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Venerdì, 26 Aprile 2024
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Cos’è la tassonomia Ue e perché potrebbe cambiare l'economia e la finanza globali

La Commissione europea è pronta a presentare la sua guida per orientare gli investimenti sostenibili del futuro. Che solo nel 2022 potrebbero ammontare a 1.300 miliardi

Il momento della verità è arrivato: la Commissione europea presenterà nelle prossime ora la sua proposta sulla tassonomia, o meglio l'atto delegato di questo documento che potrebbe orientare gli investimenti finanziari del futuro legati alla sostenibilità, nell'Ue come nel resto del mondo. Un bottino che sta crescendo di anno in anno, e che nel 2022 potrebbe arrivare a 1.300 miliardi di euro su scala globale. 

Il grosso del regolamento della tassonomia Ue è già stato varato, ma resta per l'appunto l'atto delegato che dovrà chiarire se gas naturale e nucleare potranno rientrare tra le fonti "verdi" e dunque accedere ai finanziamenti "green". La proposta di Bruxelles, a meno di sorprese dell'ultima ora, dovrebbe 'salvare' queste due fonti. Tanto più vista la grave crisi energetica che pesando su famiglie e imprese. Di contro, però, una decisione in tal senso potrebbe mettere a rischio lo stesso impianto della tassonomia e le promesse del Green deal. Ma andiamo per ordine.

Cos’è la tassonomia

Nel dicembre 2019, la Commissione ha presentato il Green new deal europeo, una grande strategia per combattere il cambiamento climatico e raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050. Per centrare questi obiettivi, servono evidentemente delle regole il più possibile precise e condivise per orientare gli investimenti (pubblici ma soprattutto privati) in tutta l’Ue. Per rispondere a questa esigenza, Bruxelles ha redatto la cosiddetta tassonomia: “un sistema di classificazione che stabilisce una lista delle attività economiche sostenibili per l’ambiente” fornendo a imprese, investitori e decisori politici le “definizioni adeguate” di attività (e investimenti) sostenibili.

Dal luglio 2020 è in vigore il Regolamento sulla tassonomia, che definisce 6 obiettivi ambientali da perseguire: mitigazione del cambiamento climatico, adattamento al cambiamento climatico, uso sostenibile e protezione delle risorse idriche e marine, transizione verso l’economia circolare, prevenzione e controllo dell’inquinamento e protezione e restauro della biodiversità e degli ecosistemi. Per essere compatibile con l’ambiente, un’attività economica deve contribuire al raggiungimento di almeno uno di questi obiettivi senza produrre impatti eccessivamente negativi sugli altri, rispettando al contempo alcune garanzie sociali minime.

I dettagli tecnici di questo “vocabolario della sostenibilità” (cioè la lista effettiva di quali attività andranno considerate “green”) andranno poi specificati dalla Commissione tramite degli atti delegati, sui quali si è accesa nel frattempo una dura battaglia politica, soprattutto relativamente all’inclusione di fonti energetiche controverse come il gas naturale e il nucleare. La proposta di atto delegato per definire queste due fonti dovrebbe venire presentata il 2 febbraio 2022.

L’impatto su imprese e fondi d’investimento

Insomma, non si tratta solo di una questione di “etichetta”. Per le imprese, infatti, condurre un’attività definita “verde” garantirà l’accesso ai fondi per la finanza sostenibile messi a disposizione dal Green deal europeo. Per ottenere questo “marchio”, le aziende dovranno rendere pubblici i dati sulle proprie operazioni, specificando come queste contribuiscano al raggiungimento degli obiettivi illustrati dal Regolamento sulla tassonomia.

Come sottolineato in una relazione di Bnp Paribas, “un buon allineamento con la tassonomia potrebbe migliorare la reputazione delle aziende e di conseguenza (il loro) accesso alla finanza, rendendole più attrattive per le banche e gli investitori”. E non si parla di briciole: solo nel 2020 i fondi d’investimento sostenibile in Europa hanno raccolto circa 223 miliardi di euro, quasi il doppio dell’anno precedente.

Inoltre, data la globalizzazione dei mercati finanziari e del commercio la tassonomia Ue influenzerà anche gli operatori extra-europei. Ad esempio, le aziende e gli investitori esterni dovranno conformarsi ai criteri stabiliti da Bruxelles se vogliono offrire i loro prodotti nell’Unione. Ma è anche probabile che alle imprese extra-Ue con degli investitori che operano in Europa venga richiesto da questi ultimi di fornire informazioni sull’allineamento dell’azienda con la tassonomia Ue.

Green bond: un nuovo global gold standard?

Bruxelles intende finanziare il Next generation Eu (il piano di ripresa post-pandemia) con i cosiddetti green bond, delle obbligazioni legate a progetti ecosostenibili. Questi titoli di debito verdi andranno a coprire il 30% del Next generation per un totale di 250 miliardi di euro, sottolineando l’impegno europeo per una ripresa che tuteli l’ambiente e il pianeta.

L’Ue si è rifatta alle linee guida dell’Associazione internazionale dei mercati finanziari (Icma) nel definire i criteri per l’emissione dei green bond. L’obiettivo, tuttavia, pare essere la creazione di un nuovo “standard aureo globale” (global gold standard) per la finanza sostenibile, attraendo gli investitori internazionali e mantenendosi in cima alla classifica degli emettitori di obbligazioni verdi. Alla loro prima uscita, lo scorso ottobre, i green bond europei hanno riscosso un buon successo, attirando un’offerta di 135 miliardi di euro a fronte di una domanda di 12 miliardi. A gennaio 2022, altri 2,5 miliardi sono stati recuperati tramite green bond sui mercati internazionali.

Ma, nota l’Economist, “se tutto questo sarà abbastanza per incanalare i fondi verso gli investimenti giusti è un’altra questione”. Secondo il settimanale britannico, il problema maggiore risiederebbe “nell’erronea aspettativa che la mera esistenza della tassonomia altererà le preferenze degli investitori”. Questo perché, a sentire le agenzie di rating, la sostenibilità ambientale di un progetto è solo uno tra diversi aspetti nella sua valutazione complessiva: “L’affidabilità creditizia, i tassi di interesse e le prospettive di guadagno potrebbero essere più importanti”.

A ogni modo, i dati sull'emissioni di green bond nei mercati globali mostrano un tasso di crescita notevole. Se nel 2020, stando a un report di Ing, le obbligazioni verdi avevano raggiunto i 200 miliardi di euro, nel 2021 il bottino è più che raddoppiato, superando i 400 miliardi. Secondo gli analisti di Ing, nel 2022 i green bond potrebbero arrivare a 680 miliardi euro. Se poi si considerano anche le componenti legati al sociale e agli Sdg, ossia gli obiettivi di sviluppo sostenibile dell'Onu), le obbligazioni orientate alla sostenibilità socio-ambientale potrebbero arrivare alla cifra record di 1.300 miliardi. 

La battaglia su gas e nucleare

Un bottino del genere fa gola e da qui si spiega perché nell'Ue sia in corso una vera e propria battaglia politica sull’inclusione nella tassonomia di gas naturale e nucleare. Da un lato le forze politiche ecologiste, dall'altro i veti incrociati tra i Paesi Ue pro-gas (come la Germania) e quelli pro-nucleare (come la Francia), stanno aumentando le tensioni intorno alla Commissione europea. Che però, avendo ricevuto dagli Stati membri e dal Parlamento Ue una sorta di carta bianca per gestire questa patata bollente, sembra intenzionata a "salvare" gas e nucleare, inserendoli tra le fonti che potrebbero ricevere i finanziamenti green. La proposta, nonostante le bocciature eccellenti, anche di esperti della stessa Commissione, dovrebbe venire presentata il 2 febbraio. E difficilmente le altre due istituzioni Ue, Parlamento e Consiglio degli Stati membri, potranno fermare il testo. Tanto più vista la grave crisi energetica che sta pesando su bollette di famiglie e imprese.

Semmai, la questione è se l'Europa rischia un autogol. "Gli sforzi dell'Unione europea per tracciare una chiara tassonomia dovrebbero anche portare maggiore fiducia al mercato e alleviare le preoccupazioni sul greenwashing obbligazionario", scrive Ing nel suo report. Ma l'inserimento di gas e nucleare potrebbe aumentare tali preoccupazioni, anziché ridurle. 

Per esempio, le associazioni di consumatori potrebbero fare campagne anti-greenwashing prendendo di mira quei progetti ritenuti "verdi" dalla tassonomia ma in realtà inquinanti secondo gli ambientalisti. E orientare gli investitori. Per esempio, la Beuc, l'organizzazione europea dei consumatori, ha già annunciato battaglia in tale senso. 

Rischio autogol?

Un sondaggio della Reuters tra i grandi investitori globali, che gestiscono fondi di investimento da centinaia di miliardi di dollari, ha messo in luce come l'inserimento di gas e nucleare nella tassonomia verde rischierebbe di frammentare il mercato che l'Ue mira ad “armonizzare”: se alcuni grandi investitori sostengono che il “bollino verde” per queste due fonti di energia potrebbe aiutare ad abbandonare fonti energetiche più “sporche” (come il carbone), altri ritengono che questa non sia la soluzione ma, piuttosto, una parte del problema.

Nathan Fabian, che presiede il gruppo di consulenti della Commissione sulla tassonomia, ha dichiarato: “La conseguenza è che il mercato non sarà capace di interpretare quali investimenti sono davvero in linea con gli obiettivi climatici e quali non lo sono”. E ha aggiunto: “Questo porterà a inesattezze nelle dichiarazioni di trasparenza finanziaria”.

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