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Venerdì, 26 Aprile 2024
L'accusa

Borrell attacca Israele: "Usa la fame come arma di guerra a Gaza"

Nella Striscia è in corso una carestia. Il capo della diplomazia europea chiede al governo di Netanyahu di aprire i varchi per far passare gli aiuti umanitari destinati ai palestinesi

"A Gaza la fame è usata come arma di guerra. Sì, la fame è usata come arma di guerra, diciamolo". Questa l'accusa sferrata contro Israele da Josep Borrell, Alto rappresentante dell'Unione europea per la Politica estera e di sicurezza. 
"E non è una questione di mancanza di fornitura sufficiente. Ci sono sette mesi di derrate alimentari bloccate nel lato egiziano", ha aggiunto il diplomatico spagnolo durante il suo intervento al Forum umanitario europeo, in corso a Bruxelles il 18 e il 19 marzo. "Israele deve aprire i cancelli e fare entrare gli aiuti", ha chiesto il capo della diplomazia europea. Non si tratta del primo attacco di Borrell nei confronti del governo di Benjamin Netanyahu e della gestione della guerra contro Hamas. Finora la richiesta dell'Ue e di altri governi, che premono per un immediato cessate il fuoco, è rimasta inascoltata mentre il numero di palestinesi morti avrebbe superato le 30mila persone. "Una macchia indelebile" per Israele, hanno scritto oltre 800 esponenti di istituzioni accademiche, esperti legali e medici, che hanno sottoscritto un appello destinato a Tel Aviv affinché adotti misure urgenti per fermare la "catastrofe umanitaria che si sta verificando".

Carestia nella Striscia di Gaza

Da mesi la popolazione della Striscia di Gaza sta soffrendo per la risposta di Tel Aviv al violento attacco del 7 ottobre sferrato dai miliziani di Hamas. Oltre ai bombardamenti e agli attacchi da terra da parte dell'esercito, Israele da mesi sta bloccando l'elettricità, le medicine, l'accesso a internet e quindi alle comunicazioni con l'esterno, ma soprattutto i fondamentali aiuti alimentari. Privati di acqua potabile e beni di prima necessità i civili sono allo stremo. Già nei giorni scorsi il cancelliere tedesco, il socialista Olaf Scholz, ha sottolineato la gravità della situazione: "A Gaza siamo in uno stato di carestia che colpisce migliaia di persone". Rivolgendosi al primo ministro Netanyahu, ha sottolineato che "non possiamo stare a guardare i palestinesi morire di fame", precisando che non si tratta del frutto di una calamità naturale, ma di una situazione che "è interamente opera dell'uomo", che deriva "da chi impedisce che il sostegno umanitario entri a Gaza", ha precisato il cancelliere.


Valichi bloccati da Israele

Sul tema, sempre Borrell aveva fatto notare come fossero evidenti le prove delle responsabilità da parte di Tel Aviv. "Centinaia di camion stanno aspettando di entrare ed è assolutamente imperativo far lavorare efficacemente il valico e aprirne un altro. E non è solo una questione di volontà politica, Israele deve farlo", aveva sottolineato il responsabile Ue per gli esteri. Aveva poi precisato "Non è una questione di logistica o perché l'Onu non ha fornito abbastanza supporto: il supporto è lì, che aspetta. I camion sono bloccati e le persone muoiono, mentre i valichi sono artificialmente chiusi". Il 12 marzo era arrivata la denuncia di come i palestinesi siano costretti a sfamarsi con mangime per uccelli e asini. A dare la notizia era stato Suhail Habib, un collaboratore di Medici senza frontiere bloccato con la famiglia nel nord della Striscia. Il suo racconto era stato diffuso dall'organizzazione umanitaria per denunciare la situazione in cui versa la Palestina.

Il piano per attaccare anche Rafah

All'inizio di marzo, secondo quanto riferito dal Washington Post, gli Stati Uniti per la prima volta hanno lanciato degli aiuti umanitari sulla Striscia di Gaza con aerei militari. L'efficacia dell'operazione di Washington era stata però messa in dubbio da Josep Borrell. L'impatto di questa strategia, aveva riferito, sarebbe "minimo" e "non è esente da rischi per i civili". Il capo diplomatico dell'Ue aveva assicurato che questo metodo dovrebbe essere una soluzione di "ultima istanza", ribadendo che il cessate il fuoco era "la formula migliore" per garantire la fornitura su larga scala di aiuti umanitari a Gaza e assicurare la protezione dei civili palestinesi. Un cessate il fuoco che però non è mai arrivato e che non sembra essere preso in considerazione dal governo israeliano, che pianifica anzi di portare avanti un'offensiva militare a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza al confine con l'Egitto.

Per Tel Aviv la città rappresenta l'ultimo bastione da espugnare per eliminare Hamas, ma lì hanno trovato rifugio un milione e mezzo di palestinesi in fuga dai raid condotti in questi mesi dai militari israeliani. L'Unione europea si è opposta a questa operazione: "Siamo molto preoccupati per i rischi che un'offensiva su vasta scala a Rafah comporterebbe per la popolazione civile vulnerabile. Ciò deve essere evitato a tutti i costi", ha dichiarato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. A fine febbraio la politica tedesca era stata accusa da Borrell di avere una posizione "totalmente filo-israeliana" sul conflitto a Gaza che "ha comportato un costo geopolitico elevato per l'Europa".

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