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Sabato, 27 Aprile 2024
L'intervista

"C'è bisogno di più Europa, e di mettere in contatto il globale con il locale"

La presidente dell'Associazione Crea, Paola Berbeglia, fa un bilancio dell'esperienza degli Europatalk

Le due crisi che hanno colpito il mondo negli ultimi anni, la pandemia di coronavirus e la guerra in Ucraina hanno “reso evidente un bisogno di più Europa”. Ma per far sì che l'Unione europea arrivi dove c'è più bisogno di lei, bisogna mettere in contatto, anche dal punto di vista comunicativo “il globale con il locale”, fare in modo che le istanze che vengono discusse nelle alte sfere della politica, siano discusse anche nelle comunità, e che queste le comprendano e le analizzino, così come si è provato a fare con la Conferenza sul futuro dell'Europa (Cofoe). Ne è convinta Paola Berbeglia, presidente del Crea, tra le realtà che hanno dato vita agli EuropaTalk, una serie di incontri, seminari e webinar, in collaborazione con il network Citynews ed Europa Today nello specifico, sui temi di maggiore attualità europea.

Qual è stato il senso degli EuropaTalk?
“Sono stati un modo per comunicare su vasta scala qualcosa di solito poco comunicabile, temi che avevano una particolare cogenza come gestione dei flussi di migranti, giustizia sociale, Clima, Stato di diritto e democrazia. E lo abbiamo fatto organizzando convegni virtuali, sfruttando social media e anche media tradizionali, e lo abbiamo fatto su vasta scala. È stato molto utile”

Al progetto hanno partecipato diverse scuole, qual è stato il senso di questa scelta
“Sia nei webinar che nei dibattiti abbiamo portato le tematiche e stimolato riflessioni nelle comunità, e in particooare con le più giovani generazioni. Sia insegnanti che studenti hanno sentito di poter dare un contributo al dibattito, e non solo in maniera episodica, ma anche sistematica. Non dimentichiamo che questo lavoro si è inserito nel quadro della Cofoe e questo ha ampliato al dimensione del dibattito e creato entusiasmo”

Così le comunità locali si sono sentite coinvolte nel dibattito europeo?
“Sì, ed è necessario che i dibattiti globali siano portati a livello locale. Viviamo in un mondo sempre più interconnesso, e sappiamo ora che un battito d'ali a Wuhan può avere ripercussioni su tutto il pianeta. Dai temi come la ricerca, ai bisogni finanziari e sociali, ai diritti, non possono essere affrontati con ottica nazionalistica, ma a livello continentale, mondiale, però le decisioni non devono essere calate dall'alto, ma discusse dal basso, nelle comunità, è quello che abbiamo provato a fare”

Le nuove tecnologie hanno aiutato?
"Sono state fondamentali, abbiamo utilizzato tutti i mezzi che oggi permettono la comunicazione a distanza. E così abbiamo portato ad esempio le scuole nel palazzo del Parlamento europeo ad esempio, facendo discutere in diretta studenti di tutte le età e insegnanti con gli eurodeputati. Ma abbiamo messo anche in contatti esperti e politici da diverse parti del Paese. E dopo la pandemia è stato più facile, perché certi strumenti sono ormai diventati di dominio comune, non abbiamo dovuto ripensare un sistema, ma basarci su uno ormai ampiamente conosciuto. Oggi il cittadino è anche digitale, e in un certo senso lo sono anche alcuni suoi diritti. Anche le nuove tecnologie possono contribuire a superare le disuguaglianze”.

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