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Sabato, 27 Aprile 2024
La relazione

Più tasse sul lavoro, meno per chi inquina: così i Paesi Ue stanno salvando fossili e industria pesante

Nonostante Green deal e Accordi di Parigi, dal 2008 a oggi i sussidi pubblici per gas e petrolio sono rimasti gli stessi. La Corte dei conti europea: "Tassazione energia non allineata a obiettivi climatici"

I Paesi dell'Unione europea continuano a sovvenzionare le fonti fossili: nel 2020, i sussidi pubblici hanno raggiunto i 55 miliardi di euro, un livello che è rimasto stabile dal 2008 a oggi. Ben 15 Stati membri spendono più per queste sovvenzioni che per quelle alle energie rinnovabili. Ma non solo: tra il 2016 e il 2019, i 27 Paesi Ue hanno progressivamente ridotto le loro imposte ambientali, ossia quelle che colpiscono i settori inquinanti, mentre hanno aumentato quelle sul lavoro, tutto il contrario di quanto richiesto dalla Commissione europea. È quanto emerge da una relazione della Corte dei conti Ue. 

La relazione è incentrata soprattutto sul tema della tassazione dell'energia. Nel luglio 2021, nel quadro del pacchetto legislativo “Fit for 55 %” (una serie di proposte per intraprendere un percorso che porti l’Ue a ridurre le emissioni di gas a effetto serra del 55 % entro il 2030), la Commissione ha pubblicato una proposta di revisione della direttiva sulla tassazione dell’energia, ricorda la Corte. Questa proposta dovrebbe rivoluzionare il sistema di aliquote ed estendere il sistema di scambio di emissioni (l'Ets dell'Ue) per disincentivare l'uso di fonti fossili (in particolare nei trasporti) e favorire il passaggio a fonti meno inquinanti. Il piano di Bruxelles ha già sollevato una levata di scudi, perché comporterebbe il progressivo stop a una serie di esenzioni e aliquote ridotte per i settori ad alto consumo di energia. A preoccupare l'industria pesante e i big dell'energia è in particolare la proposta di eliminare progressivamente le quote gratuite di Co2 che ogni anno vengono riconosciute alle aziende di tali settori dai singoli Stati membri nel quadro dell'Ets. In sostanza, Bruxelles propone di far pagare di più chi inquina. 

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Ma perché cambiare la tassazione dell'energia? Secondo la Corte dei conti, la riforma "può contribuire alla lotta ai cambiamenti climatici", anche perché "gli attuali livelli di imposizione non sono commisurati all’inquinamento prodotto dalle diverse fonti energetiche".  In base alla direttiva in vigore, "le fonti energetiche più inquinanti possono beneficiare di un trattamento fiscale più favorevole rispetto a quelle più efficienti sul piano delle emissioni di carbonio: ad esempio, il carbone è tassato meno del gas naturale, così come alcuni combustibili fossili lo sono molto meno rispetto all’elettricità". Inoltre, "benché la maggioranza degli Stati membri applichi imposte elevate sui combustibili, molti altri le mantengono su livelli prossimi al minimo stabilito dalla direttiva, con possibili distorsioni nel mercato interno. Un basso livello di prezzi del carbonio e di imposte sull’energia per i combustibili fossili aumenta il costo relativo delle tecnologie più ecologiche e ritarda la transizione energetica", avverte la Corte.

È quello che è successo negli ultimi anni. Nel 2013, la Commissione europea, nel quadro del suo programma di azione per l'ambiente, aveva raccomandato agli Stati membri di ridurre le tasse sul lavoro e aumentare quelle ambientali. In realtà, tra il 2016 e il 2019 è avvenuto l'esatto opposto: le imposte sul lavoro sono cresciute, almeno in relazione al Pil, mentre quelle per chi inquina sono diminuite. Inoltre, segnala sempre la Corte, le aliquote fiscali medie per i prodotti energetici oscillano tra 1,7 euro per MWh e 107,8 euro per MWh", ma "tali variazioni non riflettono le differenze a livello di efficienza in termini di emissioni di carbonio. Il carbone è tassato meno del gas naturale (che è più efficiente sul piano delle emissioni di carbonio) e alcuni combustibili fossili sono soggetti a imposte notevolmente inferiori rispetto all’elettricità (che potrebbe essere prodotta con fonti a bassa emissione di carbonio)". La Corte sottolinea anche le criticità del sistema Ets, con il sistema delle quote gratuite che è stato prolungato fino al 2028. 

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C'è poi il capitolo dei sussidi pubblici ai fossili. Se è vero che dal 2008 al 2020, gli aiuti alle fonti rinnovabili come eolico e fotovoltaico sono quadruplicati, passando da 20 a circa 78 miliardi, quelli a gas e petrolio sono rimasti pressoché allo stesso livello, attestandosi a circa 55-58 miliardi di euro all’anno.  Gli Stati membri hanno fornito due terzi di tali sovvenzioni (35 miliardi di euro nel 2018) sotto forma di esenzioni o riduzioni fiscali; il terzo restante (8,5 miliardi di euro) era costituito da tariffe di riacquisto, premi di riacquisto, obblighi in materia di energie rinnovabili e regimi di sostegno ai prezzi alla produzione dell’energia elettrica proveniente da impianti di cogenerazione di calore ed elettricità mediante l’utilizzo di combustibili fossili

La Corte osserva che "alcune sovvenzioni all’energia possono favorire i progressi verso un’economia a minore intensità di carbonio, mentre quelle destinate ai combustibili fossili ostacolano una transizione energetica efficiente". L’eliminazione graduale delle sovvenzioni per i combustibili fossili entro il 2025, obiettivo che l’Ue e gli Stati membri si sono impegnati a conseguire, "comporterà una difficile transizione sociale ed economica". In particolare, "la percezione di un trattamento iniquo per determinati gruppi o settori può generare una resistenza alla transizione verso un’economia più verde. Anche l’impatto della tassazione dell’energia sulle famiglie può essere significativo e determinare un atteggiamento di rifiuto nei confronti di tale genere di imposte", avverte la Corte.

Per mitigare il rischio di un rigetto delle riforme fiscali, la Corte segnala le raccomandazioni già formulate da varie organizzazioni internazionali, "come ad esempio ridurre altre imposte e applicare misure di ridistribuzione, assicurando al contempo una maggiore trasparenza e una comunicazione più efficace circa le motivazioni delle riforme", conclude. 

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