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Venerdì, 26 Aprile 2024
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Botta e risposta di sanzioni tra l'Ue e Pechino: ecco il motivo delle nuove tensioni con la Cina

A trent'anni da piazza Tienanmen, Bruxelles torna a sanzionare membri del Governo cinese. Questa volta a far irritare l'Europa è stata la privazione della libertà e gli attacchi contro la minoranza musulmana degli uiguri, i cui leader vengono 'rieducati' in veri e propri campi di concentramento

Trentadue anni dopo le prime sanzioni alla Cina per la violenta repressione delle proteste in piazza Tienanmen, l’Unione europea oggi è tornata a copire nuovamente Pechino. A finire nel mirino di Bruxelles sono stati quattro funzionari cinesi e l’ufficio di pubblica sicurezza della regione dello Xinjiang, tutti ritenuti responsabili delle violazioni dei diritti umani a danno della minoranza musulmana uigura. Sul trattamento fortemente discriminatorio, spesso violento per chi si ribella, subito da oltre undici milioni di musulmani in Cina si sono scritti migliaia di appelli delle associazioni in difesa dei diritti umani. Con questo passo a tutela della minoranza etnica e religiosa, Bruxelles ha però suscitato l’ira di Pechino, che ha subito reagito con altre sanzioni da parte sua a danno di dieci politici europei e quattro organismi ufficiali dell’Ue. Un botta e risposta che riporta indietro di decenni le relazioni tra il Vecchio Continente e la superpotenza asiatica. 

La reazione di Pechino

Diverse voci indipendenti hanno messo in luce da tempo che nella regione autonoma dello Xingjian ci siano dei veri e propri campi di concentramento dove si stanno verificando gravi abusi, come la detenzione arbitraria di massa, la tortura e l'indottrinamento politico forzato. Accusata pubblicamente da Bruxelles di perpetrare crimini senza alcuna giustificazione, le autorità cinesi hanno negato anche oggi tutte le accuse. Pechino ha anzi imposto sanzioni di rappresaglia per rispondere alla decisione Ue “basata su nient'altro che bugie e disinformazione” si legge in una nota del ministero degli Esteri cinese, secondo il quale l’Ue “distorce i fatti, interferisce esageratamente nelle questioni interne della Cina, viola sfacciatamente il diritto internazionale e le norme di base delle relazioni internazionali e mina gravemente le relazioni tra Cine e l’Ue”. 

Chi è finito nel mirino dei cinesi

Di qui l’invito a Bruxelles a “smettere di dare lezioni ad altri sui diritti umani e di interferire nelle questioni interne” del gigante asiatico. Da Pechino è arrivato quindi un vero e proprio avvertimento a invertire la rotta “altrimenti la Cina metterà in atto ulteriori reazioni con risolutezza”. Tra i dieci individui sanzionati oggi da Pechino ci sono gli europarlamentari Reinhard Butikofer, Michael Gahler, Raphael Glucksmann, Ilhan Kyuchyuk e Miriam Lexmann. A finire nella blacklist cinese sono stati anche il parlamentare dei Paesi Bassi Sjoerd Wiemer Sjoerdsma, il parlamentare belga Samuel Cogolati, la parlamentare lituana Dovile Sakaliene, e gli studiosi Adrian Zenz e Bjorn Jerden. I quattro organismi Ue presi di mira da Pechino sono invece il comitato per la Politica e la Sicurezza del Consiglio dell'Ue, la sottocommissione parlamentare per i Diritti umani, il Mercator Institute for China Studies tedesco, e l'Alliance of Democracies Foundation danese. Gli individui nell'elenco e i loro familiari non potranno entrare in Cina, Hong Kong e Macao e subiranno restrizioni che gli impediranno di condurre affari economici in tutta la Cina. 

La risposta del Parlamento europeo

“Le sanzioni della Cina contro i deputati europei, la sottocommissione per i Diritti umani e gli organismi dell'Ue sono inaccettabili e avranno delle conseguenze”, è stata la reazione a caldo del presidente del Parlamento europeo, David Sassoli. “Le sanzioni - prosegue Sassoli - hanno colpito eurodeputati e organi del Parlamento europeo per aver espresso opinioni nell'esercizio del loro dovere democratico”. “I diritti umani - è stata  la conclusione del presidente dell’Eurocamera - sono inalienabili”.

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