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Sabato, 27 Aprile 2024
Transizione / Cina

L'Italia chiede aiuto alla Cina per l'auto elettrica

L'ad di Byd, leader mondiale nella produzione dei veicoli a batteria, ha rivelato i contatti con il nostro governo, preoccupato dal disimpegno di Stellantis. Ma l'intesa passa da Bruxelles (e Budapest)

L'Italia potrebbe affidarsi alla Cina per non restare indietro nella corsa alle auto elettriche. Dopo che Stellantis, il gruppo in cui è confluita l'ex Fiat, ha fatto capire che potrebbe progressivamente ridurre la produzione di veicoli nel nostro Paese, la necessità del governo di Giorgia Meloni di trovare strade alterative è diventata più pressante. Ed ecco cosi che all'orizzonte sta spuntando la Byd, il colosso cinese (ma con quote detenute dall'alta finanza Usa, ossia Blackrock e Warren Buffet) che sta scalando le classifiche di vendita su scala globale, e che nel 2023 ha superato Tesla come più grande produttore di veicoli elettrici al mondo.

Byd sarebbe stata contattata da Roma, ha rivelato Michael Shu, amministratore delegato della filiale europea. "Abbiamo alcuni contatti per discuterne", ha detto in un'intervista all'agenzia stampa Bloomberg durante il Salone internazionale dell'Automobile di Ginevra. Pochi giorni fa, il ministro dell'Industria Adolfo Urso aveva confermato il piano del governo di attrarre un secondo produttore per far fronte ai rischi di un disimpegno di Stellantis: "È un progetto su cui stiamo lavorando da mesi con colloqui significativi con partner stranieri", aveva detto. 

L'asse con Byd potrebbe essere favorito dai rapporti della premier Giorgia Meloni con il leader ungherese Viktor Orban. Il colosso cinese ha infatti raggiunto un accordo con Budapest per aprire la sua prima fabbrica di auto elettriche in Europa. L'Ungheria sta cercando di consolidarsi come una sorta di "Silicon Valley" della mobilità green nell'Ue: aziende cinesi produttrici di auto e batterie elettriche come Catl, Eve Energy, Ningbo Zhenyu Technology, Nio e Huayou Cobalt hanno annunciato investimenti nel Paese magiaro. Catl da sola ha promesso uno stanziamento di 7,3 miliardi di euro per costruire un maxi impianto per la produzione di batterie a Debrecen, e entro il 2030 l'Ungheria potrebbe ospitare 30 fabbriche di questo tipo. Oltre a quella per la costruzione di auto elettriche di Byd. 

Non si conosce ancora l'entità del progetto di Byd, ma il ministro degli Esteri ungherese Péter Szijjártó ha assicurato che "sarà uno dei più grandi investimenti nella storia economica ungherese". L'Italia punta a fare lo stesso. "È troppo presto per dire quando e se verrà presa una decisione" su una seconda fabbrica europea, ha messo le mani avanti l'ad Shu. Aggiungendo però che la scelta "dipende dalle nostre vendite: ora stiamo facendo ottimi progressi". 

Il messaggio sembra rivolto a Bruxelles: Byd ha già lanciato tre modelli in Europa e non dovrebbe avere difficoltà nel conquistare un mercato in cui i grandi produttori di casa sono in grande ritardo, soprattutto per quanto riguarda i segmenti per i clienti con portafogli più ristretti. Ma perché questo accada, occorre evitare di scontrarsi contro il muro della Commissione europea. Bruxelles ha infatti aperto un'indagine dell'antitrust Ue accusando la Byd di vendere veicoli a un prezzo decisamente più basso rispetto ai concorrenti grazie ai massicci sussidi statali di Pechino. Se l'accusa sarà confermata, la Commissione potrebbe innalzare le tariffe sulle importazioni di auto dalla Cina. 

Secondo quanto scrive l'Ansa, per aggirare tale tassazione, Byd potrebbe accelerare sulla produzione di veicoli direttamente in Europa. Il che potrebbe portare a costruire più di una fabbrica nel continente, non solo quella in Ungheria. Per ora si è nel campo delle ipotesi. Si vedrà nei prossimi mesi cosa accadrà. Di sicuro, c'è che il governo Meloni, dopo essersi ritirato dalla nuova Via della Seta, il maxi piano di investimenti esteri della Cina, sembra adesso alla ricerca dei soldi e della tecnologia di Pechino. 

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