Corte sottolinea che, secondo il governo italiano, in Italia, i centri trasfusionali costituiscono dei servizi integrati al sistema sanitario nazionale a cui sono anche attribuiti compiti diagnostici e compiti di natura strettamente medica. Ciò – se sarà accertato dal giudice rimettente – costituirebbe un argomento a favore della natura proporzionata e non discriminatoria della scelta legislativa di cui si discute", conclude..

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