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Sabato, 27 Aprile 2024
L'accusa

Così la lobby del fossile fa aumentare il nostro costo della vita

Accademici ed esperti hanno chiesto di restringere l'accesso dei rappresentanti dell'industria alle istituzioni Ue. E hanno accusato queste aziende di essere responsabili della crisi dei prezzi dell'energia

I lobbisti dell'industria del fossile vanno regolamentati come quelli del tabacco, per tenerli a debita distanza dai processi decisionali e ridurre la loro indebita influenza politica. È il monito lanciato da diversi esperti sentiti dall'Europarlamento, e fatto proprio da una parte dei deputati che ora chiedono alla Commissione regole più stringenti su chi può legittimamente esercitare pressioni sulle istituzioni comunitarie al fine di indirizzarne la legislazione.

Ieri (mercoledì 14 febbraio) la commissione per le Petizioni ha ospitato un'audizione di alcuni esperti nel campo dei controlli sulle operazioni delle lobby del tabacco, dell'economia politica e della povertà energetica. Il tema del dibattito era il ruolo dell'industria dei combustibili fossili nel quadro dell'aumento delle bollette energetiche registrato negli ultimi due anni. A monte dell'audizione c'era stato un appello lanciato da oltre 90 organizzazioni della coalizione Fossil free politics, una rete europea di associazioni e sindacati (coordinata tra gli altri da Greenpeace EU), il cui obiettivo è appunto escludere l'industria del fossile dalla definizione delle politiche climatiche dell'Ue e in generale dalle istituzioni pubbliche. 

Anna Gilmore, professoressa di salute pubblica all'università di Bath ed esperta dell'industria del tabacco, ha sottolineato l'esistenza di "un conflitto fondamentale tra gli interessi delle aziende produttrici di combustibili fossili e quelli del pubblico" e ha ribadito la necessità di regolamentare l'interferenza di queste lobby tramite norme internazionali come è già il caso per quelle del tabacco, le cui attività di influenza sulle politiche pubbliche sono oggetto di una convenzione dell'Oms.

Quanto alla povertà energetica che sta dilagando tra le famiglie europee, è stata definita "una scelta politica" da Stefan Bouzarovski, professore di geografia dell'università di Manchester. Sulla stessa linea anche l'intervento dell'attivista di Greenpeace Silvia Pastorelli, che parlando a nome di Fossil free politics ha ribadito che "devono essere i ricchi inquinatori che ci hanno portato a questa crisi a pagare per la transizione energetica, in modo che il conto non ricada sulla porta di casa delle persone che già faticano ad arrivare a fine mese". 

Presenti al dibattito, oltre agli esperti e agli accademici, sono stati europarlamentari di diversi schieramenti politici. La deputata dei Verdi Marie Toussaint ha notato che "per decenni, l'industria dei combustibili fossili ha combattuto contro ogni tentativo di orientare le proprie strategie verso il rispetto dell'accordo di Parigi e di condividere i miliardi guadagnati durante la crisi energetica che avrebbero potuto essere destinati alla transizione e alla protezione delle famiglie vulnerabili". Le ha fatto eco la deputata della Sinistra Cornelia Ernst, secondo la quale serve "che la Commissione europea faccia da apripista e intraprenda un'azione decisiva introducendo un quadro di riferimento per i conflitti di interesse per eliminare i lobbisti dei combustibili fossili dalla politica". 

In effetti, Bruxelles sta già muovendo dei piccoli passi verso una maggiore trasparenza delle attività di rappresentanza degli interessi, istituendo regole più stringenti per quanto concerne l'influenza sui decisori istituzionali. Sull'onda dello scandalo del Qatargate, nel 2022 sono state introdotte misure più stringenti per quanto riguarda il Registro per la trasparenza dell'Ue, mentre l'Eurocamera ha adottato lo scorso settembre nuove regole che disciplinano in maniera ancora più dettagliata le attività legittime di lobbismo sui deputati. Infine, è attualmente in discussione una proposta legislativa della Commissione per inasprire ulteriormente le norme che regolano la rappresentanza di interessi per conto di Paesi terzi. 

Ora, l'iscrizione a tale registro è di fatto una conditio sine qua non per tutti i rappresentanti di interessi (sia pubblici che privati) per svolgere le loro attività di pressione sui decisori politici in tutte le sue forme, dagli incontri con i membri della Commissione all'accesso ai locali del Consiglio agli eventi con gli eurodeputati. E per essere iscritti al registro è necessario rispettare un codice di condotta che regola le attività che tali rappresentanti possono legittimamente portare avanti.

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