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Domenica, 28 Aprile 2024
Lo scenario / Libia

L'Europa rischia una nuova crisi energetica, stavolta per colpa della Libia

Il generale Haftar, che controlla l'est del Paese, ha minacciato di bloccare la produzione di petrolio perché vuole una parte maggiore dei profitti. L'Ue importa dalla nazione oltre il 7% del suo greggio

L'Unione europea potrebbe trovarsi a dover affrontare una nuova crisi energetica, dopo quella scatenata dall'invasione dell'Ucraina da parte della Russia di Vladimir Putin. Questa volta il problema nasce in Libia, dove uno dei due governi che si dividono il controllo del Paese è intenzionato a fermare le estrazioni di petrolio. Il generale Khalifa Haftar, uomo forte dell'est, ha minacciato di intervenire militarmente se i proventi del greggio non saranno divisi equamente entro i prossimi due mesi. Con il Paese da tempo diviso tra i due esecutivi e con scarse prospettive di elezioni presidenziali volte a riunificare la nazione almeno fino al prossimo anno, i politici dell'est hanno minacciato di mettere le entrate petrolifere sono sotto controllo giudiziario, impedendo che arrivino alla Banca Centrale dalla National Oil Corporation (Noc), l'azienda petrolifera statale.

Il cosiddetto Governo di stabilità nazionale (Gsn) dell'est accusa l'azienda di dare la maggior parte dei profitti al Governo di unità nazionale, quello con sede a Tripoli e riconosciuto dalla comunità internazionale e dalle Nazioni Unite, anche se il petrolio viene prodotto in giacimenti situati in gran parte nella parte orientale del Paese. Dotata delle più abbondanti riserve petrolifere dell'Africa, la Libia è sprofondata nel caos dopo la guerra e la conseguente deposizione del colonnello Muammar Gheddafi nel 2011. Secondo alcune voci, il presidente della Noc, Farhat Omar Bengdara, nominato un anno fa dopo la cacciata del suo predecessore, sarebbe stato pronto a lasciare a causa delle pressioni politiche, ma ora sembra intenzionato a rimanere e a cercare di mediare tra Haftar e il governo di Tripoli guidato dal ricco uomo d'affari Abdul Hamid Dbeibeh, attuale primo ministro.

Il ministro del Petrolio e del gas del Governo di unità nazionale della Libia, Mohamed Aoun, ha espresso la sua preoccupazione per i ripetuti inviti a bloccare la produzione di petrolio nel Paese, affermando che "la popolazione sarà la prima ad essere colpita se ciò accadrà, sia attraverso la perdita di clienti importatori di petrolio, sia a causa del blocco della produzione delle centrali elettriche, il che significa che la situazione sarà negativa". L’ultimo blocco in ordine di tempo è stato rimosso proprio circa un anno fa grazie alla nomina di Bengdara.

In un discorso tenuto lunedì sera agli ufficiali dell'esercito riuniti nel suo quartier generale a Rajma, nei pressi di Bengasi, il generale Haftar ha chiesto l'istituzione di un nuovo "comitato finanziario superiore" per concordare la distribuzione delle risorse petrolifere libiche, e ha avvertito che se l'organismo non verrà istituito entro la fine di agosto, "le forze armate saranno pronte a ricevere gli ordini quando sarà il momento". La Libia produce 1,2 milioni di barili al giorno, ma ha in programma di aumentare la produzione a 2 milioni di barili entro il 2027. Gran parte del petrolio è destinato ai clienti europei che cercano un sostituto per il greggio russo perso. Al momento la nazione fornisce circa il 7% delle importazioni dell'Unione europea, e se questi flussi dovessero fermarsi si rischia una nuova crisi energetica e un conseguente aumento dei prezzi.

Il 24 giugno, Osama Hamad, capo del governo parallelo dell'est, ha minacciato di bloccare le esportazioni di idrocarburi, chiedendo il sequestro dei proventi petroliferi gestiti dai suoi rivali dell'ovest. In un messaggio di fine giugno su Twitter, l'ambasciatore statunitense Richard Norland aveva "esortato gli attori politici libici ad abbandonare le minacce di blocco del petrolio, altamente dannose per l'economia libica e per i libici". Il messaggio di Washington è stato accolto male dal campo orientale, che lo ha visto come un'interferenza negli affari interni della Libia, ed è stato descritto come un "insulto" dal maresciallo Haftar.

"Gli ambasciatori di alcuni Paesi, in particolare quello chiamato Norland, non hanno contribuito alla soluzione della crisi libica e hanno, al contrario, approfondito le differenze tra i libici", ha detto nel suo discorso trasmesso anche dal canale Libya al-Hadath. "Smettetela di ficcare il naso negli affari dei libici", che alla fine troveranno un accordo senza le vostre "interferenze", ha tuonato tra gli applausi dei suoi ufficiali.

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