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Martedì, 30 Aprile 2024
Il nodo politico

Cosa è il Mes e perché se ne parla ancora

L'Italia rinvia ancora una volta la ratifica del nuovo fondo salva-Stati. Elezioni, Patto di stabilità, migranti e banche: le ragioni di una telenovela senza fine

È un tormentone che rispunta di tanto in tanto ad animare il dibattito politico italiano e le polemiche sull'asse tra Roma e Bruxelles. Con una costante, almeno finora: l'Italia che si rifiuta di apporre la sua firma sulla riforma del Mes, il meccanismo europeo di stabilità o fondo salva Stati che dir si voglia. In estrema sintesi, lo strumento che dovrebbe scattare quando un Paese versa in una situazione finanziaria estremamente critica, fornendo prestiti, ma anche impegnando il creditore a un programma di riforme e tagli alla spesa pubblica.  

Il Mes riporta alla memoria i fantasmi della Grecia e della Troika, e per questo è stato a lungo osteggiato in Italia da sinistra a destra.  Ma il nuovo testo, elaborato tra mille compromessi proprio per scacciare quel triste ricordo, ha accolto le richieste che arrivavano dai Paesi con i conti pubblici più a rischio. Il risultato finale della riforma sembrava aver messo d'accordo tutti, dato che il compromesso fu siglato da tutti i 27 Stati membri, governo italiano compreso. Il problema è stato al momento della ratifica: 26 Paesi lo hanno fatto, ma da Giuseppe Conte a Mario Draghi, fino a Giorgia Meloni, l'atto finale del Mes è passato di mano in mano come una patata bollente. Come mai?

Cos'è il Mes e cosa prevede la riforma

Il Mes, ricordiamo, è un meccanismo che ha lo scopo di fornire assistenza finanziaria sotto forma di prestiti ai Paesi dell'Eurozona che affrontano o rischiano gravi difficoltà finanziarie. A tal fine, l'attuale fondo di salvataggio ha una capacità di 500 miliardi di euro. Uno dei problemi di questo fondo, almeno nella sua versione precedente, riguarda il fatto che chi accede ai prestiti deve rispettare una serie di condizionalità, ossia impegnarsi in riforme e risparmi di spesa spesso non facili da far digerire a cittadini e imprese. Con la riforma, queste condizionalità sono state ammorbidite e non dovrebbero provocare cataclismi sociali come quelli visti in Grecia con la Troika.

Mes: cos'è il Meccanismo europeo di stabilità e come funziona per l'Italia

Una questione di brand?

I fautori del Mes sostengono che con questa riforma l'Italia avrebbe solo da guadagnarci, potendo contare su un paracadute di ultima istanza e affidabile per evitare che una grave crisi economica mandi in dissesto il Paese. Con il Covid, ci siamo salvati in calcio d'angolo con l'aiuto dei sussidi a fondo perduto degli Stati Ue più ricchi, ossia con il Recovery fund. Ma non è detto che questo accadrà in futuro.  

Che il nuovo Mes sia meglio del vecchio, poi, sembra un dato ormai condiviso anche da chi fino a ieri l'ha contestato. Il ministro leghista dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, ha ammesso di essere favorevole alla sua approvazione "per motivazioni di tipo economico-finanziarie". Il problema, semmai, è di brand: siamo vicini a una campagna elettorale, quella delle europee di giugno, e Lega e Fratelli d'Italia hanno nel recente passato fatto della lotta alla ratifica del Mes uno dei loro cavalli di battaglia. 

Secondo diversi notisti politici, Giorgia Meloni teme che Matteo Salvini, indietro nei sondaggi, voglia usare la questione del fondo salva-Stati come arma per attaccare la premier e recuperare consensi. Secondo altre ricostruzioni, il no di Meloni sarebbe legato a una sorta di ripicca nei confronti di Germania e frugali per l'accordo sulla riforma del Patto di stabilità, che il governo italiano avrebbe accettato pur non essendo soddisfatto al 100 per cento dell'esito. Forse, c'è un po' di verità in entrambe le ricostruzioni. Ma la motivazioni non sembrano finire qui. 

La riforma del Mes: cosa cambia per l'Italia

Moneta di scambio

Come aveva spiegato qualche giorno fa il ministro degli Affari europei, Raffaele Fitto, la questione del Mes si lega a doppio filo a due dossier caldi a Bruxelles: il Patto di stabilità e la revisione del bilancio Ue. Sul Patto di stabilità, come dicevamo, il governo Meloni alla fine ha dato il suo assenso (forse non del tutto convinto). Ma sulla revisione del bilancio la strada per l'Italia è ancora in salita: il governo, infatti, sostiene l'aumento dei fondi in cassa a Bruxelles richiesto dalla Commissione europea per far fronte a crisi ucraina, migranti e interessi maggiorati del Pnrr. Sui migranti, in particolare, Meloni spinge per avere più risorse per stringere accordi con i Paesi terzi sul modello di quello siglato con la Tunisia. I frugali, con Germania e Olanda in testa, hanno però alzato un muro (aiutati in questo dall'Ungheria di Viktor Orban, contrario a dare più soldi per Kiev) e la revisione del bilancio è stata rimandata al 2024.

Lo stop alla ratifica del Mes potrebbe anche essere legata a un altro dossier, di cui ha parlato lo stesso ministro Fitto qualche mese fa per spiegare le reticenze del suo governo sul fondo salva-Stati): l'unione bancaria. Di cosa si tratta?

L'Unione bancaria

L'unione bancaria non è altro che il grande progetto europeo che dovrebbe evitare che la crisi di un istituto finanziario in Paese europeo si propaghi al resto dell'Europa. Uno dei punti chiave dell'unione bancaria è il meccanismo di risoluzione unico: si tratta di una sorta di ‘cassa comune’ per aiutare gli istituti bancari in crisi nell’Eurozona. È finanziato dai contributi del settore bancario, non dal denaro dei contribuenti. Se una banca entra in crisi, mettendo a rischio la stabilità di un Paese Ue, per esempio, scatta il meccanismo di risoluzione, che ha una cassa di 55 miliardi. Ma se questa cassa non basta, scatta il Mes, il cosiddetto backstop o paracadute. 

Patto di stabilità: cosa cambia

In realtà, tra il meccanismo di risoluzione e il Mes il passaggio potrebbe essere meno diretto se ci fosse un altro cuscinetto ad ammorbidire la crisi bancaria: si chiama Edis, ed è lo schema di assicurazione europea dei depositi bancari, l'ultimo tassello per completare l'unione bancaria: in sostanza, i Paesi dell'Eurozona, con questo schema, metterebbero in comune i rischi del settore. Sull'Edis, però, manca ancora consenso politico, pare per l'opposizione della Germania, che lamenta l'alto livello di Npl, ossia crediti spazzatura, che le banche italiane hanno nella loro pancia. L'Italia in questi anni ha notevolmente ridotto gli Npl, ma l'intesa europea resta ancora distante.

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