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Sabato, 27 Aprile 2024
Analisi del voto

Pesticidi e imballaggi: così l'Italia ferma il Green deal

Il Parlamento europeo discute due regolamenti cruciali in tema di ambiente e salute, ma le lobby agricole e del packaging vogliono indebolirli col contributo degli eurodeputati italiani

La resa dei conti è arrivata. Dopo mesi di discussioni questa settimana al Parlamento europeo si arriva al voto su due elementi cruciali del Green Deal europeo: il regolamento sugli imballaggi e il regolamento sull'uso sostenibile dei pesticidi (noto come Sur). Orfano del suo principale promotore, quel Frans Timmermans che si è dimesso da responsabile del dossier e da vicepresidente dell'esecutivo europeo per candidarsi alla guida dei Paesi Bassi, il Patto per l'ambiente europeo nell'ultimo anno ha subito una serie di battute d'arresto. La Commissione europea vorrebbe comunque portare a casa alcuni risultati "minimi", per non essere costretta a sventolare bandiera bianca alla fine del suo mandato. Tra i principali oppositori di entrambe le normative c'è il governo italiano, che ha condotto una strenua battaglia per evitare la loro approvazione, annacquarle o comunque indebolire gli obblighi previsti da Bruxelles. In entrambi i casi l'ostracismo dello Stivale è sostenuto dai colossi dell'agroalimentare. Le discussioni sono in corso martedì 21 novembre, mentre il voto è fissato in calendario per mercoledì 22.

Cosa prevede la legge sugli imballaggi

Le nuove regole proposte dalla Commissione europea lo scorso novembre puntano a rendere gli imballaggi più facili da riciclare, ma soprattutto mirano a ridurre gli stessi e i rifiuti inutili che ne derivano. L'uso massiccio di contenitori è spesso giustificato da esigenze di igiene, protezione del prodotto, salute e lotta agli sprechi. Influiscono profondamente anche ragioni di marketing nonché la pressione della forte industria del "packaging", sia della plastica che della carta. Bruxelles vorrebbe porre fine a questa sovrapproduzione, dato che nel 2021 ogni europeo ha prodotto in media 188,7 kg di rifiuti derivanti dagli imballaggi, quasi 32 chili in più rispetto a un decennio fa. La proposta riguarda tutto il ciclo degli imballaggi, a partire dal design e dai materiali, ma prova anche ad incentivare ove possibile il deposito cauzionale, il riutilizzo e la ricarica dei contenitori, sia per il cibo ad esempio che per detersivi e prodotti per l'igiene personale.

Tutti gli strumenti sono proposti nell'ottica di incentivare l'economia circolare e ridurre la mole di rifiuti che viene generata e che fin troppo spesso viene "scaricata" su Paesi Terzi, dove l'immondizia europea, pur essendo ufficialmente destinata a centri di riciclo finisce spesso negli inceneritori o in discarica. Prevenire e ridurre gli imballaggi sono le parole d'ordine del regolamento. Nel mirino ci sono i sacchetti per la spesa ultraleggeri, le bottiglie di plastica e le lattine che andrebbero recuperate tramite il deposito cauzionale, come pure i contenitori monouso non indispensabili, ma moltiplicatisi a dismisura negli ultimi anni anche a causa del diffondersi del take-away e dei fast-food. L'obiettivo è di incentivare il più possibile il riuso, tramite un sistema che omologhi i contenitori e consenta ai consumatori di restituirli all'interno di una rete di commercianti, che dovrebbero occuparsi di lavarli e renderli disponibili per il riutilizzo.

Cosa vuole l'Italia

Il governo italiano si oppone a spada tratta al regolamento e ha tentato di affossarlo a più riprese. Pur presentando il Belpaese come paladino del riciclo (e in parte lo siamo, ma non così tanto per la plastica), Roma ha creato un fronte comune col settore agroalimentare (Confagricoltura, Coldiretti e Cia- Agricoltori italiani) e con la lobby degli imballaggi Europen, data la forte presenza di industrie del packaging sul nostro territorio. Obiettivo: far slittare o comunque indebolire il più possibile l'impianto delle nuove regole, in particolare in materia di riutilizzo, eliminazione di contenitori monouso per frutta e verdura nei supermercati e deposito cauzionale, un sistema invece già in vigore in numerosi Paesi Ue. Motivazione addotta: il regolamento andrebbe a sacrificare le "eccellenze dell'agroalimentare italiano", si sprecherebbe più cibo e si perderebbero posti di lavoro in questa filiera. Europen, che rappresenta i produttori di materie prime, i trasformatori e i brand (tipo Coca Cola o McDonald's), sostiene che le aziende spingono in realtà per avere una normativa armonizzata ma soprattutto in tema di etichette, per facilitare la circolazione dei prodotti nel mercato unico. L'opposizione è nei confronti del riutilizzo (reputato infattibile) e contro regole rigide e dettagliate su tipologia, forma e materiale del packaging, che non dovrebbero essere fissate dai legislatori europei ma solo dal confronto tra aziende e clienti.

Cosa prevede la legge sui pesticidi

Bruxelles nella sua proposta ha chiesto di garantire un uso sostenibile dei pesticidi e di ridurre l'utilizzo di questi prodotti chimici di almeno il 50% entro il 2030 e del 65% per quelli considerati più pericolosi. "Si tratta di sostanze attive che sono già in una lista nera nell'Ue e che avrebbero dovuto essere sostituite anni fa a causa delle loro conseguenze dannose", ha spiegato a Today.it Sarah Wiener, eurodeputata dei Verdi e relatrice del regolamento. "Sono ad esempio cancerogeni, persistenti o dannosi per gli organismi acquatici. Questi cosiddetti candidati alla sostituzione non sono ancora vietati perché alcuni di essi non possono essere sostituiti finora. È importante fare finalmente dei progressi in questo campo", ha aggiunto l'europarlamentare austriaca. La relazione del Parlamento europeo chiede anche un divieto totale di fitofarmaci in tutte le aree ritenute più sensibili. I numerosi effetti negativi dei pesticidi sulla biodiversità, sugli organismi non bersaglio come gli impollinatori e sulla salute umana sono ben documentati. Se approvato, il regolamento stabilirà anche obblighi legali per chi utilizza i pesticidi in termini di formazione, consulenza e necessità di integrare le alternative non chimiche, introducendo misure preventive.

Cosa chiede l'Italia

Il governo guidato da Giorgia Meloni ha lavorato sin dall'inizio per indebolire il regolamento Sur, ottenendo i primi risultati in alcuni contesti del Parlamento europeo. "Il dimezzamento dell'uso dei pesticidi nel 2035, invece che nel 2030, deciso dalla Commissione Agri, rappresenta un ulteriore passo per difendere le eccellenze agroalimentari italiane", ha rivendicato all'inizio di ottobre il ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida, sottolineando come il risultato sia stato ottenuto "grazie al lavoro svolto dagli europarlamentari italiani di diversi schieramenti". Secondo un'inchiesta del sito DeSmog e le ricostruzioni di Corporate Europe, che monitora l'operato delle lobby a Bruxelles, protagonista delle battaglie per difendere l'uso dei pesticidi è stato l'eurodeputato italiano del Trentino Anto-Adige Herbert Dorfmann, veterano del Partito popolare europeo. In base ai documenti diffusi nel maggio 2020, il coordinatore della commissione agricoltura del Parlamento europeo per i conservatori del Ppe ha esercitato pressioni sulla presidente dell'esecutivo Ue Ursula von der Leyen e su una serie di altri commissari contro "l'imposizione di nuove regole e restrizioni ai nostri agricoltori". Dorfmann aveva anche affermato che era "essenziale" che le strategie Farm to Fork e Biodiversità venissero "rinviate" a causa della pandemia. Questa posizione riflette le richieste della Copa-Cogeca, l'organizzazione agricola europea cui aderiscono sia Confagricoltura che Coldiretti, che premono per ammorbidire gli obblighi del regolamento sui pesticidi.

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