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Venerdì, 26 Aprile 2024
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Rifiuti invisibili da cellulari e abiti: un gioco per riconoscerli e ridurli. Ue premia scuola italiana

L’idea dei ragazzi di Montecorvino Rovella per combattere l’inquinamento. Ogni anno produciamo oltre 7 chili di spazzatura tecnologica a persona

Un gioco di società per insegnare ai ragazzi a riconoscere i rifiuti invisibili, quelli generati durante i passaggi di fabbricazione e distribuzione dei prodotti, e riflettere sui comportamenti da adottare per ridurre il loro impatto sull’ambiente. Con questo progetto l’Istituto comprensivo Trifone di Montecorvino Rovella, in provincia di Salerno, si è aggiudicato il premio speciale durante la Settimana europea per la riduzione dei rifiuti. Come rivelato di recente dall’Organizzazione mondiale della sanità, gli scarti dell’industria tecnologia - a partire dai rifiuti necessari per realizzare ogni singolo smartphone - mettono a rischio la salute di circa 18 milioni di bambini in tutto il mondo, che lavorano nei Paesi poveri in discariche in cui questi rifiuti vengono recuperati per essere ciciclati. Una ragione in più per educare i giovanissimi più fortunati a limitare i danni all’ambiente. 

“Interrogandoci su quale poteva essere il miglior modo per far riflettere gli alunni sui rifiuti invisibili abbiamo deciso di inventarci un gioco per proporre l’argomento in maniera ludica”, ha detto a Europa Today la professoressa Silvia De Vita, docente di Tecnologia e responsabile dei progetti europei alla scuola media di Montecorvino Rovella, l'istituto che si è aggiudicato il riconoscimento a Bruxelles. Un’attività che ha portato alla nascita di “un gioco da tavola tramite il quale i ragazzi hanno portato esempi di rifiuti invisibili, hanno parlato di cosa sono, quali sono i comportamenti corretti da mantenere su questo argomento e come ridurre i loro danni all’ambiente”. 

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“L'impatto sui ragazzi è stato molto forte”, ha spiegato la docente, “perché hanno scoperto cosa c’è dietro alla produzione di uno smartphone o di un jeans, che tipo di danno ecologico e quante emissioni di CO2 porta con sé un oggetto che loro comunemente utilizzano e che cambiano spesso”. Secondo gli esperti dell’Oms, considerando i soli rifiuti invisibili elettronici, nel 2019 sono stati generati 53,6 milioni di tonnellate di scarti, una media di 7,3 chili per individuo. Cifre destinate a salire, considerato che il modello di consumo attuale si basa su elettrodomestici e apparecchi tecnologici che, anziché essere riparati, vengono rimpiazzati sempre più di frequente. Le previsioni indicano, infatti, che entro il 2030 i rifiuti elettronici raggiungeranno i 74,7 milioni di tonnellate all’anno.

Gli studenti “hanno riflettuto su quanto, pur non sapendolo, stanno contribuendo all’inquinamento” e “di qui hanno iniziato a pensare ai mercatini dell’usato, al riutilizzo dei vari oggetti”. Insomma, i giovani hanno capito l’importanza di “far sì che un oggetto non venga buttato quando può essere ancora riutilizzato”. 

Un lavoro di sensibilizzazione portato avanti, durante i mesi di didattica a distanza, con i coetanei di altre cinque scuole di altrettanti Paesi Ue: Francia, Finlandia, Bulgaria, Romania e Spagna. Lo sforzo collettivo si è aggiudicato il premio speciale per il progetto che si è distinto per “lo spirito europeo”, riconoscimento assegnato durante la Settimana europea per la riduzione dei rifiuti, l’evento annuale organizzato, tra gli altri, dal Comitato europeo delle regioni. 

“Troppo spesso, nella nostra economia lineare, i materiali vengono semplicemente scartati e gettati via”, ha ricordato Tjisse Stelpstra, amministratore locale olandese e membro del Comitato europeo delle regioni. “Ma i materiali non più in uso sono le risorse del futuro”, ha aggiunto. “Quindi questa cerimonia di premiazione - ha concluso Stelpstra riferendosi ai riconoscimenti alle scuole - è per me anche una cerimonia di speranza e fiducia”.

Lavorare con le nuove generazioni, ha spiegato la professoressa De Vita, “sarà fondamentale in vista degli obiettivi del Green Deal”, il piano europeo per azzerare le emissioni nette di CO2 entro la metà del secolo. “Stiamo parlando di un traguardo per il 2050, mancano altri 29 anni e i nostri ragazzi saranno gli adulti, ma anche i politici che governeranno il Paese”. È perciò necessario, ha sottolineato la docente, “fare informazione in questo senso, insistere su certe tematiche e ‘obbligare’ i ragazzi a confrontarsi con queste realtà poco piacevoli”. “Devono rendersi conto - ha concluso la professoressa - che il mondo che lasceremo alle future generazioni non può essere peggiore di come ci è stato affidato”.

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