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Domenica, 28 Aprile 2024
Green deal

La nuova tassa europea su diesel e gas che nessuno vuole (neppure Bruxelles)

Proposta nel 2021, la riforma della tassazione dell'energia è in stallo. Al Parlamento Ue, deputati di Meloni e Pd uniti nel chiedere una nuova valutazione d'impatto

Ci sono voluti 10 anni ai Paesi dell'Unione europea per giungere a una riforma delle regole sull'immigrazione, che sembra finalmente sul punto di essere varata. Ma c'è una legge che potrebbe battere questo record: la revisione della direttiva Ue sulla tassazione dell'energia. Già nel 2015 si provò (senza successo) a rivedere il testo, che risale al 2003, più di un decennio prima degli accordi di Parigi contro il cambiamento climatico. A rispolverare la riforma è stata due anni fa la Commissione europea di Ursula von der Leyen, che ha presentato una proposta a Eurocamera e Stati membri. Mentre la Corte dei conti, lo scorso anno, ha invitato formalmente il blocco a rivedere la direttiva per allinearla, per l'appunto, agli impegni sul clima. Ma stando a quanto emerge a Bruxelles, i negoziati sulle nuove norme sono in fase di stallo. I governi non vogliono toccare quella che considerano una patata bollente, e anche la stessa Commissione non pare intenzionata a forzare la mano. Come mai? 

Nuove tasse prima delle elezioni

La ragione principale non è difficile da capire: riformare la direttiva vuol dire, tra le altre cose, innalzare le tasse sulle fonti fossili d'energia, come il diesel per le auto o il gas per i riscaldamenti. Una mossa che rischia di provocare una levata di scudi non solo dalle forze euroscettiche, ma anche dagli europeisti moderati del Ppe, senza contare governi come quello tedesco, il quale, pur avendo ministri ecologisti nei posti chiave, aveva bloccato a lungo il regolamento Ue che ha messo al bando le auto con motore a combustione. Del resto, in Germania come altrove, la questione dei rialzi dei prezzi alla pompa e di quelli delle bollette energetiche è tema ai vertici dell'agenda politica. E visto che fra poco meno di un anno, nel giugno 2024, si voterà per il rinnovo del Parlamento europeo, nessuno vuole rischiare di venire scottato con misure che alimenterebbero un largo scontento nell'opinione pubblica.

Cosa prevede la legge in vigore

Eppure, la riforma della direttiva sulla tassazione dell'energia ha un ruolo non da poco nel quadro del Fit for 55, il pacchetto con cui Bruxelles vuole accelerare la transizione verso un'economia più sostenibile. La legge in vigore fissa un livello minimo di imposizione fiscale da attuare in tutta l'Ue per i prodotti energetici (carbone, benzina, gas, etc) e per l'elettricità. Le norme sono state pensate per evitare grosse differenze nelle tassazione energetica in giro per il continente, e per garantire al contempo un margine di flessibilità ai singoli Stati membri. Uno studio del 2020 ha mostrato che la direttiva non è più al passo coi tempi: il carbone è tassato meno del gas naturale e alcuni combustibili fossili sono addirittura tassati significativamente meno dell'elettricità. Facendo una media tra le aliquote dei 27 Paesi Ue, il carbone è tassato a 2,9 euro per megawattora (MWh) mentre l'imposta per il gas naturale è di 7 euro/MWh. La tassa media sull'elettricità è di 32,1 euro/MWh.

Una spinta all'elettrificazione

Queste differenze rischiano di mandare all'aria la transizione verso fonti più sostenibili nei trasporti, come nell'edilizia. "Se la bolletta del gas è molto più bassa di quella dell'elettricità, alla lunga manterrai la caldaia a gas invece di passare alla pompa di calore", ha detto a Politico Savannah Altvater, della lobby dell'elettricità Eurelectric. In altri terimini, la direttiva attuale "disincentiva l'elettrificazione" e, dunque, la decarbonizzazione. Anche la Corte dei conti europea ha sollevato le stesse preoccupazioni. La risposta di Bruxelles è stata affidata a una proposta che introduce alcuni cambiamenti da attuare gradualmente tra il 2023 e il 2033: innalza l'aliquota minima sui carburanti fossili per l'autotrazione e sui combustibili (sempre fossili) per il riscaldamento, riduce la tassa minima per l'elettricità delle famiglie, elimina le agevolazioni per il diesel e abbassa il livello di esenzioni per determinati settori (come l'Iva sui carburanti usati in agricoltura).

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Secondo una stima della Corte dei conti, se la legge venisse attuata già oggi così come proposta dalla Commissione, l'aliquota minima del gas naturale per il riscaldamento aumenterebbe del 200%, quella del gasolio del 18%, mentre la benzina non subirebbe variazioni (almeno nell'immediato, nel giro di un decennio salirebbe del 23%). La tassa minima sull'elettricità, invece, si ridurrebbe del 46%. Sono passati due anni da quando Bruxelles ha presentato la sua bozza di testo, ma sembra trascorsa un'epoca: la crisi dei prezzi dell'energia scoppiata nel 2022 ha reso molto più complicato far accettare alle famiglie aumenti di imposte che graverebbero alla pompa o sulle bollette. È vero che ci sarebbero risparmi passando a auto elettriche e pompe di calore, ma i costi di entrambe queste tecnologie sono a oggi probitivi per buona parte della popolazione. 

Ecco perché nessuno, neanche Bruxelles, sembra intenzionato a tirare la riforma fuori dal cassetto in cui è stata abbandonata. Segnificativa in tal senso la lettera che alcuni eurodeputati hanno inviato alla Commissione chiedendo una nuova valutazione d'impatto della riforma proprio alla luce dell'inflazione galoppante che ha investito l'Ue. La lettera è stata promossa dall'eurodeputato belga Johan Van Overtveldt, esponente dell'Ecr, il partito di destra europeo guidato da Giorgia Meloni. Ma a firmarla è stata anche Irene Tinagli, europarlamentare del Pd che presiede la prestigiosa commissione Econ. Da destra a sinistra sembrano tutti d'accordo: la tassazione sull'energia, per ora, resti uguale a vent'anni fa. 

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