rotate-mobile
Domenica, 28 Aprile 2024
Il vertice / Ucraina

I 10 miliardi a Orban per salvare i fondi per l'Ucraina (e il summit Ue)

Giovedì i leader europei si riuniranno per decidere sul pacchetto di aiuti a Kiev e sulle nuove risorse per migranti e Pnrr. A complicare la partita non c'è solo Budapest

Il destino dell'Ucraina passa dalle tasche del premier più filo-Putin d'Occidente, Viktor Orban. Per la precisione, dai 10 miliardi di euro che la Commissione europea ha congelato da tempo per le violazioni dello stato di diritto da parte del governo ungherese, e che adesso Bruxelles potrebbe sbloccare per convincere Budapest a dare il suo consenso all'invio dei nuovi aiuti a Kiev. 

È il paradosso intorno a cui si gioca la delicatissima partita che, a partire da giovedì, vedrà i leader del blocco impegnati nei negoziati sul pacchetto di 66 miliardi di fondi aggiuntivi al bilancio Ue richiesti dalla Commissione. Intrecciato con questo pacchetto, ci sono i 50 miliardi tra sussidi a fondo perduto e prestiti che il presidente Volodymyr Zelensky attende con ansia, e su cui Orban ha posto il veto. Le casse di Kiev sono sempre più vuote, e senza risorse fresche non solo sono a rischio le operazioni militari sul campo, ma anche la resistenza della popolazione e dell'economia ucraine in vista dell'inverno. 

Sull'ex Paese sovietico già grava lo stallo degli Stati Uniti, con il Congresso, a maggioranza repubblicana, che non sembra intenzionato a dare l'ok ai nuovi aiuti promessi dal presidente Joe Biden. Zelensky è in queste ore a Washington per dare sponda al capo della Casa bianca e cercare di trovare una soluzione all'impasse. Ma i pensieri sono rivolti inevitabilmente anche a Bruxelles. Giovedì inizierà il vertice Ue, e le premesse ci sono tutte perché il summit si trasformi in una maratona.

I nodi sono essenzialmente tre: l'aumento del bilancio europeo da qui al 2027, gli aiuti all'Ucraina e l'adesione di Kiev all'Ue. Il dossier sull'adesione sembra già morto sul nascere: i diplomatici dei 27, che si riuniscono per preparare i lavori di premier e capi di Stato prima dei summit, hanno fatto intendere che l'avvio dei negoziati per l'ingresso dell'Ucraina non arriverà entro l'anno. C'è anche qui il veto di Orban "L'adesione non coincide con gli interessi nazionali dell'Ungheria", ha tagliato corto). Ma in questo caso, il leader di Budapest non è l'unica ragione dello stallo: avviare i negoziati con Kiev vuol dire aprire il vaso di Pandora dell'allargamento, con altri 7 Paesi, tra cui l'Albania, che sono in attesa di far parte del club Ue. E le resistenze all'allargamento sono tante e riguardano diversi Stati membri.

Per non complicare ancora di più il summit, il dossier sull'adesione dovrebbe venire messo da parte. La battaglia (anche in questo caso non solo per i veti di Orban) sarà sui nuovi fondi europei. La Commissione europea sta giocando d'anticipo: per convincere Budapest, dovrebbe sbloccare i 10 miliardi per l'Ungheria congelati finora. Il Fondo monetario internazionale ha detto che senza queste risorse, il Paese magiaro rischia di venire destabilizzato economicamente. E a Bruxelles i funzionari sostengono che Orban ha fatto le riforme, in particolare sulla giustizia, che gli erano state chieste per ottenere i fondi. Ma questa versione non convince tutti, e la presidente della Commissione Ursula von der Leyen potrebbe venire accusata di aver ceduto ai ricatti di Orban.

A ogni modo, se Orban toglierà il suo veto, l'Ue potrebbe finalmente stanziare i 50 miliardi promessi a Kiev. Ma non è detto che i 27 trovino l'intesa sul resto delle risorse in ballo. Una parte degli aiuti all'Ucraina (i 17 miliardi di sussidi) rientrano nell'aumento del bilancio europeo richiesta dalla Commissione mesi fa. Si tratta in tutto di 66 miliardi, buona parte dei quali toccano da vicino l'Italia: dentro ci sono 19 miliardi per coprire l'aumento dei tassi d'interesse sui bond europei del Pnrr, 15 per gli accordi con i Paesi africani e mediterranei per fermare i flussi di migranti (una delle battaglie cardine in Europa della premier), e altri 10 per investimenti nella transizione.  

Come avviene ogni volta che si tratta di rimettere mano alle tasche dei propri contribuenti, i Paesi frugali hanno già alzato un muro: va bene fare sacrifici per l'Ucraina, ma per le altre poste in gioco (migranti, transizione e Pnrr) la strada da seguire è quello del rigore dei conti. In pratica, Germania e Olanda chiedono che la Commissione trovi una parte dei fondi da quelli già stanziati per altri programmi, in particolare coesione (ossia i fondi strutturali per le regioni) e agricoltura. Tagli che non piacciono ai Paesi del Sud, con il governo di Giorgia Meloni in testa.

Continua a leggere su Today

In Evidenza

Potrebbe interessarti

I 10 miliardi a Orban per salvare i fondi per l'Ucraina (e il summit Ue)

Today è in caricamento