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Domenica, 28 Aprile 2024
Imprese responsabili

L'Europa vuole vigilare sull'invasione di prodotti esteri, Italia e Germania dicono no

La legge sulla "due diligence" proposta da Bruxelles impedirebbe alle imprese europee di rifornirsi da produttori extra-Ue che non rispettano i diritti umani o la sostenibilità. Il governo Meloni l'ha bloccata per un possibile accordo politico con Berlino

L'Italia alza ancora una volta un muro contro la direttiva sulla due diligence delle imprese, che punta ad impedire alle aziende dell'Unione europea di rifornirsi da produttori extra-Ue che non rispettano i diritti umani o danneggiano l'ambiente. Il voto (un'astensione) da parte del governo italiano guidato delle destre è arrivato per la seconda volta nel corso del Comitato dei rappresentanti permanenti (Coreper), che il 28 febbraio ha bloccato il progetto di direttiva precedentemente negoziato.

Secondo quanto si apprende da fonti diplomatiche, durante il voto si sono astenute: Italia, Germania, Bulgaria, Slovacchia, Ungheria, Lussemburgo, Estonia, Finlandia, Lituania, Cechia e Malta. Si è espressa come contraria la Svezia, mentre la Finlandia ha chiesto un emendamento per sostenere il testo e l'Austria nell'indecisione ha optato anche lei per l'astensione. "Quello che vedo in Consiglio è irresponsabilità. Deve dirci da che parte sta. Gli Stati membri che non hanno approvato il testo hanno oltraggiato chi da due anni lavora a questa legge", ha dichiarato in conferenza stampa a Strasburgo l'eurodeputata Lara Wolters (S&D), relatrice del testo. Le organizzazioni non governative puntano il dito contro le imprese, che avrebbero fatto pressione sui governi di Francia, Italia e Germania per bloccare la norma.

Le pressioni su Meloni

Da tempo si vocifera tra i corridoi si Bruxelles che l'Italia non abbia una "posizione chiara" sul tema, ma che il voto di Roma sia influenzato da un possibile "accordo politico" con Berlino. "Non è un segreto che in Francia sia contraria la Medef (la confederazione delle imprese transalpine, ndr), lo stesso vale per la Bdi (che rappresenta l'industria tedesca, ndr) in Germania. Ho la sensazione che queste aziende siano scese in prima linea per contrastare questa legge", ha commentato Wolters alla stampa.

Sollecitata da Today.it in merito alla posizione del governo italiano, la relatrice olandese ha chiarito: "La situazione in Italia non è così chiara, ma si sa che dietro le quinte sono state fatte delle pressioni su Giorgia Meloni per affossare questa legge". A proposito del ruolo ambiguo della Germania, dove governa una coalizione di socialisti, verdi e liberali, Wolters ha affermato: "Sono delusa dall'atteggiamento dell'Fdp, i liberali tedeschi. Mi crea problemi in particolare l'opportunismo di Lindner. Spero che i socialisti tedeschi la prossima volta mandino qualcuno che davvero ha intenzione di concludere un negoziato su questo tema". Il riferimento è a Christian Lindner, ministro federale delle finanze in Germania e membro del Partito Liberale Democratico (Fdp).

Cos'è il "dovere di diligenza"

La due diligence, o "dovere di diligenza" in italiano, è un obbligo richiesto alle aziende affinché mettano in campo un sistema di controlli e monitoraggio trasparente che impedisca di rifornirsi presso soggetti in Paesi terzi che violano i diritti umani, compresi quelli dei lavoratori, o che hanno un impatto negativo sull'ambiente con le loro attività. La direttiva è stata proposta dalla Commissione europea nel 2022. Tra i settori interessati ci sono la produzione e commercio all'ingrosso di prodotti tessili, abbigliamento e calzature, ma anche l'agricoltura, compresa la pesca, la produzione di alimenti e il commercio di materie prime agricole.

Tra gli esempi di "cattiva diligenza", possiamo pensare agli abiti prodotti nella regione dello Xinjiang in Cina, che secondo numerosi attivisti sarebbero il frutto di lavoro forzato, ma distribuiti in Italia da grandi marchi del fashion. In ambito alimentare, c'è l'esempio del pesce catturato con tecniche devastanti per la biodiversità marina, precluse invece ai pescatori europei per salvaguardare la biodiversità. Sempre nell'ambito del cibo, i risicoltori italiani denunciano da tempo la vendita in Europa di riso asiatico venduto a un prezzo particolarmente basso grazie all'uso del triciclazolo, un potente pesticida vietato invece nell'Ue.

L'opposizione delle multinazionali

Secondo gli oppositori, in particolare le industrie tedesche, questa legge imporrebbe degli oneri burocratici insostenibili per le imprese europee, in particolare alle Pmi. In realtà la direttiva si rivolge alle grandi aziende e in particolare alle multinazionali, impattando le aziende e le società madri "con oltre 500 dipendenti e un fatturato mondiale superiore a 150 milioni di euro", come spiegato in una nota dal Parlamento europeo. "Gli obblighi si applicheranno anche alle imprese con più di 250 dipendenti e con un fatturato superiore a 40 milioni di euro se almeno 20 milioni" sono realizzati nei settori dell'agricoltura, del tessile o dell'edilizia, si legge ancora nella nota dell'Eurocamera.

Chi supporta la direttiva

Oltre ai sindacati e alle organizzazione non governative, in tanti casi sono le stesse aziende europee a richiedere l'approvazione della direttiva, per evitare una concorrenza sleale da parte delle imprese che decidono invece di non rispettare degli standard minimi in materia di sostenibilità e diritti umani. In Italia ad esempio a sostenere la direttiva c'è lo Un Global Compact Network, che riunisce 550 attori business e non-business (fondazioni private, associazioni d’impresa, università).

Tra grandi aziende che hanno chiesto pubblicamente al governo di approvare la direttiva figura anche la Ferrero. "Gli obblighi previsti dalla direttiva garantiscono un elevato livello di allineamento alle norme riconosciute a livello internazionale in materia di dovuta diligenza. La proposta di armonizzazione fornirà norme comuni, invece di una frammentazione normativa che porterebbe solo incertezza e complessità, anche per le imprese italiane", è scritto in un comunicato diffuso dall'azienda italiana in vista del voto.

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