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Venerdì, 26 Aprile 2024
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L'Ue minimizza i rischi di una nuova crisi del debito. Mes: “I media esagerano”

Il direttore del Meccanismo europeo di stabilità cerca di tranquillizzare i mercati: “Tassi di interesse ai minimi dalla Seconda guerra mondiale”

La Commissione europea prima e il Mes poi hanno cercato di minimizzare i rischi di una nuova crisi del debito nell’Ue. Dopo che le scelte della Bce della scorsa settimana hanno fatto risalire il differenziale (meglio noto come spread) tra il rendimento del Btp italiano e quello del Bund tedesco, a Bruxelles si prova a tenere fermo il timone verso gli obiettivi di ripresa. “La Commissione non commenta mai i movimenti di mercato”, ha tagliato corto una portavoce dell’esecutivo europeo, per poi incoraggiare le autorità italiane a “fare riferimento alle riforme e agli investimenti indicati nel Pnrr” come strada maestra verso la stabilità.

Più schietto il direttore esecutivo del Mes, Klaus Regling, secondo il quale “tutte le discussioni che vediamo ora sui media in merito a una nuova crisi del debito sono assolutamente esagerate”. “Da un po’ di tempo a questa parte - ha confessato l’ex falco dell’austerity ai tempi del salvataggio della Grecia - non vedo i debiti dei nostri Paesi come un problema”. Questo perché, ha ricordato Regling, nel valutare lo stato di salute di un’economia “non bisogna guardare solo ai livelli del debito o al rapporto debito/Pil, ma ciò che è davvero importante e che pesa sui bilanci sono i tassi di interesse che i Paesi devono affrontare sui loro debiti pubblici”. “E guardando ai numeri attuali - ha aggiunto - la situazione è molto chiara: tutti i nostri Stati membri hanno i più bassi livelli di interesse sui loro debiti pubblici da almeno la Seconda guerra mondiale”. Di qui la tranquillità per la situazione attuale sbandierata da Regling.

“Per tutti i nostri Paesi membri - ha aggiunto il numero uno del Mes - il pagamento di interessi in rapporto al loro Pil è pari a un terzo o meno di quanto era dieci anni fa”. Un altro elemento da tenere in considerazione, ha spiegato, “è che la gran parte dei Paesi ha usato gli ultimi anni di bassi tassi di interesse per allungare considerevolmente la scadenza del loro debito pubblico, che ora in media è a otto anni”. Di conseguenza, “tutti gli aumenti di tassi di interesse che potrebbero verificarsi adesso avranno bisogno di qualche anno prima di manifestarsi appieno”. E per questo non è il caso di avere paura di ciò che accadrà nell’immediato, anche se “ciò non vuol dire che i Paesi non si debbano preoccupare di quello che potrebbe succedere nel lungo periodo”.

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