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Sabato, 27 Aprile 2024
La scheda

Da Macron a Renzi: la galassia liberale che dice no (per ora) a un bis di von der Leyen

Alle elezioni europee si presentano con tre capolista, tra cui l'italiano (ma candidato in Francia) Sandro Gozi. Per anni ago della bilancia della maggioranza Ursula, il gruppo Renew è oggi sempre più diviso. Ma non sul sostegno all'Ucraina

Competitività, sostegno alle imprese e soprattutto difesa: potrebbe sembrare il manifesto elettorale dei Popolari di centro-destra, invece è quello dei liberali di Renew Europe. Il che la dice lunga sul campo politico dove questi ultimi tenderanno a muoversi nei prossimi cinque anni, in un Europarlamento che sarà con ogni probabilità il più spostato a destra di sempre. E in cui il peso specifico del gruppo centrista pare destinato a diminuire sensibilmente. Ma non mancano le frizioni con la candidata del Ppe, l'attuale presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, alle quali si aggiungono i battibecchi tutti interni a Renew, che oggi appare più frammentato che mai. 

Il programma elettorale

Il manifesto di Renew è stato adottato formalmente lo scorso 20 marzo a Bruxelles, quando è stata lanciata la piattaforma Renew Europe now che rappresenta la base comune per la campagna elettorale delle forze liberali europee. Il programma in dieci punti si apre con la dicitura "difesa, difesa, difesa", in linea con il sempreverde motto "si vis pacem, para bellum" recentemente ripreso dal presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, pure lui un membro della famiglia liberale. 

Al secondo punto troviamo l'immancabile mantra della competitività, Stella Polare del gruppo più business-friendly dell'Eurocamera, e leggiamo anche che, dopo quella "geopolitica" di von der Leyen, la prossima dovrà essere una "Commissione degli investimenti". Tra le restanti priorità elencate figurano la difesa dello Stato di diritto e delle libertà civili, nonché la tutela degli interessi degli agricoltori, da realizzarsi tramite una "pausa" della stagione di regolamentazione che è stato il quinquennio 2019-24, anche se non viene attaccata frontalmente la legislazione green passata dal Parlamento uscente (come hanno invece fatto i Popolari, che hanno sconfessato le riforme portate avanti dallo stesso esecutivo comunitario di cui detengono la guida). 

Il manifesto di Renew auspica inoltre una "gestione appropriata ed umana" del fenomeno migratorio, da incentrarsi sulla chiarezza giuridica circa lo status di rifugiato e sulla creazione di canali di migrazione economica per garantire alle economie dei Ventisette la forza lavoro di cui hanno bisogno. Infine, viene ribadita la necessità di modificare i trattati per riformare l'Ue (tra l'altro abolendo i veti nazionali al Consiglio) in vista delle prossime fasi di allargamento del blocco.

renew europe now - flickr

La galassia liberale

Ma sotto la superficie di un manifesto apparentemente solido si nascondono forti increspature che stanno agitando sempre di più le acque del bacino liberale, rischiando di avvantaggiare le destre nelle urne. Renew Europe, la formazione che raggruppa sotto un'unica bandiera le varie anime del liberalismo continentale, è infatti tra le meno coese nell'emiciclo di Strasburgo e la sua composizione è in continua evoluzione. 

Fino al 2019, la costellazione liberale europea orbitava intorno all'Alleanza dei liberali e democratici per l'Europa, in acronimo Alde: un nome che designava contemporaneamente sia il gruppo dei centristi in Aula sia il soggetto politico più forte all'interno dell'area liberale, sotto la cui ala trovano posto tra gli altri il premier dimissionario olandese Mark Rutte, la leader estone Kaja Kallas e il primo ministro belga Alexander De Croo. Ma questo non esauriva tutte le entità del campo liberale che, infatti, non si è mai costituito formalmente in partito europeo (come fatto dai Popolari con il Ppe e dai Socialisti con il Pse), rimanendo piuttosto una galassia eterogenea senza una rigida struttura verticale in cui l'Alde ha comunque sempre mantenuto una posizione di dominanza (anche nella legislatura attuale, circa due terzi degli europarlamentari liberali sono stati eletti da delegazioni nazionali che aderiscono al "proto-partito" Alde). 

Dopo le scorse europee, tuttavia, il gruppo parlamentare dell'Alde a Strasburgo è stato egemonizzato dalla delegazione del presidente francese Emmanuel Macron, che aveva sbancato in patria con la sua lista Renaissance. Gli eurodeputati transalpini hanno così imposto il cambio di nome del gruppo da Alde a Renew, ma non si sono iscritti all'Alde (partito), con il quale Renaissance è presto entrato in competizione. Tra le differenze maggiori fra i due soggetti ci sono l'approccio alla tutela delle imprese e quello alle politiche ambientali: mentre i centristi di lungo corso dell'Alde hanno seguito una linea pro-business che è talvolta oscillata verso destra, i "liberal-progressisti" di Renaissance hanno votato più spesso in accordo con Socialisti e Verdi, in difesa del Green deal ma anche di regole fiscali meno rigide (in contrasto, tra gli altri, con gli olandesi del "frugale" Rutte e i rigoristi tedeschi dell'Fdp). E gli eletti di Renaissance sono insofferenti anche verso i colleghi di Ano 2011, il partito di Andrej Babis, il presidente populista della Repubblica Ceca che, secondo i macroniani, sta portando il suo Paese verso una china pericolosa che ricorda quella dell'Ungheria di Viktor Orbán o della Polonia di Jaroslaw Kaczinsky. 

La chimera del partito unico

I tentativi di unificare le varie anime liberali e costruire un unico partito pan-europeo sono finora sempre falliti. E non è chiaro quante chances di successo possa avere l'ultimo "assalto" condotto da monsieur le Président, che se ne è venuto fuori negli scorsi giorni con un ulteriore soggetto politico, i Nuovi europei, con il quale intende (ri)proporsi come federatore del campo liberale – un'impresa che non è vista di buon occhio, tra gli altri, dai membri tedeschi, olandesi e danesi dell'Alde.

La ricezione dell'ennesima fuga in avanti di Macron (che è in difficoltà in Francia, dove sta arrancando dietro l'estrema destra di Marine Le Pen mentre i suoi stessi elettori lo starebbero abbandonando per votare a sinistra) è stata piuttosto fredda a Bruxelles, dove si teme che le lotte intestine tra le fazioni dei liberali finiscano per avvantaggiare la destra radicale. Stando ai sondaggi, i conservatori di Ecr e i sovranisti di Id (che ospitano rispettivamente Fratelli d'Italia e Lega) potrebbero giocarsi il terzo e quarto posto in termini di eurodeputati, facendo retrocedere Renew in quinta posizione dopo diverse legislature in cui i liberali sono stati l'ago della bilancia per approvare le leggi a Strasburgo. 

Spitzenkandidaten? No, grazie

All'evento del 20 marzo, che è stato molto meno partecipato rispetto ai congressi di Socialisti e Popolari di Roma e Bucarest, sono inoltre stati investiti i candidati di punta per il voto di giugno. Il trio di profili, ribattezzato "team Europe", comprende una personalità per ciascuno dei maggiorenti liberali: l'Alde ha scelto la tedesca Marie-Agnes Strack-Zimmermann, il Partito democratico europeo (Pde) sarà rappresentato da Sandro Gozi (renziano della prima ora eletto nel 2020 come eurodeputato in Francia) mentre il volto di Renaissance sarà Valérie Hayer, fedelissima di Macron e attualmente capogruppo di Renew a Strasburgo. 

I tre candidati del Team Europe: Marie-Agnes Strack-Zimmermann (destra), Valérie Hayer e Sandro Gozi, all'evento di lancio della piattaforma Renew Europe now a Bruxelles, 20 marzo 2024 – foto CC BY-NC-ND © ALDE Party-2

L'investitura di tre personalità deriva dall'opposizione al meccanismo degli Spitzenkandidaten, i candidati di punta dei partiti europei per la presidenza della Commissione. Così, i membri del team Europe non puntano a occupare i vertici delle istituzioni comunitarie (che non sono eleggibili dai cittadini) ma a rendere più visibile la competizione elettorale per l'Eurocamera: "Chi si presenta per gli incarichi apicali (come presidente della Commissione, del Parlamento o del Consiglio europeo, ndr) non è nemmeno un vero candidato", ha dichiarato Gozi, sottolineando che Ursula von der Leyen e Nicolas Schmit (kandidaten di Ppe e Pse) sono dei "candidati fasulli" poiché non saranno presenti sulle schede elettorali nei Ventisette.

Dal canto suo, il presidente francese è da sempre critico del sistema dei candidati di punta, tirato fuori dal cilindro nel 2014 dall'allora presidente del Parlamento europeo Martin Schulz. Solo qualche giorno fa l'inquilino dell'Eliseo ha ribadito che si tratta di un meccanismo che "iper-politicizza" una carica che, in base alla lettera dei trattati, dovrebbe essere super partes e non rappresentare un governo politico ma, piuttosto, l'interesse generale dei popoli e degli Stati europei. E infatti era stato proprio Macron, nel 2019, tra i maggiori sponsor dell'allora semi-sconosciuta von der Leyen, preferendo la sua nomina da parte dei leader Ue al kandidat dei Popolari (che erano arrivati primi alle elezioni), l'attuale presidente del Ppe Manfred Weber: una mossa che preservava le prerogative del Consiglio europeo (l'istituzione preposta a nominare il capo della Commissione) sganciandolo da un meccanismo che lo avrebbe reso subalterno (questo almeno il timore condiviso dai suoi membri) all'Europarlamento. 

Tutti contro von der Leyen

E parlando di von der Leyen, l'unica cifra che sembra comune all'intero campo liberale è proprio l'ostilità ad un suo secondo mandato. Almeno a parole. Mentre cinque anni fa il supporto di Renew fu fondamentale per convalidare la nomina dell'attuale guida del Berlaymont, la campagna elettorale per il voto del 2024 sta vedendo moltiplicarsi le critiche da parte delle formazioni liberali, che temono di perdere centralità nella prossima legislatura e cercano di fare la voce grossa minacciando il ritiro del proprio sostegno ad un bis dell'ex-ministra tedesca della Difesa.

Soprattutto, viene additato il flirt del Ppe con le forze alla propria destra nell'Eurocamera, prima tra tutte la delegazione meloniana dell'Ecr. E nella lista delle mancanze da imputare all'esecutivo guidato da von der Leyen si palesano, ancora una volta, le divisioni interne ai liberali, con diversi membri dell'Alde che criticano il fallimento della Commissione sul dossier del mercato interno, un portafoglio che è stato in mano a Thierry Breton, alleato di ferro di Macron. Da un lato, quindi, i liberali sembrano allinearsi con le altre forze dell'Aula che vogliono impedire un ritorno di von der Leyen a Bruxelles (quasi tutti, in realtà, tranne i Popolari e forse qualche pezzo dei conservatori dell'Ecr); ma dall'altro, è difficile immaginare che si possa creare una maggioranza europeista a Strasburgo senza l'appoggio dei membri di Renew. 

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