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Domenica, 28 Aprile 2024
Il caso

La sentenza beffa della Corte Ue: no alla multa italiana a Volkswagen, basta quella tedesca

I giudici europei danno ragione alla casa automobilistica, che ha già versato 1 miliardo di euro alla Germania. A oggi, nessun risarcimento per i 700mila veicoli truccati venduti nel nostro Paese

L'Italia non potrà incassare la multa da 5 milioni di euro inflitta alla Volkswagen, rea di aver venduto a circa 700mila italiani vetture diesel truccate. Lo ha stabilito una sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea. Il motivo? La casa automobilistica tedesca è stata già sanzionata in Germania per la stessa ragione. E così, mentre Berlino potrà rimpinguare le sue casse con 1 miliardo di euro, il nostro Paese potrebbe restare a bocca asciutta.

Il Dieselgate

La vicenda riguarda lo scandalo del Dieselgate. Nel settembre del 2015, l'Agenzia Usa per la protezione dell'ambiente scoprì che le auto diesel commercializzate dalla Volkswagen nel mercato statunitense contenevano un software che alterava la misurazione delle emissioni di ossidi di azoto, facendole risultare più basse di quelle reali e consentendo così di rispettare i limiti di legge. Si scoprì in seguito che questo dispositivo era usato anche nei veicoli venduti in Europa, e che la pratica era stata usata anche da altre case automobilistiche, tra cui la Fiat.

Negli Usa, la Volkswagen si è mossa rapidamente per compensare gli automobilisti interessati, accettando nel 2016 di versare quasi 15 miliardi di dollari in risarcimenti per chiudere le cause civili. In Europa le cose sono andate più lentamente. Nel 2018, la casa automobilistica ha pagato una multa da 1 miliardo di euro allo Stato tedesco in seguito a una sentenza della Procura di Braunschweig, a cui non ha fatto ricorso. 

Diverso il comportamento in Italia: nonostante l'Autorità italiana garante della concorrenza (Agcm) già nel 2016, ossia prima di quanto fatto dalle autorità tedesche, avesse comminato una multa di 5 milioni di euro per i circa 700mila veicoli truccati venduti nel nostro Paese, la Volkswagen si è opposta alla sanzione, presentando ricorso al Tar del Lazio. Dopo che il Tar ha rigettato il ricorso, la casa tedesca non si è arresa e si è rivolta in appello al Consiglio di Stato. Il quale, prima di pronunciarsi, ha chiesto un parere dalla Corte Ue. 

Il "ne bis in idem"

E così si arriva a oggi: i giudici di Lussemburgo hanno stabilito che la sanzione di 5 milioni alla Volkswagen non può essere comminata in quanto viola il principio del "ne bis in idem" sancito "dall’articolo 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea". Il principio del "ne bis in idem" prevede, in soldoni, che un soggetto (sia esso un cittadino o un'impresa) non può essere perseguito due volte per lo stesso reato. La multa pagata da Volkswagen in Germania non riguarda solo le auto truccate presenti sul mercato tedesco, ma tutti i 10,7 milioni di veicoli con il dispositivo che altera la rilevazione delle emissioni. Dunque, per la Corte Ue, è come se avesse già pagato anche per le auto vendute in Italia. Da qui, lo stop alla sanzione italiana, anche se questa (beffa nella beffa) era stata comminata prima di quella tedesca.

La Corte Ue lascia comunque una porta aperta: si può derogare al principio del "ne bis in idem" qualora "siano soddisfatte tre condizioni", ossia se il cumulo di sanzioni non rappresenti "un onere eccessivo per l’interessato", se vi siano "norme chiare e precise" che consentano tale cumulo, e se i procedimenti legali da eventualmente cumulare sono "stati condotti in modo sufficientemente coordinato e ravvicinato nel tempo". 

Zero risarcimenti in Italia

Con questa sentenza, dopo 7 anni dallo scoppio dello scandalo, l'Italia e i consumatori italiani restano ancora senza un euro di multa o di risarcimento in tasca. Sebbene nel 2021 il Tribunale di Venezia ha condannato la casa tedesca a risarcire 63mila automobilisti versando fino a 3.300 euro a testa (per un totale di 100 milioni, secondo Altroconsumo), la Volkswagen ha presentato ricorso in appello, bloccando di fatto l'applicazione della sentenza. Anche in questo caso, l'atteggiamento nei confronti dell'Italia è stato diverso di quanto fatto negli Usa, nel Regno Unito, o nella stessa Germania, dove il gigante mondiale dell'auto ha già accettato di compensare 260mila consumatori tedeschi pagando fino a 6.200 euro a testa. Per un totale di 830 milioni. 

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