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Domenica, 28 Aprile 2024
La storia / Belgio

A 9 anni immobilizzato dalla polizia con un ginocchio sulla schiena

Una scuola belga ha chiamato le forze dell'ordine per gestire il minore, arrabbiato con un compagno che lo aveva insultato con frasi razziste. La madre ha filmato la scena

Immobilizzato e trattenuto dalla polizia con un ginocchio sulla schiena come se fosse un pericoloso delinquente. È successo ad un bambino di 9 anni di nome Mathis mentre si trovava a scuola in Belgio. La madre, accorsa troppo tardi, è riuscita a filmare la scena e ha parlato di un vero e proprio "pestaggio", determinato anche da motivi razzisti. L'incidente è avvenuto agli inizi di settembre e ha scatenato un'ondata di indignazione nel Paese, dove i comportamenti violenti e sproporzionati della polizia negli ultimi anni hanno suscitato una crescente preoccupazione nella cittadinanza, in particolare quella di origine straniera troppo spesso vittima di discriminazioni ed azioni mirate da parte delle forze dell'ordine.

Placcato come George Floyd

Si trovava in una scuola elementare specializzata a Nalinnes, nella zona della Hainaut, quando a 9 anni è stato immobilizzato dalla polizia nel primo pomeriggio del 5 settembre. Le forze dell'ordine di Geminalt sono state chiamate dalla direzione della scuola per "calmare" il minore, che si stava comportando in modo "difficile". La scena, filmata dalla madre del bambino, mostra un agente di polizia intento a controllare il bambino a terra, utilizzando un ginocchio posizionato dietro la schiena. Questa tecnica, vietata in molti Paesi, ricorda quella adoperata negli Stati Uniti quando è stato ucciso l'afroamericano George Floyd. "La direzione inizialmente lo ha controllato, prima di ricorrere ai nostri servizi. Non entriamo nelle scuole in questo modo. Il bambino era difficile e la madre non rispondeva alle chiamate della scuola", ha ricordato all'agenzia Belga Alain Bal, capo della zona di polizia di Germinalt.

La direzione incapace di gestire la situazione

Secondo l'autorità che gestisce l'istituto la chiamata è avvenuta dopo una discussione tra due bambini di 9 anni nel cortile della scuola, durante la quale si sarebbero scambiati commenti razzisti. A quel punto Mathis sarebbe entrato in una "crisi acuta" che il personale presente sul posto non è riuscito a controllare. Nel timore che potesse ferire se stesso o altri bambini o scappare, la direzione ha deciso di chiamare la polizia. Interrogata dalla televisione Rtbf, la direttrice ad interim della scuola specializzata, Maïté Milauvre, ha ricostruito così l'accaduto: "Durante la pausa di mezzogiorno, tra le 13:15 e alle 13:45 c'è stato un litigio tra due bambini. I supervisori, miei colleghi erano in tre, sono intervenuti e hanno separato i due bambini",  ha raccontato. Incalzata sulla ragione per cui sia stata chiamata la polizia, la direttrice ha spiegato: "Abbiamo quindi deciso di chiamare la polizia dopo aver tentato più volte di contattare la madre del bambino, senza successo. Motivo per cui l’unica soluzione era contattare la Polizia". La testimonianza della madre La madre di Mathis, Rita Nkatbayang, è arrivata a scuola quando il bambino era stato appena immobilizzato dai poliziotti. "Mathis è a terra, sul pavimento, il poliziotto era sopra di lui. Tremavo. Ho chiesto alla polizia se potevo fare una foto, se potevo filmare. Mi hanno detto: 'fai quello che vuoi, fai foto o video' ", ha affermato la madre alla Rtbf. "Non riuscivo a rendermi conto di quello che vedevo, non potevo crederci. Quando ho chiesto alla direttrice cosa fosse successo, lei mi ha detto che mio figlio veniva chiamato 'sporco nero' e 'cioccolato gratinato', la qual cosa lo aveva fatto arrabbiare", ha raccontato la signora Nkatbayang, specificando che si trattava della terza volta in una settimana che il figlio riceveva quel tipo di insulti.

Contesto delicato

Le scuole specializzate in Belgio sono destinate a formare bambini dai 6 ai 12 anni con disabilità psichiche e fisiche, che soffrono di autismo o che hanno dei "bisogni specifici" come difficoltà nell'apprendimento o problemi di comportamento. Si tratta sempre di situazioni delicate, dove il corpo insegnante dovrebbe essere appositamente preparato per gestire determinate situazioni. In questo caso specifico si è preferito invece richiedere l'intervento della polizia. In Belgio quest'ultima non esclude procedimenti giudiziari contro i bambini. A fronte della denuncia della madre, le forze dell'ordine intervenute sul posto si sono difese asserendo di avere semplicemente "fatto il proprio lavoro" e "del proprio meglio per preservare l'incolumità sia della direzione che ha fatto la chiamata sia del bambino". Secondo le forze dell'ordine, la madre non avrebbe risposto alle chiamate da parte della direzione e l'ha accusata di non essere "intervenuta subito". Il comandante si è detto deciso a difendere i propri colleghi intervenuti nell'istituto scolastico di Nalinnes.

La reazione della ministra

Numerosi deputati hanno presentato un'interrogazione nei confronti della ministra dell'Istruzione della Federazione Wallonie-Bruxelles, Caroline Désir, già alla prese con la spinosa vicenda delle scuole bruciate dal movimento che si oppone alle animazioni sulla sfera affettiva e sessuale note come Evras. La ministra ha dichiarato di voler regolamentare meglio le azioni della polizia nelle scuole dopo il controverso intervento degli agenti nell'istituto scolastico di Nalinnes. definendo "scioccanti" le immagini video riprese dalla madre del ragazzo durante l'intervento. "Capisco l'ondata di indignazione che ne è seguita", ha dichiarato la politica del partito socialista, secondo la quale nessuna giustificazione era plausibile per un gesto come quello del ginocchio sulla schiena del bambino. "Queste sono cose che non voglio vedere in una scuola. Mai. Né oggi né domani", ha insistito Désir, ricordando che esiste una procedura sviluppata nel 2016 che definisce le circostanze in cui la direzione di una scuola può "eccezionalmente" chiamare la polizia in caso di difficoltà con gli studenti. La ministra ha deciso di scrivere alla ministra degli Interni, Annelies Verlinden, su cui ricade la competenza di vigilare sulla polizia, per "individuare soluzioni affinché questo tipo di situazione non possa mai più ripetersi".

Denuncia di razzismo

Numerose personalità del mondo accademico, educativo e artistico, hanno firmato un appello per denunciare la gravità dell'accaduto, intriso di razzismo e discriminazione. Hanno notato come nessuna delle linee guida indicate nel quadro restrittivo in materia sia stato rispettato, come ad esempio la necessità di ricorrere solo in ultima istanza alla chiamata della polizia, il favorire qualsiasi altro mezzo di pacificazione, né risultava la presenza di un rischio reale ed imminente. Soprattutto non sarebbe stato rispettato "l’interesse superiore del minore", che dovrebbe costituire una priorità. In particolare, i firmatari inseriscono l'accaduto in una dimensione più ampia, caratterizzata da una società belga che si sta rivelando più razzista di quanto immaginasse."In contrasto con un approccio educativo attento agli attacchi razzisti e negrofobici tra bambini, la scelta è stata quella di sfidare Mathis – con l’altro bambino che continuava a giocare – e di decidere, di fronte alle sue reazioni a questa situazione ingiusta, di chiamare la polizia perché la situazione era diventata 'insostenibile', ha scritto il gruppo di firmatari, il cui appello è stato pubblicato sul settimanale Le Vif.

"Tutto ciò che riguarda la situazione vissuta da Mathis e sua madre – dalla chiamata della direzione scolastica alla polizia stessa, passando per il cortile e l'esclusione dalla famiglia per placare Mathis – riconduce a un contesto istituzionale di marcata negrofobia: Mathis viene trattato come colpevole e non come vittima del razzismo", si legge ancora nella lettera. Il gruppo ha chiesto quindi denunce e forti sanzioni sia nei confronti dell'istituto scolastico che della polizia. Al momento però il procuratore federale di Charleroi, che si occupa del caso, non ha comunicato alcuna intenzione di procedere nei confronti dei poliziotti, al contrario intende denunciare per "indisciplina" il bambino minacciando di sottrarlo alla sua famiglia per affidarlo ai servizi sociali di sostegno ai giovani "per evntualmente farsi carico del bambino e del suo comportamento".

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