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Venerdì, 26 Aprile 2024
Lo scenario / Russia

L'Europa torna a bruciare carbone: può sostituire un terzo del gas russo

In tutto si potrebbero ridurre le importazioni da Mosca di 50 miliardi di metri cubi l'anno, e molti Stati membri stanno allungando la vita delle loro vecchie centrali

L'invasione dell'Ucraina a fatto saltare tutti i piani dei Paesi membri per la transizione energetica, e così il carbone, che sembrava destinato a finire sempre più nel dimenticatoio delle fonti utilizzate per produrre elettricità, potrebbe ritrovare un'inaspettata centralità. Per colpire l'economia della Russia di Vladimir Putin si è deciso di fare il più possibile a meno del suo gas, ma non avendo puntato finora abbastanza sulle rinnovabili, creando le necessarie infrastrutture, e non essendoci al momento tempo per farlo vista la situazione d'emergenza, nel breve periodo l'estrazione del carbone è considerata da molti la soluzione più rapida e praticabile. E questa strada sembra obbligatoria soprattutto per quelle nazioni più fortemente dipendenti dal gas di Mosca.

“C'è un ruolo temporaneo per il carbone, che speravamo sarebbe uscito dal mix energetico entro la fine di questo decennio, ma che invece rimarrà più a lungo. Ne avremo bisogno finché non troveremo fonti alternative. Fino a quel momento, anche il governo più verde non eliminerà gradualmente il carbone", ha detto Václav Bartuška, il commissario per la sicurezza energetica del governo di Praga, al sito di notizie Seznam Zprávy. Come riporta Euractiv la Repubblica Ceca ha basato la sua strategia di decarbonizzazione sul gas naturale come fonte di transizione, ma con una dipendenza da quello russo al 90%, questi piani sono saltati e diverse società hanno già deciso di tornare al carbone. Discorso simile in Bulgaria, dove sono stati messi in pausa dei piani ambiziosi per la costruzione di una grande centrale a gas, un progetto incluso nel piano nazionale di risanamento. Sofia è pronta ora a mantenere attiva la sua industria del carbone fino alla costruzione di almeno due nuovi reattori nucleari. Il ruolo del carbone è stato discusso anche dal governo di Bucarest. Secondo il ministro dell'Energia rumeno Virgil Popescu, nessuna miniera riaprirebbe nella nazione, ma la capacità di estrazione del carbone aumenterebbe e un piano esistente riprenderà il suo funzionamento.

Un problema nel problema è che il carbone è un'altra materia prima che pure importiamo in grandi quantità dalla Russia, e quindi la sua produzione, o importazione da Paesi terzi, deve aumentare in maniera esponenziale, se non vogliamo comunque sostituire il gas russo con il carbone russo. Secondo gli ultimi dati disponibili, quelli del 2020, l'Unione europea brucia circa 145 milioni di tonnellate di carbone all'anno. Di questi, ben 44,2 milioni di tonnellate provengono dalla Russia, quasi un terzo. In Italia, per esempio, nel 2020 il 55,8% del carbone utilizzato dalle nostre centrali proveniva dalla Russia, seguito dal 20,6% degli Usa. Per questo ad esempio in Germania si pensa di prolungare l'utilizzo delle centrali nucleari oltre i termini stabiliti, ma al momento è fuori programma la riapertura delle miniere di carbone nazionali.

Chi invece ha già annunciato un prolungamento dell'utilizzo del carbone è il nostro Paese che, secondo una strategia del 2017, avrebbe dovuto dirgli addio entro il 2025. Ma ora il premier Mario Draghi ha fatto un'inversione di marcia e ha affermato che "la riapertura delle centrali a carbone potrebbe essere necessaria per colmare qualsiasi carenza nell'immediato futuro". Nello Stivale sono sette le centrali a carbone, tutte operative, tranne una, quella Enel a La Spezia, in Liguria, che è stata spenta lo scorso dicembre, dopo 59 anni di attività. Altre due si trovano in Sardegna, a Fiumesanto e a Portoscuso, poi una in Friuli-Venezia-Giulia, a Monfalcone, in provincia di Gorizia, una a Fusina (Venezia), a Brindisi e Torrevaldaliga vicino Roma.

In vista di questa nuova situazione internazionale anche l'Agenzia internazionale per l'energia ha sostenuto che un passaggio dal gas al carbone è un'opzione, almeno nel breve periodo. "Stimiamo che un passaggio temporaneo dal gas al carbone potrebbe ridurre la domanda di gas per l'energia di circa 28 miliardi di metri cubi prima che ci sia un aumento generale delle emissioni legate all'energia dell'Ue", ha scritto l'agenzia nel suo piano per ridurre la dipendenza sul gas russo. Secondo l'agenzia, ulteriori 120 TWh di generazione a carbone potrebbero ridurre la domanda di gas di 22 miliardi di metri cubi in un anno.

In tutto insomma si potrebbero ridurre le importazioni di gas russo di 50 miliardi di metri cubi l'anno, che sono circa un terzo dei 155 miliardi che il blocco importa, secondo le cifre comunicate da Bruxelles. Tuttavia, la Commissione europea non ha incluso un passaggio dal gas al carbone nel piano RePowerEU, proponendo una riduzione della dipendenza dell'Ue dal gas russo di due terzi entro la fine del 2022. Ma lo stesso Frans Timmermans, il vicepresidente responsabile del Green Deal europeo, ha detto che nella situazione attuale “non ci sono taboo”.

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