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Sabato, 27 Aprile 2024
Il summit

Il baciamano di Orban a Meloni, ma al vertice Ue la destra si spacca sui migranti

Polonia e Ungheria bloccano l'accordo sulla riforma di Dublino siglata invece da Roma. Il premier polacco: "Non prenderemo richiedenti asilo, guardate che succede in Italia"

Sembrava un summit interlocutorio, destinato a finire persino in anticipo rispetto al classico programma di due giorni. Ma proprio quando i lavori sembravano arrivare a conclusione, Polonia e Ungheria hanno deciso di mettere da parte le loro divisioni sull'Ucraina, e di fare un fronte unico per bloccare la riforma delle regole Ue sui migranti sul tavolo del vertice di Bruxelles. Un ostruzionismo, quello di Varsavia e Budapest, che era nell'aria. E che dimostra come sul tema la destra europea riesca a trarre giovamento nei consensi in patria, ma abbia difficoltà ad avere una linea comune in Europa.

La riforma di Dublino

La riforma, il cosiddetto Patto Ue su migranti e asilo che dovrebbe sostituire il regolamento di Dublino, prevede tra le altre cose un meccanismo di solidarietà obbligatoria: se un Paese europeo si trova ad affrontare un afflusso straordinario di migranti, scatta il ricollocamento dei richiedenti asilo negli altri Stati membri. Chi si rifiuta di accogliere la propria quota, stando alla riforma, dovrà pagare una sorta di penale. Il meccanismo è stato approvato lo scorso 9 giugno dai ministri degli Interni nel corso di un vertice in Lussemburgo, sbloccando di fatto lo stallo sulla riforma. Su 27 presenti, in 25 hanno dato il loro ok, tra cui l'Italia. Contro, per l'appunto, Polonia e Ungheria, ossia due governi politicamente molto vicini a Meloni. 

Se il leader ungherese Viktor Orban ha a più riprese sottolineato la sua amicizia con la premier italiana (e nel corso del vertice Ue, il capo del governo polacco, Mateusz Morawiecki, è l'alleato principale di Meloni all'interno dell'Ecr, il partito dei conservatori europei che sta conquistando sempre più potere in giro nell'Ue. Oltre che in Italia e Polonia, i membri dell'Ecr sono al potere in Repubblica ceca e in Svezia. Mentre a Bruxelles i rapporti tra i conservatori e i popolari del Ppe (il principale partito europeo, nonché asse portante moderato del centrodestra) sono sempre più stretti (in particolare quando si tratta di mettere il freno alle politiche ambientali). Sui migranti, però, la spaccatura tra Varsavia e Budapest da un lato, e il resto della destra dall'altro è evidente. Tanto che c'è chi parla di tensioni tra Meloni e Morawiecki (anche sulle future alleanze post elezioni europee 2024).

Tensioni smentite dal premier polacco: "Abbiamo ottimi rapporti con la premier italiana - ha assicurato ai giornalisti arrivando al summit di Bruxelles - Potremmo avere interessi diversi, ma elaboriamo soluzioni che servono a tutti". Non sui migranti, però. "In questo caso, sottolineo con forza che difenderemo sicuramente il diritto della Polonia di garantire che non solo il nostro sistema politico, ma soprattutto tutti i parametri relativi alla sicurezza siano nelle nostre mani", ha avvisato, prima di lanciare quella che sembra una piccola stoccata a Meloni: "Guardate cosa sta succedendo nei sobborghi di Malmo" o a "Parigi, Marsiglia, Lille, o anche in Italia. Il trasferimento forzato (di richiedenti asilo da un Paese Ue all'altro, ndr) non sarà consentito finché ci saremo noi al governo".

Il dossier Tunisia

Il blocco di Varsavia e Budapest sulla riforma di Dublino è senza dubbio più una mossa dettata da ragioni di consenso interno (in autunno, i polacchi andranno al voto). Difficilmente l'accordo sul Patto Ue sui migranti verrà rivisto a livello di governi: l'iter legislativo andrà avanti, passando dal Parlamento, per poi tornare al tavolo dei leader europei, dove basterà una maggioranza qualificata per l'approvazione definitiva (ossia non saranno necessari i voti di Polonia e Ungheria). Per l'Italia, l'importante è che l'ostruzionismo di Orban e Morawiecki non metta a repentaglio i passi avanti sulla cooperazione tra Ue e Tunisia, dossier ancora più caro a Meloni della riforma. Non a caso, la premier ne ha fatto una bandiera arrivando al summit. 

Nuovo Patto sui migranti: cosa cambia

Meloni ha ricordato la missione a Tunisi insieme alla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. La stessa che qualche giorno dopo ha presentato ai governi Ue un piano per aumentare il bilancio di Bruxelles da qui al 2027, inserendo tra le ragioni dell'aumento la necessità di destinare 12 miliardi in più per la migrazione. Risorse che dovrebbero servire a stipulare accordi di cooperazione con i Paesi terzi per bloccare i flussi di migranti irregolari. Il piano piace alla premier italiana, tanto più se attuato a partire dalla Tunisia. Per Meloni, l'accordo di cooperazione con Tunisi "su cui sto lavorando" insieme all'Ue dovrebbe costituire un "modello" anche per i rapporti con "altri Paesi" di origine e di transito dei migranti, ha detto rivolgendosi ai colleghi al summit.

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