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Martedì, 19 Marzo 2024
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"La Commissione ha innalzato illegittimamente i limiti di emissioni per le auto dopo il Dieselgate"

L'avvocato della Corte Ue dà ragione ai sindaci di Parigi, Bruxelles e Madrid che hanno chiesto l'annullamento della misura, introdotta in seguito alla scandalo che ha colpito alcune case automobilistiche, tra cui Wolkswagen e Audi. Ora si attende la sentenza dei giudici, mentre in Francia un tribunale apre un'inchiesta su Peugeot e Fca

La Commissione europea ha "illegittimamente" innalzato i limiti di emissioni di auto e furgoni sulla scia dello scandalo Dieselgate, che ha rivelato come la Wolkswagen e, in seguito, anche altre case automobilistiche, abbiano truccato i dati sull'inquinamento di alcuni loro veicoli. A dirlo è l'avvocato generale della Corte Ue Michal Bobek, nel suo parere in vista della decisione della stessa Corte sulla vicenda giudiziaria che vede contrapposti da un lato i governi di Commissione Ue, Germania e Ungheria, e dall'altro le amministrazioni locali di Bruxelles, Parigi e Madrid. 

La vicenda

Nel 2016, in risposta allo scandalo Dieselgate, la Commissione aveva introdotto una nuova procedura di prova delle emissioni in condizioni reali di guida (Real Driving Emissions, o RDE). La precedente procedura, infatti, era stata accusata di falsificare le emissioni di auto e furgoni: le prove in laboratorio, in sostanza, non corrispondevano a quello che succedeva nella realtà, ossia sminuiva l'impatto di tali emissioni. La nuova procedura varata da Bruxelles, dunque, serviva a rispondere allo scandalo accogliendo i rilievi mossi. Tutto bene, se non fosse che in parallelo l'Esecutivo Ue adottava un regolamento che di fatto innalzava i limiti delle emissioni di ossidi di azoto da non superare: "La Commissione ha fissato tali limiti a partire dai limiti definiti per la norma Euro 6 nel regolamento sull’omologazione, applicandovi coefficienti di correzione per tener conto, a suo parere, di incertezze statistiche e tecniche. Ad esempio, per un limite definito nella norma Euro 6 a 80 mg/km, il limite è fissato per le prove RDE a 168 mg/km per un periodo transitorio, poi a 120 mg/km", si legge in una nota della Corte Ue.

Il braccio di ferro 

Le città di Parigi, Bruxelles e Madrid hanno contestato tali nuovi limiti, presentando dei ricorsi al Tribunale Ue. Con sentenza del 13 dicembre 2018, il Tribunale ha accolto tali ricorsi e ha annullato l'innalzamento dei limiti di emissione degli ossidi di azoto. "In sostanza, il Tribunale ha constatato che, fissando tali valori a una soglia eccessivamente elevata, la Commissione aveva, di fatto, modificato la norma Euro 6 adottata dal Parlamento e dal Consiglio, pur non essendo competente a farlo", si legge sempre nella nota della Corte.

Contra la sentenza si è mossa la Commissione, accompagnata da Germania e Ungheria, le quali hanno chiesto l'impugnazione dinanzi alla Corte di giustizia. Proprio in vista delle decisione della Corte, l'avvocato Bobek ha rilasciato il suo parere, che di fatto conferma l'orientamento del Tribunale: seppur con una serie di distinguo rispetto alla sentenza di primo livello, Bobek concorda sul fatto che il regolamento di modifica della Commissione incida "sul modo in cui gli enti locali possono esercitare legittimamente le loro competenze specifiche (..) nel settore della tutela dell’ambiente e della salute pubblica allorché adottano misure per combattere l’inquinamento e garantire livelli adeguati di qualità dell’aria".

Il parere

Per quanto concerne il merito dei ricorsi, l’avvocato generale ritiene che i limiti delle emissioni di ossidi di azoto previsti dal regolamento sull’omologazione costituiscano un elemento essenziale di tale normativa. Pertanto, soltanto gli autori del regolamento sull’omologazione, ossia il Parlamento e il Consiglio, erano legittimati a modificare i limiti delle emissioni, mentre la Commissione è priva di una competenza al riguardo. In tale contesto, l’avvocato generale giunge alla conclusione che il Tribunale non ha commesso alcun errore nell’accertare che, mediante il regolamento di modifica, la Commissione aveva modificato, di fatto, la norma Euro 6 contenuta nel regolamento sull’omologazione. Date tali circostanze, l’avvocato generale suggerisce alla Corte di respingere i ricorsi di Commissione, Germania e Ungheria nella loro interezza.

Uno scandalo senza fine

Le rivelazioni secondo cui Volkswagen aveva installato dispositivi in 11 milioni di veicoli diesel in tutto il mondo per ingannare i test sull'inquinamento hanno gettato l'azienda in una profonda crisi. Finora lo scandalo è costato al colosso automobilistico tedesco più di 30 miliardi di euro in multe, spese legali e risarcimenti. Il suo ex Ceo, Martin Winterkorn, ha di recente accettato di pagare 11,2 milioni di euro a titolo di risarcimento per le sue mancanze, cosa che consentirà alla casa tedesca di riavere indietro 270 milioni di euro dall'assicurazione per responsabilità civile contro le perdite dovute alle azioni di amministratori e funzionari. Anche Rupert Stadler, ex capo della divisione auto di lusso Audi, pagherà 4,1 milioni di euro di risarcimenti.

Proprio in queste ore, anche la Peugeot si trova a fare i conti con il Dieselgate: la casa francese è stata messa 'en examen' dal Tribunale Giudiziario di Parigi per accuse di frode ai consumatori in merito alla vendita di veicoli diesel Euro 5 tra il 2009 e il 2015. Con Peugeot, anche Fca e Citroen sono state chiamate a comparire.

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